Parla di “progetto stupefacente” il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a Napoli per stilare un primo bilancio di “Play for the Future”, l’iniziativa che mira al reinserimento dei giovani detenuti attraverso percorsi di educazione sportiva e di orientamento professionale. E in effetti i primi riscontri del progetto che vede coinvolti Fondazione Ac Milan, Fondazione Cdp e Ministero della Giustizia, a nove mesi dal suo avvio, sono confortanti evidenziando una maggiore autostima e apertura al dialogo dei ragazzi coinvolti. Quattro città del Sud coinvolte: Bari, Catania, Napoli e Palermo, in un percorso che accompagnerà i ragazzi sino a giugno 2024. Il ministro, accompagnato da un ambasciatore d’eccezione, come il vicepresidente onorario del Milan Franco Baresi, ha potuto visitare le palestre del centro Kondokan di piazza Carlo III e ascoltare le testimonianze dei giovani impegnati nel progetto. Sport e lavoro – ha sottolineato – sono i due tasselli fondamentali per il reinserimento nel contesto sociale di chi ha sbagliato. “Lo sport – ha detto il ministro – non è solo disciplina e autodisciplina, è rispetto dell’avversario. E’ emozionante vedere che alla fine di una gara gli atleti si stringono la mano, ancora di più sarà emozionante vedere chi ha sbagliato nella vita e ha pagato il conto poi rientrare nella società migliorato. Tutti gli sport, anche quelli apparentemente violenti, sono disciplinati da regole che poi ti insegnano le regole della vita. Perfino la boxe: se addirittura in un’attività così cruenta le regole vengono rispettate, vanno rispettate ovunque nella vita”. Con Nordio, c’erano anche l’assessore alle Politiche giovanili del Comune di Napoli Chiara Marciani, il capo Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, Antonio Sangermano, il segretario generale di Fondazione Milan, Rocco Giorgianni e Leonilde Vitolo, segretario del Consiglio di amministrazione di Fondazione Cdp, presieduta da Giovanni Gorno Tempini. I primi dati sui 57 partecipanti coinvolti – tutti maschi e in gran parte minorenni (70%) – dicono che ora svolgono regolarmente attività sportiva, conducono colloqui di lavoro e seguono un percorso di orientamento lavorativo, mentre in precedenza solo l’8,3% praticava uno sport e il 5,6% si era affacciato al mondo del lavoro. L’analisi ha rilevato un generale miglioramento delle condizioni psicologiche dei ragazzi, con una maggiore apertura al dialogo, un aumento dell’autostima e della fiducia in se stessi e una crescita delle competenze sociali e relazionali. Emersi inoltre una maggiore capacità di mantenere gli impegni presi e di valutare i propri limiti e bisogni, come una più elevata attitudine a riflettere sui motivi che hanno portato alla commissione del reato.

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