di Luca Muratgia.

Cala il sipario, termina così il capitolo della vergogna, dopo una stagione farsesca, si era ormai arrivati al punto di desiderare con tutte le forze che questo campionato terminasse il prima possibile. Non se ne poteva più di subire continuamente e costantemente la ormai rituale umiliazione domenicale.
Nonostante lo scempio durato circa nove mesi, nonostante le prestazioni sconcertanti e l’assenza pressoché continua di risultati, questo campionato aveva, nonostante tutto, regalato ai partenopei la possibilità, sebbene del tutto immeritata, di giocarsi le ultime chance di centrare l’Europa minore, una qualificazione in Conference League che, nell’eventualità fosse stata centrata, è bene chiarirlo, nulla avrebbe tolto e nulla avrebbe messo sul giudizio, estremamente negativo, che merita questa squadra per il percorso intrapreso durante questa stagione. Affinché questo “miracolo” si configurasse, era però necessario che il Torino non andasse oltre il pareggio contro l’Atalanta fresca di vittoria in Europa League. Ebbene, nonostante ill risultato favorevole della partita di Bergamo dove i la Dea ha letteralmente strapazzato gli uomini del partente Juric, il Napoli è riuscito nell’impresa di rimanere fuori, a seguito del pareggio interno contro un Lecce ormai salvo e che nulla più aveva da chiedere al campionato. Una partita che avrebbe dovuto essere giocata come la partita della vita, con un furore, un ardore che, come non si è visto mai nelle precedenti partite, non si è visto neanche nell’ultima. Un primo tempo deprimente, classica partita da ultimo giorno di scuola, ritmi blandi e nessuna occasione degna di essere rimarcata. Nel secondo tempo si è assistito ad una maggiore intensità, gli azzurri hanno tentato anche di vincerla la partita ma ci ha pensato il portiere Falcone e due pali colpiti rispettivamente da Cajuste e Ngonge a vanificare i tentativi degli uomini di Calzona, di acciuffare l’Europa per la coda. Quando tutto va storto, come spesso si è riscontrato, anche la fortuna è spietata. La partita finisce così, tra le sacrosante contestazioni di un pubblico esasperato e i fischi, all’atto della sostituzione, a capitan Di Lorenzo che proprio nelle ore che precedevano il match del Maradona, ha palesemente manifestato l’intenzione di andare via. Molti dei giocatori artefici sia dello spettacolare ed indimenticabile trionfo dell’anno scorso che dell’agghiacciante horror di quest’anno, partiranno e proprio oggi hanno disputato l’ultima partita con la maglia azzurra, a partire da Victor Osimhen, il nigeriano, artefice principe dello storico scudetto dell’anno scorso, saluta dopo quattro indimenticabili anni. Le macerie accumulate quest’anno andranno smaltite e, con l’insediamento del nuovo DS Giovanni Manna, su di esse dovrà ricostruirsi tutto daccapo, non sarà facile, ma non si scorgono strade alternative.

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