Ci ha provato con la forza della disperazione un ragazzo fino all’ultimo a salvarla, ma a respingerlo allontanandolo dalle fiamme che già stavano divorando il suo corpo è stata proprio lei, Irina Slavina, la giornalista russa che ha deciso di darsi fuoco per rivendicare la libertà che Vladimir Putin le aveva negato. Queste immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della stazione di polizia di Nižnij Novgorod lasciano ammutoliti, ma rendono evidente che il gesto è stato voluto e a lungo pensato. Irina dirigeva un sito web, Koza Press, dove era restata solo lei dopo che avevano arrestato tutti i suoi giornalisti. L’ultima settimana aveva subito tre perquisizioni sia a casa che in ufficio, per alcuni suoi articoli scritti sui servizi segreti russi. E ha deciso di fare quello che riuscì a Jan Palach nel 1969 davanti ai carri armati sovietici a Praga. Prima di darsi fuoco su quella panchina fra le statue celebrative, Irina ha postato su Facebook una frase che non lascia dubbi: “Della mia morte è responsabile la federazione russa”, l’ultimo atto di accusa al sistema di potere di Vladimir Putin. Irina lascia un marito e un figlio

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