Le persone con patologie neurodegenerative, e in particolare demenza e Alzheimer, potrebbero essere particolarmente a rischio a causa delle ondate di calore che, anche a causa del cambiamento climatico e del global warming, continuano ad aumentare.

Lo rileva uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Trieste, in collaborazione con docenti e neurologi dell’Environmental neurology specialty group della World federation of neurology, e pubblicato sulla rivista internazionale Current Alzheimer Research. Secondo lo studio, tra i vari effetti negativi che le patologie neurodegenerative possono avere sulle capacità cognitive e funzionali c’è anche una ridotta capacità di termoregolazione dell’organismo, soprattutto negli anziani. Per questo motivo, se sottoposti a forti ondate di calore, i malati di Alzheimer o quelli affetti da demenza potrebbero non riuscire a mantenere costante la temperatura del proprio corpo, esponendosi a rischi maggiori. Inoltre, il riscaldamento globale potrebbe essere indirettamente associato allo sviluppo di condizioni cliniche, tra cui malattie renali o infettive, che possono danneggiare ulteriormente i soggetti fragili.

Sotto l’aspetto fisiologico – emerge dallo studio – le persone con disturbi cognitivi e malattie neurodegenerative potrebbero essere colpite dal riscaldamento globale attraverso diversi meccanismi, come lo stress da calore che potrebbe comportare un aumento dell’eccitotossicità, dello stress ossidativo e della neuroinfiammazione. Se concomitanti, questi effetti potrebbero promuovere l’accumulo del peptide beta amiloide e della proteina tau, molecole ritenute i principali responsabili della malattia di Alzheimer. Inoltre, le persone con Alzheimer possono avere schemi circadiani alterati, cioè variazioni della temperatura corporea diverse da quelle fisiologiche e manifestare anomalie della termoregolazione. E’ stato ipotizzato – ricorda lo studio – che il forte aumento dei decessi tra le persone con gravi deficit cognitivi durante le precedenti ondate di calore potrebbe essere stato causato dall’incapacità di una persona di percepire le condizioni ambientali, la soglia della sofferenza e ascoltare i meccanismi di difesa fisiologici, tra cui la sete.

Inoltre, è stato evidenziato che alcuni trattamenti farmacologici possono influenzare alcune risposte termoregolatorie e in particolare la sudorazione.

 

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