Per le casse dello Stato sarà un Natale con i fiocchi. Nei primi 10 mesi di quest’anno, infatti, l’Erario ha incassato 28 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2022 (pari al +4,4%). Un maggior gettito pari a 1,4 punti di Pil che, sicuramente, è destinato ad aumentare ancora. Con le scadenze fiscali di novembre e dicembre, infatti, è molto probabile che le maggiori entrate tributarie e contributive riferite a quest’anno cresceranno ancora di parecchi miliardi. A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.

Va, comunque, sgombrato il campo da eventuali equivoci: questo incremento non è riconducibile ad un aumento del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, ma dalla combinazione di alcuni aspetti congiunturali distinti, come una moderata crescita economica avvenuta nel 2023, l’aumento dell’inflazione, l’incremento dell’occupazione e il rinnovo di alcuni contratti di lavoro. Va anche ricordato che con la fine del 2022 è venuto meno anche il taglio delle accise sui carburanti. Misura, quest’ultima, che aveva trovato applicazione per una buona parte dell’anno scorso. Con il prelievo sugli extraprofitti delle banche introdotto con il decreto dello scorso mese di agosto, ci si attendeva un gettito sino a 2 miliardi di euro. A seguito dell’aumento dei tassi di interesse sui prestiti deciso dalla Bce, l’esecutivo voleva redistribuire una parte dei massicci utili realizzati dagli istituti di credito a famiglie e imprese. Soggetti, questi ultimi, che hanno pagato pesantemente l’incremento dell’inflazione avvenuto in questi ultimi due anni. In sede di conversione, però, ricorda la Cgia, il Parlamento ha modificato la misura, consentendo alle banche, in alternativa al versamento dell’imposta, di accantonare questo importo a riserva non distribuibile, incrementando così la propria situazione patrimoniale. Una opportunità, quest’ultima, che è stata ‘sfruttata’ da tutte le grandi banche italiane che hanno accantonato quasi 5 miliardi di euro. I dati ufficiali saranno disponibili solo nei primi mesi del 2024, tuttavia è molto probabile che dal prelievo sugli extraprofitti delle banche il gettito sarà nullo o quasi.

Nel 2023 la pressione fiscale è destinata a scendere al 42,5%, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al dato 2022. Il livello raggiunto quest’anno ci riporta in linea con la soglia che gravava sui contribuenti italiani prima dell’avvento del Covid. Secondo la Commissione Europea, invece, solo la Danimarca (48,1%), la Francia (45,1) e il Belgio (43,6) registravano nel 2021 una pressione fiscale superiore alla nostra (pari al 43,3%). La media dei 27 Paesi UE si è invece attestata al 40,6: 2,7 punti in meno che da noi. In base all’analisi degli Artigiani di Mestre, sono cresciute soprattutto Ires e Irpef. Se la prima ha subito un incremento rispetto allo stesso arco temporale del 2022 del 15,7% (+4,3 miliardi di euro), la seconda, invece è salita dell’8,2 (+13,6 miliardi di euro). Tra le imposte indirette, invece, il gettito dell’Iva è aumentato dell’1,7 (+2,2 miliardi di euro).

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