Venti di guerra soffiano pericolosamente a est, dove anche gli Eurofighter dell’Aeronautica Militare italiana sono decollati per effettuare una doppia intercettazione di aerei russi nel Mar Baltico. L’allarme, lanciato dal centro di comando della Nato a Uedem, in Germania, è scattato per un velivolo non identificato in volo sulle acque internazionali. Una volta identificati i velivoli, gli F-2000 italiani – schierati nella Task Force 4th Wing operativa nella base polacca di Malbork – sono rientrati. Gli episodi si susseguono e la tensione cresce ormai ogni giorno nei cieli orientali dell’Europa. Una nuova “notte di inferno” per i raid russi in Ucraina ha riacceso la paura di uno sconfinamento della guerra in Polonia, spingendo anche Varsavia a far decollare i suoi caccia e quelli della Nato per “garantire la sicurezza dello spazio aereo”. Ma non è solo la Polonia a essere in prima linea: in Romania sono stati trovati “frammenti di drone” in una fattoria vicino al Danubio dopo gli attacchi russi. Già a dicembre scorso un Uav si era schiantato in un’area disabitata romena dopo un raid russo ai porti ucraini sul fiume. Prima ancora, a settembre, altri detriti di drone erano stati rinvenuti sempre nella zona di confine. “La guerra non è più un concetto del passato, è reale”, è la sveglia suonata dal premier polacco Donald Tusk in un’intervista ad una serie di giornali internazionali, tra cui Repubblica. “La cosa più preoccupante è che ogni scenario è possibile. So che sembra devastante, soprattutto per i più giovani, ma dobbiamo abituarci mentalmente all’arrivo di una nuova era. È l’era prebellica”, ha detto senza giri di parole il capo del governo di Varsavia, preoccupato dal fatto che l’Europa abbia “ancora molta strada da fare” per rafforzare la sua difesa e quindi non sia affatto pronta ad affrontare la minaccia che incombe. Le parole di Tusk sono la spia di un allarme generale che cresce nel continente in merito alle reali intenzioni di Vladimir Putin sull’Ucraina e oltre. La guerra non va per il verso voluto da Kiev, che chiede incessantemente Patriot, munizioni, missili e aerei per difendersi dall’avanzata russa, che in 5 mesi ha conquistato 500 chilometri quadrati di terra ucraina, secondo il think tank americano Isw. I numeri danno la misura di una guerra impari anche secondo lo stesso comandante in capo delle forze ucraine Oleksandr Syrsky: “Qualche giorno fa il vantaggio del nemico in termini di munizioni sparate era di circa sei a uno”, ha ammesso in una rara intervista, assicurando tuttavia che sebbene la situazione al fronte sia difficile, l’esercito mobiliterà meno persone delle 500.000 proposte inizialmente da Zelensky. Se la situazione al fronte resta complicata – e Kiev prevede una nuova offensiva russa tra maggio e giugno – non va meglio nel resto del Paese: una pioggia di attacchi ha preso di mira ancora una volta le infrastrutture energetiche in questa terza primavera di guerra. I bombardamenti di Mosca con decine di droni e missili hanno “danneggiato centrali termiche e idroelettriche” nel centro e nell’ovest dell’Ucraina. Secondo Zelensky, tra gli obiettivi c’erano “le centrali idroelettriche di Kaniv e del Dniester”, perché “il Paese terrorista vuole che si ripeta il disastro ecologico nella regione di Kherson. Ma ora non solo l’Ucraina è minacciata, lo è anche la Moldavia”. Come conseguenza degli attacchi, l’operatore nazionale Ukrenergo si è vista costretta a introdurre blackout programmati di emergenza nelle regioni di Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia e Kirovograd.

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