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Calcio Napoli, tutte le notizie e le ultime news per restare costantemente aggiornati sul panorama calcistico della squadra partenopea.

Tanto Napoli ma non basta. Finisce in parità la sfida scudetto del Maradona

di Luca Muratgia.

Peccato davvero, c’era tanto Napoli nella sfida scudetto disputata ieri al Maradona ma gli azzurri non ce l’hanno fatta ad avere la meglio su un’Inter che, dopo la rete del vantaggio ottenuta in maniera estemporanea, è parsa estremamente rinunciataria, subendo la furia di un Napoli scatenato che sembra aver ritrovato lo smalto perduto dopo le ultime apparizioni quanto meno discutibili. La settimana che ha preceduto il match clou della ventisettesima giornata, è stato infatti particolarmente tribolato a seguito della disfatta di Cono dove più di una perplessità era emersa sulla tenuta fisica e mentale della squadra. Le polemiche, le discussioni ed i dibattiti si sono inevitabilmente amplificati a dismisura come purtroppo troppo spesso accade a queste latitudini. A finire nel mirino della critica è stata la società per la discutibile campagna acquisti del mercato di gennaio, l’allenatore, colpevole, secondo alcuni di aver cambiato sistema di gioco (a seguito di una impressionante serie di infortuni) togliendo certezze alla squadra e ai giocatori stessi che, proprio nei momenti di difficoltà, avrebbero manifestato e palesato carenze di carattere mentale e comportamentale.
La verità è che gli infortuni patiti in serie, a cui si è aggiunto nelle ultime ore un “mammasantissima” come Fred Zambo Anguissa, hanno alterato gli equilibri di una squadra che sembrava indistruttibile, ad immagine e somiglianza del proprio allenatore. Nonostante le battute d’arresto, nonostante il Napoli abbia totalizzato 4 punti nelle ultime 5 partite, il primato in classifica, distante appena un punto, sembra a portata di mano, anche alla luce dei valori espressi ieri in campo che hanno mostrato un Inter tutt’altro che irresistibile. Tra l’altro anche il Venezia ha fornito un corposo aiuto agli azzurri impattando clamorosamente al Gewiss Stadium contro l’Atalanta, distante appena due punti dagli azzurri, per un campionato che appare, ad 11 giornate dalla fine, del tutto indecifrabile.
La partita è stata particolarmente intensa già dalle battute iniziali ma il crocevia è stata la gemma balistica di Di Marco, non nuovo a simili prodezze, con un calcio di punizione incastonato all’incrocio dei pali con Meret che nulla ha potuto. Da allora si è assistito ad un vero e proprio assedio con un Napoli arrembante e con gli ospiti troppo passivi e troppo adagiati sulla rete di vantaggio.
Il forcing del Napoli si è particolarmente intensificato nella seconda frazione di gioco con occasioni da rete a ripetizione e con l’Inter incapace fin anche di superare la linea mediana del campo. Gli sforzi dei partenopei trovano il meritato riscontro quando il risultato sembrava ormai cristallizzato a favore dei nerazzurri, ad appena 4 minuti dalla fine, con una percussione quasi “rugbistisca” di Lobotka che serve dentro l’area il subentrato Billing, il danese, dopo un tiro a botta sicura respinto miracolosamente da Martinez, ribadisce in rete da pochi passi regalando una gioia incontenibile ai sostenitori azzurri assiepati sugli spalti e mantenendo il campionato più vivo che mai. Anzi poco è mancato che, negli ultimi secondi di recupero, che Mctominay da pochi metri non realizzasse la rete della vittoria che per gli ospiti, avrebbe avuto l’amaro sapore della beffa.

Febbraio da incubo, brutto KO a Como.3 punti nelle ultime 4 partite, tira aria di crisi

di Luca Muratgia.

Nuova battuta d’arresto per il Napoli che, in terra lariana, in particolar modo nel secondo tempo, si sfalda completamente, prestando il fianco agli avversari e subendo una sconfitta da considerare nel complesso come ampiamente meritata.
I fattori che hanno determinato questo evidente ed inesorabile crollo, sono molteplici e non sempre facilmente classificabili attraverso pareri univoci.
Tutto sembra essere iniziato con la sessione di mercato invernale che ha portato un significativo indebolimento dovuto non solo alla dolorosa cessione di Kvaratskhelia ma anche con la cessione di giocatori pronti e già allenati ai ritmi della serie A con giocatori non pronti e che necessitavano di in periodo di adattamento, trattandosi di elementi fermi da tempo, inutilizzati nelle rispettive squadre di provenienza e non abituati ai ritmi partita.
All’importante calo fisico accusato dai giocatori simbolo della rinascita come Anguilla, Lobotka e Di Lorenzo, tanto per citare solo alcuni nomi emblematici, non sono seguiti rimedi all’altezza perché, con il dovuto rispetto, i ricambi proposti, hanno confermato, e continuano a confermare, di avere poco a che fare con una squadra ambiziosa che ha voglia di lottare per i vertici della classifica. Non parliamo ovviamente solo dei giocatori acquistati a gennaio ma anche di quelli che già erano in rosa all’arrivo di Antonio Conte. I vari Mazzocchi, Simeone e Ngonge, hanno mostrato finora tutti i limiti di carattere tecnico e mentale, incapaci di risultare determinanti quando chiamati a fornire il loro contributo alla causa, incapaci di sovvertire, con il loro ingresso, l’inerzia della partita. Queste evidenti carenze, hanno costretto il tecnico salentino a cambiare più volte sistema di gioco, passando dal collaudato 4-3-3 al 3-5-2, rimedio che, risultati alla mano, si sta dimostrando peggiore del male. Eppure il primo tempo dei partenopei non è stato malvagio, c’è stato grande carattere nel saper reagire al clamoroso infortunio di Rahmani che, nel tentativo di servire Meret, propone uno sciagurato passaggio all’indietro senza neanche guardare il posizionamento dell’estremo difensore azzurro, regalando l’inopinato vantaggio ai lariani; il pareggio realizzato da Raspadori infatti, è figlio della tempra e del carattere degli uomini di Conte desiderosi di recuperare il risultato con una “riagressione” altissima del centrocampo e con lo stesso attaccante bolognese che, da pochi passi, fredda il portiere Butez. Nella restante parte della prima frazione di gioco, il Napoli appare predominante mancando però negli ultimi 20 metri anche per poca lucidità e per la giornata no (l’ennesima) di Lukaku.
La compagine partenopea sembra comunque pronta e conferisce la sensazione di poter realizzare la rete del vantaggio da un momento all’altro.
Ed invece nel secondo tempo accade l’impronosticabile, la squadra entra in campo con un atteggiamento molle, senza agonismo, senza la necessità fame e la formazione di casa prende facilmente il sopravvento. Gli azzurri appaiono poco reattivi, stanchi, sempre secondi sulle seconde palle, perdendo inoltre tutti i duelli. Il gol decisivo, realizzato da Diao su assist di Nico Paz, non è altro che la logica conseguenza rispetto a quanto osservato con una difesa passiva e statica come non si vedeva da tempo. Su queste basi, gli azzurri non sono in grado di reagire e cedono alla quarta, dolorosa sconfitta stagionale che costa il primato in classifica. Evidenti segnali di cedimento, si erano intravisti anche nelle tre giornate precedenti dove gli azzurri, per tre volte consecutive e sempre nella seconda frazione di gioco, hanno consentito la rimonta agli avversari, perdendo punti preziosi. Questo mese di febbraio è risultato un mese disastroso per i partenopei con tre punti realizzati su quattro partite, una media da retrocessione insomma che apre a scenari di crisi più o meno conclamata. Gli azzurri adesso, risultano secondi in classifica ad un punto rispetto all’Inter capolista e sabato alle 18.00, al Maradona ci sarà lo scontro diretto che probabilmente non sarà decisivo ma indirizzerà inevitabilmente il campionato in un senso o nell’altro.
Certo sarà indispensabile una squadra con un atteggiamento mentale completamente diverso, se non opposto rispetto alla scialba prestazione del Senigallia. Le speranze che avvenga una decisa inversione di tendenza non sono però supportate da un’evidenza in tal senso, il recupero di energie fisiche ma soprattutto mentali in sei giorni pare un impegno decisamente proibitivo anche per un fenomeno come Conte.

Pareggio in emergenza. Il Napoli impatta per la terza giornata consecutiva, c’è amarezza

di Luca Muratgia.

Sembrano essere diventati incapaci di vincere gli azzurri di Antonio Conte che all’Olimpico di Roma, trovano il terzo pareggio consecutivo al cospetto però di una grande realtà del calcio italiano. In realtà, più che non saper più vincere, il Napoli sembra improvvisamente diventato carente nella conservazione del risultato partendo da situazioni di vantaggio se è vero, come è vero, che questi tre pareggi sono conseguenza di altrettante rimonte; sembra infatti essere venuta meno proprio la solidità, la cinicità è l’atteggiamento tipico della prima fase della stagione dei partenopei dove sovente, una rete, poi ben conservata, risultava più che sufficiente per ottenere l’intera posta in palio, anzi questo atteggiamento spesso era aspramente criticato da coloro, gli esteti, “quelli dal palato fine”, come ironicamente definiti dallo stesso tecnico salentino, che avrebbero preferito pervenire al risultato attraverso una espressione di gioco più “artistica” e meno autarchica.
Certo, almeno per quanto riguarda la partita di ieri, sussistevano tutte le attenuanti del caso, sia perché la Lazio è veramente forte e che rappresenta una compagine tanto molti degli addetti ai lavori la etichettano come la vera rivelazione del campionato, con un allenatore capace di far esprimere ai propri calciatori grande qualità, sia perché il Napoli si presentava in terra capitolina, con una formazione ampiamente rimaneggiata, dove, ai già infortunati Spinazzola e Oliveira, si è aggiunto in settimana anche David Neres, Infortuni resi ancora più gravosi e difficili da gestire dalla carente campagna acquisti di gennaio. Conte è stato costretto, provando a fare di necessità virtù, ad un cambio di modulo importante, tornando alla difesa a tre ed abbandonando il sistema di gioco (il 4-3-3), consolidatosi ormai dalla partita d’andata contro la Juventus a Torino ed offrendo una chance decisiva a Jack Raspadori che, probabilmente per la prima volta da quando veste la maglia azzurra, è schierato nel suo ruolo preferito. La partita inizia decisamente col botto quando, dopo appena 5 minuti dall’inizio del match, Isakseen, proprio colui che aveva deciso la partita dell’andata, approfittando di un banale errore di Rahmani in uscita, prova la conclusione dalla lunga distanza con la palla che si infila sotto la traversa e dove forse, vista la centralità del tiro, Meret avrebbe potuto performare meglio. Passano appena 8 minuti e sull’asse Lukaku – Raspadori, nasce il pareggio partenopeo, con l’ennesimo assist del centravanti belga e con l’inserimento del piccolo attaccante bolognese che batte sul tempo Provedel a dimostrazione che per esprimere al meglio le proprie qualità, necessità di giocare in quel determinato ruolo.
Non è una partita molto spettacolare soprattutto perché il Napoli, mancando dei due esterni titolari, gli unici a possedere un certo tipo di qualità, risulta inevitabilmente carente nella produzione offensiva. L’illusorio in vantaggio gli azzurri, perviene infatti, all’inizio della seconda frazione di gioco, figlia di un’azione del tutto casuale e culminata con la sfortunata deviazione di Marusic nella propria porta.
È inevitabile che subentrasse, a questo punto, l’idea di portare a Napoli l’intera posta, idea che andava via via rinforzandosi e consolidandosi con il trascorrere dei minuti.
Poi accade che Dia, recuperato in extremis da Baroni e subentrato a Pedro, trovi lo spiraglio per il diagonale che difinisce i termini del risultato finale. Certo, un pareggio a Roma, contro una squadra forte, non è da gettare alle ortiche, ciò che rammarica fino a creare un sentimento di grande delusione è che per la seconda volta nell’arco di quindici giorni, nello stesso stadio e nella stessa porta, il Napoli veda sfumare una vittoria che sembrava ormai conseguita, negli ultimi istanti della partita.

La delusione. Pareggio amaro ed un calo fisico preoccupante

di Luca Muratgia.

Il pareggio rimediato dagli azzurri al Maradona contro l’Udinese, potrebbe sorprendere solo chi conosce superficialmente la reale situazione del Napoli. Una squadra che evidentemente non possiede una profondità della rosa nel momento in cui i giocatori titolari subiscono un calo tanto evidente quanto fisiologico. Il deludente mercato di gennaio, avrebbe dovuto garantire l’acquisto dei giocatori necessari non solo in caso di squalifiche o infortuni ma per consentire ai titolari di poter tirare il fiato nel momento in cui la condizione atletica sarebbe diventata approssimativa così come sta capitando in questa fase della stagione. I segnali negativi erano parsi evidenti già nel secondo tempo di Roma per trovare poi conferma nella serata del Maradona dove l’Udinese è riuscita a sovrastare fisicamente gli uomini guidati da Antonio Conte. Almeno da quanto emerge da questa giornata, è stato il mercato invernale a fare la differenza con i neo acquisti di Milan e Juventus che hanno inciso in maniera determinante. 
L’Udinese ha creato enormi difficoltà agli azzurri pressando in maniera impressionante durante l’intero arco dei novanta minuti senza che i partenopei riscossero a reggere la forza d’urto di una squadra discreta e disposta tatticamente in maniera impeccabile ed il Napoli non ha nessun giocatore in panchina capace di spaccare la partita e cambiare l’inerzia del match. Il primo tempo è risultato più ricco di occasioni da gol con i due portieri impegnati diverse volte a salvare il risultato. Il vantaggio dei partenopei, perviene sugli sviluppi di un calcio d’angolo con Mctominay che svetta in area di rigore e realizza la prima rete subita dall’Udinese su colpo di testa in questo campionato. La gioia del vantaggio dura poco perché, a seguito di uno svarione difensivo, con tanto di incomprensione tra Meret e Juan Jesus, Ekkelenkamp trova il jolly dalla distanza dopo appena tre minuti.
Dove il Napoli viene a mancare, proprio come accaduto a Roma domenica scorsa, è nel secondo tempo quando gli azzurri appaiono statici, stanchi e poco incisivi se è vero, come è vero, che le occasioni da rete di riducono ad un tiro da fuori area del solito Mctominay che sorvola la traversa ed uno spunto di Lukaku che prova a liberarsi in area di rigore e la cui conclusione viene deviata in angolo dalla retroguardia friulana, Insomma poco, troppo poco per cercare di riacciuffare i tre punti. Probabilmente il primato in classifica aveva illuso i sostenitori azzurri circa la possibilità di lottare fino alla fine per la vittoria del campionato. Osservando invece la partita di ieri e considerando la condizione fisica dei giocatori più importanti nonché i ricambi a disposizione dell’allenatore, sarebbe opportuno racimolare, nelle restanti partite, i punti necessari per la qualificazione in Champions League, vero obiettivo della società, che ha ribadito, mercato alla mano, le reali aspirazioni del club. 
Già nelle prossime due giornate, gli azzurri si troveranno impegnati in due trasferte, a Roma contro la Lazio e a Como, particolarmente impegnative prima dello scontro a vertice contro l’Inter del 2 marzo.

Beffa meritata. Vittoria sfumata nel recupero e colossale occasione sprecata

di Luca Muratgia.

Serata amara per il Napoli che non riesce a conservare il vantaggio dell’ex Spinazzola e si lascia raggiungere nei minuti di recupero quando la partita sembrava ormai archiviata.
Le responsabilità di quanto accaduto, in realtà, sono da ricercare tutte in casa azzurra con una prestazione che ha suscitato più di una perplessità soprattutto nella seconda frazione di gioco dove gli uomini guidati da Antonio Conte hanno prestato il fianco ai giallorossi che, pur senza creare particolari grattacapi a Meret, hanno ampiamente meritato di pervenire al pareggio. Il Napoli ha ancora una volta dimostrato di avere una rosa corta perché, se è vero, come è vero, che gli azzurri hanno una sola competizione da disputare con un numero di partite evidentemente ridotto rispetto alla diretta concorrente (l’Inter almeno fino a questo momento), è altrettanto vero che tutti i giocatori hanno, durante il corso della stagione, momenti fisiologici di calo atletico e mentale, inoltre mancano giocatori capaci di subentrare e cambiare l’inerzia della partita. Evidentemente questa sessione di mercato, fortunatamente in via di chiusura, non ha fornito le risposte desiderate ad Antonio Conte, anzi, la partenza di Kvaratskhelia, non adeguatamente sostituto, ha oggettivamente indebolito questa rosa già di per se risicata, visto i fallimenti nelle trattative per Danilo, Garnacho ed Adeyemi.
Una partita dai due volti quella dell’ Olimpico, un primo tempo tempo dove il tecnico giallorosso Ranieri, reduce dalle fatiche dell’Europa League di giovedì contro i tedeschi dell’Eintracht Francoforte, opta per le seconde linee e dove il Napoli domina in lungo e in largo pervenendo al vantaggio con l’ex Spinazzola che, servito da un lungo lancio di Juan Jesus, beffa con un pallonetto Svilar uscito fuori tempo ed un secondo tempo dove, con l’ingresso in campo da parte dei padroni di casa dei titolassimi, Napoli si abbassa troppo, si accontenta del vantaggio acquisto e lascia i pallino del gioco ai capitolini anche se, con l’eccezione di due punizioni ben calciate da Paredes, non patisce particolari pericoli. Il pareggio di Angelino, giunto nei minuti di recupero con un sontuoso tiro a volo, nasce da in grossolano errore difensivo dove l’esterno giallorosso si è trovato solo, nel bel mezzo dell’area di rigore, libero di mirare e calciare del tutto indisturbato.
Pare un evidente passo indietro dei partenopei, è sembrato di assistere, per larghi tratti, al Napoli di inizio stagione dove, dopo il vantaggio ottenuto, si cercava faticosamente di amministrare non senza subire le iniziative avversarie. Volendo analizzare le diverse fasi della partita, sono due le chiavi di volta della lettura della partita con altrettante responsabilità dei campani. Una prima fase dove il Napoli ha la responsabilità di non aver chiuso la partita con un vantaggio più ampio, con una Roma rabberciata e dedita esclusivamente alla fase difensiva e creando poco, anzi pochissimo in fase offensiva. Restano dubbi due interventi, uno di Pisilli su Politano e uno di Kone su Mc Tominay, degni almeno di una revisione al VAR. Nella seconda frazione di gioco, c’è la responsabilità di aver subito senza reagire, di non aver tentato minimamente di proporre soluzioni offensive. I partenopei hanno cercato di amministrare ma senza quella foga, quell’atteggiamento aggressivo e determinato che avevano caratterizzato le ultime uscite in campionato. Nell’analisi completa del match, volendo notare anche gli aspetti positivi, c’è da evidenziare come un pareggio, con questa Roma, rivitalizzata dalla cura Ranieri, in casa loro dove i giallorossi erano reduci da sette vittorie consecutive, non è da buttare via del tutto, inoltre, il Napoli si trova, al termine del ciclo di ferro contro Atalanta, Juventus e Roma, con sette punti totalizzati sui nove disponibili, un ruolino di marcia di tutto rispetto insomma, laddove, al termine dello stesso, nessuno avrebbe scommesso sugli stessi punti di distacco dall’Inter che, dal canto suo, ha avuto un calendario sicuramente più agevole. Resta l’amarezza per come questo pareggio è maturato, negli ultimi istanti della gara, con un errore tanto marchiano, laddove con qualche piccolo accorgimento, si sarebbero potuti conquistare sicuramente l’intera posta.

Sogna Napoli. Domata un’ostica Juve imbattuta, il primato è lì

di Luca Muratgia.

Notte da favola per i sostenitori partenopei al Maradona, in uno stadio stracolmo e ribollente di passione, il Napoli riesce ad avere la meglio su una Juventus dimostratasi compagine difficile da affrontare, non a caso, i bianconeri, prima della trasferta all’ombra del Vesuvio, sono rimasti imbattuti in campionato sia pur con un cospicuo numero di pareggi che ne hanno, in qualche modo, frenato la rincorsa alle primissime posizioni della classifica.
La striscia di risultati utili consecutivi si è interrotta proprio in quel del Maradona e questo particolare aumenta ancora maggiormente il valore di un percorso straordinario che il Napoli sta intraprendendo soprattutto alla luce del disastroso campionato dello scorso anno culminato in un deprimente decimo posto in classifica. Da questo punto di vista, i risultati che stanno pervenendo, potrebbero assumere i connotati di un vero e proprio miracolo sportivo. Eppure sembra quasi che questo percorso strepitoso sia quasi scontato, quasi dovuto stando ai pareri degli opinionisti e sapienti di calcio, frasi del tipo: “il Napoli è obbligato a lottare per lo scudetto perché gioca una partita a settimana” oppure “il Napoli è primo perché Conte in estate è stato accontento sul mercato con una campagna acquisti milionaria”, (senza considerare che in questo arco temporale sono stati persi giocatori importanti e protagonisti del trionfo tricolore di due anni fa, tra cui, tanto per citare qualche nome emblematico, Osimhen, Zielisky, Lozano, Kim ed infine Kvaratskhelia), finiscono con lo sminuire lo straordinario percorso di Conte e dei suoi ragazzi; questa tendenza è stata notata evidentemente notato dallo stesso tecnico salentino che nella conferenza stampa post gara ha lanciato alcune stilettate alla sua maniera anche quando evidenzia altresì come il Napoli venga sempre etichettata come una squadra “brutta” al cospetto del gioco delle altre squadre, descritto sempre come “bello e profumato” come ironicamente descritto dall’unico vero fuoriclasse sulla panchina del Napoli. Eppure il Napoli è primo e, dopo una prima inevitabile fase di stabilizzazione, attualmente gioca un calcio di livello europeo, di spessore e con un’intensità ed una ferocia, raramente riscontrabili.
Come accennato in precedenza, la partita, a cui i napoletani attribuiscono, per una molteplicità di ragioni, un valore che va ben oltre i tre punti in classifica, è risultata molto difficile, giocata con un ritmo ed una intensità poco affini a queste latitudini.
Nel primo tempo, in particolare, sono stati soprattutto gli ospiti a dirigere le operazioni, il Napoli è sembrato palesemente in difficoltà contro il pressing feroce ed asfissiante degli uomini di Thiago Motta, che non hanno consentito agli azzurri di sviluppare la manovra secondo le proprie caratteristiche anche se, la scelta di imprimere alla gara ritmi vertiginosi, verrà pagato a caro prezzo dalla compagine bianconera nel secondo tempo.
Nonostante l’intensità, e i ritmi elevati, la gara non regala particolari occasioni da gol con l’eccezione di una giocata di Yidiz in area di rigore che però trova Meret pronto ad un intervento che ha del miracoloso. Poco prima della fine del primo tempo, gli ospiti trovano il vantaggio, sia pur in maniera rocambolesca, con in neo acquisto Kolo Moani che, servito involontariamente da un anticipo di Anguissa, è bravo a girarsi repentinamente davanti alla porta e freddare l’incolpevole Meret. Nella seconda frazione di gioco la dinamica della gara muta radicalmente con un Napoli che ritrova la spinta, l’intensità, l’aggressività e la ferocia che parevano inopinatamente smarriti, sfruttando anche il calo fisiologico ed inevitabile degli avversari. Gia dopo due minuti gli azzurri potrebbero segnare con un colpo di testa a botta sicura di Lukaku ma Di Gregorio sfodera una parata sulla linea di porta altrettanto miracolosa alla stregua di quella effettuata dal collega Meret nel primo tempo. Ma il Napoli comunque continua nel suo esasperante forcing e perviene al pareggio con una zuccata sotto misura del solito monumentale Anguissa, indiscutibilmente migliore in campo su cross calibrato di un instancabile Politano m. La rimonta viene completata al ‘69 quando McTominay, dopo un dribbling da funambolo in piena area (lui che è alto 193 cm per 89 kg di peso), viene atterrato platealmente da Locatelli, lo scadente arbitro Chiffi, autore di una direzione di gara più che discutibile, è costretto a concedere il calcio di rigore che il solito Lukaku, trasforma con pregevole freddezza. Gli ultimi minuti di gioco, sia pur vissuti con estrema tensione dai sostenitori partenopei, non regalano ulteriori emozioni, il Napoli non concede agli avversari neanche un tiro in porta.
Il cammino prosegue ed i chilometri da percorrere sono ancora tanti, di sicuro battere l’Atalanta a Bergamo e vincere contro una Juventus imbattuta nell’arco di una settimana, vuol dire davvero tanto.

Gli eroi di Bergamo. Monumentale vittoria al Gewiss Stadium

di Luca Muratgia.

Nell’immediato dopo kvara, con il georgiano ufficializzato dal PSG nella giornata di venerdì, il Napoli riesce nell’impresa di espugnare il Gewiss Stadium di Bergamo in una partita determinante per le ambizioni di altissima classifica delle due squadre. Ne è venuta fuori una partita di altissimo profilo dai ritmi “britannici” ad intensità elevatissima con gli azzurri che disputano una gara di sacrificio enorme, con un atteggiamento, una mentalità ed un coraggio ammirevole. Una vittoria che assume i connotati e le sembianze del proprio allenatore che si sta dimostrando il vero fuoriclasse, il leader assoluto di una squadra che, con i tre punti di ieri, si candida inevitabilmente alla lotta per il tricolore che vedrà i partenopei competere fino alla fine con la corazzata Inter che rimane comunque la favorita per la vittoria finale. I meriti del Napoli sono emersi in particolare nella capacità di leggere le varie fasi della partita, nel sapere quando era il momento di difendersi e giocare bassi e quando invece era il momento di alzare il baricentro per pressare la Dea nella sua metà campo con la capacità, inoltre, di andare a colpire al momento giusto. La mentalità degli uomini di Conte si è rivelata, in tutta la sua imponenza, dopo la rete del vantaggio orobico, realizzata al ‘16 da Retegui, con una prodezza balistica da campione, con un tiro scagliato da posizione defilata che finisce la sua corsa direttamente all’incrocio dei pali. Un gol che avrebbe potuto creare non poche complicazioni da un punto di vista psicologico anche nel ricordo della partita d’andata dove i nerazzurri si imposero per 0-3 al Maradona. Questa volta però, la reazione dei partenopei è da squadra di rango ed il pareggio perviene con una poderosa staffilata di Politano all’incrocio dei pali su un’iniziativa del sempre temibile Neres. Questa volta la palla entra in rete e non finisce sul palo come era invece capitato a McTominay nella partita d’andata. Il Napoli non si ferma e, approfittando di un momento di calo atletico degli avversari, ribalta il risultato con una giocata geniale di Neres che di tacco libera Anguissa, il camerunese dal fondo serve l’occorrente Mc Tominay che apre il piattone spedendo il pallone sotto la traversa imprendibile per il pur nravo Carnesecchi. La prima parte del secondo tempo rappresenta il momento più complicato per gli uomini di Antonio Conte, i padroni di casa pressano in maniera asfissiante e costringono i partenopei a trincerarsi in difesa; logica conseguenza di tale dinamica, è il pareggio di Lookman che, superato Di Lorenzo con un gioco di prestigio ed approfittando di un fortunoso rimpallo con il polpaccio di Politano, trova lo spiraglio giusto infilando Meret sul secondo palo. A questo punto l’Atalanta continua nel suo forcing asfissiante nel tentativo di vincere la partita e portare a casa l’intera posta ma, sul colpo di testa del subentrato De Ketelare, Meret sfodera una parata prodigiosa che salva il momentaneo pareggio. Dopo la sfuriata dei primi venti minuti del secondo tempo, gli orobici calano inevitabilmente ed il Napoli ne approfitta riuscendo a prendere nuovamente il controllo del gioco e realizzando la rete del definitivo vantaggio con Lukaku che di testa, su un cross di un immenso Anguissa, batte il diretto avversario Scalvini. Altro segnale di grande carattere e personalità è la gestione degli sofferenza, mantenendo sempre la gestione della palla senza concedere nessuna occasione agli avversari.
Vittoria del cuore, del carattere, della grinta e della determinazioni e con queste caratteristiche, qualora l’Inter decidesse di buttare via il campionato, si potrebbe davvero sognare.

Nessuna distrazione. La vicenda Kvara non impatta, Verona senza scampo

di Luca Muratgia.

Il Napoli ritrova il sorriso dopo una settimana complicata, monopolizzata dalla notizia che il giocatore simbolo dello storico terzo scudetto del Napoli, Kvicha Kvaratskhelia, ha chiesto alla società di essere ceduto, destinazione Parigi dove, stante il flusso esasperante e continuo di notizie, sarebbero pronti ad offrire al georgiano un contratto monstre, con un ingaggio che si aggira attorno agli 11 milioni di euro annui. La bomba in realtà, era pronta a deflagrare già dalla scorsa estate quando, l’avvento alla guida tecnica di Antonio Conte sembrava averla definitivamente disinnescata ma, dopo sei mesi esatti, con l’apertura della sessione invernale del calcio mercato, l’illusione si è trasformata repentinamente in delusione, emozione questa che hanno percepito non solo i sostenitori azzurri ma, per sua stessa ammissione, lo stesso tecnico salentino. Senza entrare nei meriti e delle responsabilità, pare evidente che la spinosa questione, è stata gestita male, anzi malissimo se consideriamo che parliamo di uno dei pochi top player del campionato italiano che, nei due anni e mezzo appena trascorsi, ha percepito un ingaggio paragonabile ad un onesto operaio del pallone di una squadra di metà classifica. Più volte, dopo la conquista dello scudetto, l’entourage del calciatore ha cercato di intavolare una trattativa per il rinnovo con la società per un adeguamento del contratto e un ingaggio adeguato alle prestazioni ed al valore di Kvaratskhelia senza mai ricevere controproposte dal club che si è sempre trincerato dietro l’esistenza di un contratto in essere che evidentemente andava rispettato; solo a novembre il Napoli ha formalizzato una proposta di adeguamento di circa 5,5 milioni di euro annui quando evidentemente era ormai troppo tardi, laddove il georgiano, di concerto con il suo entourage, già avevano preso la drastica decisione di lasciare Napoli.
Nessun atto di accusa nei confronti di kvara che va anzi ringraziato per le emozioni indimenticabili che ha regalato a tutto il popolo azzurro ma, chiedere la cessione nel bel mezzo di un campionato dove la squadra è in lotta per traguardi prestigiosi, è parso quantomeno intempestivo oltre che ingeneroso nei confronti di una tifoseria che lo ha sempre osannato e idolatrato.
La vicenda sopra riportata, inoltre, avrebbe potuto portare effetti deleteri alla stessa squadra che, nel frattempo, era impegnata in una partita storicamente ostica, contro una squadra non semplice da affrontare e che, proprio all’inizio del campionato, ha inferto una batosta difficilmente dimenticabile, un 3-0 all’esordio nella prima partita di Conte in serie A sulla panchina del Napoli.
Eppure, nonostante i cattivi presagi, nonostante le inevitabili difficoltà ambientali, il Napoli ha asfaltato gli scaligeri, con una prestazione di grande autorità; la squadra azzurra infatti, complice il vantaggio realizzato quasi immediatamente grazie ad una prodezza di Di Lorenzo ed alla complicità di Montipó, ha disputato una partita di controllo e dominio assoluto con un risultato mai in discussione nonostante l’ottima organizzazione di gioco degli avversari guidati da un tecnico pragmatico come Zanetti.
In realtà, dopo il sopra citato vantaggio, i partenopei hanno sprecato una quantità impressionante di palle gol con Anguissa, con Lukaku e con Neres che, come ci ha abituato ultimamente, sulla corsia di sinistra, è stato devastante ed imprendibile. Al netto di qualche piccola incertezza difensiva, il Napoli non ha praticamente mai sofferto. Il tempo di archiviare la pratica con lo stesso Anguissa che, con una formidabile sassata dai 25 metri, si è fatto perdonare per il gol fallito clamorosamente nella prima frazione di gioco, che già si guarda, con grande trepidazione, alla sfida scudetto di sabato prossimo dove gli azzurri affonderanno l’Atalanta al Gewiss Stadium in una partita che potrebbe fornire indicazioni decisive sulla lotta scudetto.

Messaggio chiaro al campionato. I pretendenti al titolo dovranno fare i conti anche con il Napoli

di Luca Muratgia.

Prestazione sontuosa per il Napoli all’Artemio Franchi dove gli azzurri si impongono d’autorità contro una Fiorentina che si era presentata davanti al proprio pubblico con l’etichetta di squadra rivelazione del campionato. Una partita che rappresentava una sorta di spartiacque per concepire questo Napoli cosa avrebbe voluto fare da grande, quali sarebbero diventati, alla fine del girone d’andata, gli obiettivi di una squadra partita in sordina e sicuramente senza i favori del pronostico. Ebbene, il risultato finale pare estremamente semplificativo e sembra chiarire quali saranno le ambizioni dei partenopei, molto di più rispetto a qualsiasi analisi tattica, trasmissione televisiva, o articoli giornalistici dei più fini e raffinati professionisti del mestiere. Una vittoria dal valore enorme per almeno due ordini di motivi; indubbiamente per la portata del risultato rapportata al valore dell’avversario, la Fiorentina ha disputato, finora, un campionato di altissimo livello, ritrovandosi a ridosso delle primissime posizioni al punto da ingenerare, nell’ambiente viola, ormai sopite aspettative tricolori; non solo travi tifosi, ma anche qualche addetto ai lavori si è sbilanciato al punto da attribuire ai gigliati, eventuali crediti in ottica campionato. In secondo luogo, il Napoli si era presentato al Franchi con alcune defezioni importanti, oltre a Buongiorno, fermo ai box già da qualche settimana, si sono aggiunte anche quelle di Kvaratskhelia e Politano, eppure, nell’osservazione squisitamente tecnica della partita, questo handicap non si è notato, o quantomeno è stato mascherato in maniera egregia, segno di una squadra mentalizzata, con lo stesso atteggiamento, la stessa intensità e applicazione, indipendentemente dagli interpreti in campo.
La partita per larghi tratti è stata decisamente equilibrata e lo 0-3 risulta a tal proposito, ingannevole al cospetto dei valori emersi sul rettangolo verde. Il Napoli però si è dimostrato più squadra, più quadrato, più forte insomma meritando con largo margine la vittoria. Un primo tempo che, dopo la sfuriata iniziale dei viola, tanto veemente quanto improduttiva, vede gli azzurri prendere le redini e il comando delle operazioni che portano ad un gol annullato ad Oliveira per fuorigioco prima della prodezza da fenomeno di Neres che, approfittando di una sponda di Lukaku, taglia a fette la retroguardia viola, prima di scaraventare all’incrocio un pallone che De Gea fa appena in tempo a guardare.
Dopo la rete del vantaggio, a ridosso dei due tempi di gioco, il Napoli vive il momento peggiore della partita con fraseggi prevedibili, appoggi sbagliati ed una apparente perdita di equilibrio che sembra preludere al peggio. Dopo un gol giustamente annullato Kean, per un fallo di mano inizialmente sfuggito ai più, ci pensa ancora una volta Meret che, dopo le prodezze di Genova, si ripete con un doppio intervento tanto miracoloso quanto provvidenziale indispensabile per il mantenimento del risultato.
L’ulteriore e forse definitiva svolta del match, si ha al ‘53, e a rendersi protagonista, in negativo, è il difensore Moreno che dapprima si fa rubare, nella propria area, il pallone da Anguissa per poi stenderlo platealmente costringendo l’arbitro a fischiare il rigore che Lukaku realizza con la consueta freddezza, ritrovata dopo l’errore dal dischetto di domenica scorsa al Maradona contro il Venezia. La partita ormai sembra indirizzata in maniera definitiva ed ogni dubbio viene spazzato via dal destro a rimorchio di Mc Tominay che sfrutta come meglio non potrebbe un errore in disimpegno del giovane promettente Comuzzo e fissa il risultato sul definitivo 0-3.
Questa sera, insomma, Inter ed Atalanta, non saranno proprio entusiasti per quanto assistito a Firenze, perché questa vittoria certifica che, per la lotta al titolo, ci sarà anche il Napoli.

Primato strappato con i denti. Il Napoli torna in vetta dopo una vittoria molto sofferta

di Luca Muratgia.

Sarà un ottimo capodanno per i tifosi partenopei che ritrovano inaspettatamente la loro squadra del cuore in vetta alla classifica al termine di un complesso 2024. Era evidentemente una giornata favorevole agli azzurri che avevano la possibilità di accorciare in classifica in considerazione anche di alcuni importanti scontri diretti come quello tra Lazio e Atalanta e Juventus e Fiorentina. La sfida contro il Venezia, dal risultato apparentemente scontato, almeno sulla carta, si è mostrata più insidiosa del previsto, del resto i lagunari hanno creato importanti difficoltà alla corazzata Inter, dove sono usciti sconfitti solo grazie ad una rete di Lautaro e ad un gol annullato al ‘97, e alla Juventus dove hanno pareggiato 2-2 allo Stadium dopo aver cullato addirittura il sogno di portare in laguna l’intera posta in palio. Lo stesso allenatore degli azzurri, Antonio Conte, aveva, nella conferenza stampa del pre gara, messo in guardia l’ambiente circa le problematiche e le difficoltà che si sarebbero inevitabilmente configurate al cospetto di una compagine ben disposta in campo dall’allenatore Eusebio Di Francesco e che la cui classifica si palesava assolutamente non veritiera al cospetto del gioco proposto e delle prestazioni fornite. Ed in effetti l’andamento del match, non ha fatto altro che confermare i timori della vigilia. Una partita dove però il Napoli ha sciorinato un fraseggio importante, ha creato un numero impressionante di occasioni da rete e dove gli episodi, tutti sfavorevoli, hanno ingenerato uno stress ed una tensione che si sarebbe potuta tranquillamente evitare con un briciolo di fortuna in più. C’è comunque da rimarcare come gli azzurri abbiamo ampiamente meritato la vittoria molto di più di quanto non dica il risultato; già il primo tempo, se si fosse concluso con un 2-0 appannaggio dei partenopei, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Infatti lo striminzito 1-0 con cui si è conclusa la sfida del Maradona, potrebbe far storcere il naso a chi vorrebbe delle vittorie più nette e definite, ma sottoponendo la prestazione dei partenopei alla lente di ingrandimento, pare evidente un percorso di crescita evidente, continuo, costante. Le vittorie ottenute nelle ultimissime giornate, sono ben diverse dalle “partite sporche” con cui il Napoli era riuscito comunque ad avere la meglio nelle primissime giornate di campionato. Una squadra dominante, la cui unica pecca, semmai, è quella della scarsa cinismo sotto porta che avrebbe consentito agli uomini di Conte di evitare inutili patemi ed apprensioni.
Dopo pochissimi minuti infatti il Napoli avrebbe già la possibilità di trovarsi in vantaggio con una conclusione di Rahmani sventata miracolosamente dal portiere Stankovic che si ergerà, nel corso della gara, a protagonista assoluto. Dopo pochi minuti infatti, lo stesso portiere veneziano, sventa un rigore calciato da Lukaku con un tiro violento. Poco prima della prima frazione di gioco, Anguissa, da due metri, spedisce in curva il comodo pallone del possibile vantaggio.
Da segnalare anche una prodezza di Meret, che di piede, sventa miracolosamente un tiro a a botta sicura di Yeboah che avrebbe reso ancora più difficile la partita degli azzurri già complicata di per se.
Il secondo tempo procede sulla falsa riga del primo, con i partenopei alla ricerca continua del gol che viene evitato nuovamente da Stankovic che spedisce sul palo una conclusione di Lukaku, dopo che lo stesso belga si era liberato a modo suo e che devia miracolosamente un diagonale di Oliveira alla mezz’ora. La svolta del match all’ ‘80, quando un cross di Neres, deviato da un difensore lagunare, viene scaraventato in porta da Giacomo Raspadori, da poco subentrato ad un esausto Anguissa. La partita si conclude qui con una certezza in più per mister Conte, quella di avere a disposizione un giocatore capace di determinare e che che ha nelle proprie corde la realizzazione si gol importanti. Ulteriore indicazione insomma per chi voleva Raspadori in lista di sbarco già nel mercato di gennaio. Gli azzurri insomma si regalano un felice capodanno nella speranza che il 2025 si delinei in maniera più chiara, con un percorso di crescita costante e continuo.