L’Italia ha chiesto la restituzione di reperti archeologici rubati da scavatori clandestini e venduti a ignare università in Australia e in parte esposti nel Classics Museum nell’Australian National University di Canberra, uno dei quali contrabbandato tra pacchi di pasta. Gli artefatti risalgono fino al 530 avanti Cristo e uno di questi, una testa di marmo, fu rubata dal Vaticano. L’Australian National University è la prima a collaborare in seguito alle indagini su scala mondiale dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e restituirà i tre reperti, che aveva acquistato in buona fede nel 1984 in un’asta Sotheby’s a Londra. Fra questi un’anfora di 2.500 anni fa che ha tenuto per quasi 40 anni il posto d’onore nel Classics Museum. I carabinieri hanno potuto abbinare l’anfora con una foto polaroid scoperta in una precedente indagine, dimostrando la provenienza da uno scavo illegale. Le ricerche hanno rivelato un secondo reperto rubato, un piatto di pesce in terra rossa pugliese, acquistata nel 1984 da un antiquario in Usa. Il terzo reperto una testa romana in marmo già di proprietà del Vaticano e in mostra nel Palazzo Laterano, ma ignoto come sia stata rubata. Il governo italiano ha permesso all’università di terne in prestito l’anfora e il piatto per altri quattro anni. “Negli ultimi anni questa Ambasciata d`Italia, attraverso l`ufficio dell’Esperto per la Sicurezza del Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Canberra, di concerto con il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e il Ministero della Cultura, ha approfondito i rapporti con i musei di diverse università australiane, nell`ottica del reperimento e la possibile restituzione di artefatti che erano stati scavati clandestinamente da aree archeologiche italiane ovvero sottratti a siti e musei per poi essere commercializzati illegalmente all’estero”, informa un comunicato dell’ambasciata italiana in Canberra. “Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale ha messo a disposizione la propria expertise per accertare l`eventuale appartenenza al patrimonio indisponibile italiano di ornamenti, manufatti e reperti catalogati nelle collezioni museali, avvalendosi di uno strumento informatico di ausilio alle indagini di polizia giudiziaria, ovvero la banca dati culturale Leonardo, la più grande a livello mondiale nello specifico settore, con 8 milioni di opere d’arte censite, di cui quasi 1,5 milioni rubate”, prosegue il comunicato.

Dopo la notizia che l’Italia ha chiesto la restituzione di reperti archeologici rubati e venduti a ignare università in Australia e in parte esposti nel Classics Museum nell’Australian National University di Canberra, l’ambasciata d’Italia ha emesso il seguente comunicato: Negli ultimi anni questa Ambasciata d`Italia, attraverso l`ufficio dell’Esperto per la Sicurezza del Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Canberra, di concerto con il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e il Ministero della Cultura, ha approfondito i rapporti con i musei di diverse università australiane, nell`ottica del reperimento e la possibile restituzione di artefatti che erano stati scavati clandestinamente da aree archeologiche italiane ovvero sottratti a siti e musei per poi essere commercializzati illegalmente all’estero. Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale ha messo a disposizione la propria expertise per accertare l`eventuale appartenenza al patrimonio indisponibile italiano di ornamenti, manufatti e reperti catalogati nelle collezioni museali, avvalendosi di uno strumento informatico di ausilio alle indagini di polizia giudiziaria, ovvero la banca dati culturale “Leonardo”, la più grande a livello mondiale nello specifico settore, con 8 milioni di opere d’arte censite, di cui quasi 1,5 milioni rubate. I Carabinieri hanno inoltre creato l`applicazione SWOADS (Stolen Works of Art Detection System), motore di ricerca che utilizza l’intelligenza artificiale (AI) e sistemi di confronto semantico e di immagini, in grado di effettuare monitoraggi su internet, social media e deep web. Si tratta di una eccellenza nel panorama internazionale, che viene messa a disposizione di tutti i Paesi che vogliano avvalersene per il contrasto al traffico illecito di beni culturali. Fino ad ora sono stati individuati quattordici reperti in Australia. Anche grazie alla collaborazione delle autorità australiane, in diversi casi sono state gia` avviate le procedure per la restituzione volontaria. Si tratta di un processo, quest’ultimo, presentato dalla Australian National University come buona pratica internazionale all’UMAC (University Museum Art Conference), organizzato dalla Sydney University lo scorso 28 agosto – 1 settembre, evento al quale hanno partecipato tutti i poli museali delle Universita’ australiane nonché’ ospiti internazionali.

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