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Schillaci propone una commissione sui vaccini Covid

Una commissione di studio per censire i casi di reazioni avverse ai vaccini anti-Covid, per capirne la dimensione e la tipologia. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ne propone l’istituzione in coordinamento con la nuova commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia, i cui lavori dovrebbero partire a breve. L’idea suscita però perplessità tra infettivologi ed esperti, che sottolineano come dati di farmacovigilanza siano già largamente disponibili e l’avvio di una nuova commissione sul tema vaccini rischierebbe, invece, di minare la fiducia dei cittadini nella Sanità pubblica. “Quest’anno – spiega il ministro in un’intervista al Giornale d’Italia – abbiamo registrato un numero molto basso di adesioni alla campagna vaccinale, anche antinfluenzale. Quindi fare chiarezza sarebbe utile. Sarebbe opportuno soprattutto per dare maggiore tranquillità a tutti. Ci lavoreremo”. Quanto al futuro, Schillaci invita ad evitare ‘notizie allarmistiche’ su nuove malattie: “Se ci dovesse essere una nuova Malattia X, come viene evocata, saremo pronti ad affrontarla nel miglior modo possibile”. In merito al rischio di effetti collaterali dai vaccini Covid, Marco Cavaleri, responsabile della strategia per le minacce sanitarie e i vaccini dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema), ricorda che si tratta di eventi rari: “I vaccini anti-Covid sono importanti per prevenire la malattia grave nei soggetti più a rischio, e le reazioni avverse gravi sono un evento raro che noi monitoriamo costantemente. L’Ema e il suo comitato di farmacovigilanza – spiega all’ANSA – ha monitorato attentamente gli eventi avversi dopo la vaccinazione Covid e riportato in modo trasparente tutti i risultati. Il monitoraggio continuerà come per qualsiasi altro vaccino o farmaco approvato in Europa”. Sebbene l’impatto di salute pubblica dovuto al virus Sars-CoV-2 “è in continua diminuzione, c’è ancora chi può andare incontro a malattia grave e questi soggetti è bene che si rivaccinino ogni anno con vaccino aggiornato. Sarebbe un errore – avverte – pensare che tutto è finito e bisogna, invece, mantenere l’attenzione alta poichè il virus Sars-CoV-2 continua a circolare a livello globale”. Rispetto alla proposta di una nuova commissione, l’infettivologo Matteo Bassetti si dice favorevole se “la finalità è dare maggiori risposte e tranquillizzare i cittadini; diverso sarebbe se l’intento fosse quello di mettere sotto accusa i vaccini, ma non credo sia questo l’obiettivo del ministro”. In ogni caso, ricorda, “nel 2022 è stato previsto un fondo con uno stanziamento di 100 milioni proprio per gli indennizzi per danno dai vaccini, ma – sottolinea – non mi pare che siano pervenute ad oggi tantissime domande”. Si dice invece contraria la vicepresidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), Cristina Mussini: “Oggi sono disponibili solidi dati di sicurezza sui vaccini anti-Covid, anche se sicuramente degli effetti collaterali dai vaccini in ridotte percentuali ci sono stati, ma questo accade per qualunque tipologia di farmaco. I dati sono disponibili e pubblici, dunque non vedo la necessità di istituire una nuova commissione di studio che, invece, avrebbe l’effetto di gettare un’ombra sulle vaccinazioni disincentivando magari dal vaccinarsi quelle categorie che ne avrebbero più bisogno e minando la fiducia nel Ssn”. L’ultimo Rapporto sulla sorveglianza dei vaccini anti-Covid dell’Agenzia italiana del farmaco prende in considerazione le segnalazioni di sospetta reazione avversa registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza nei due anni di campagna vaccinale, dal 27 dicembre 2020 al 26 dicembre 2022, per i cinque vaccini in uso. In questo periodo sono pervenute 140.595 segnalazioni su un totale di 144.354.770 di dosi somministrate (tasso di segnalazione di 97 ogni 100.000 dosi), di cui l’81,3% (114.290) riferite a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari. Le segnalazioni gravi corrispondono invece al 18,7% del totale (26.305), con un tasso di 18 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate.

Prime linee guida per Long Covid, riguardano il 6% dei pazienti

Dagli aspetti pneumologici ai problemi cardiovascolari alle sindromi metaboliche, fino alle malattie neuro-psichiatriche: sono solo alcuni dei sintomi di pazienti affetti dalla ‘Pasc’, o Long Covid, le “sequele post acute” dell’infezione da SarsCov2, che l’Oms stima attorno al 6% tra coloro che hanno contratto l’infezione. Si tratta, si legge in una nota, di una “nuova emergenza di sanità pubblica” su cui a oggi in Italia siamo ancora poco attrezzati. Ad avanzare una prima proposta concreta per la presa in carico di pazienti affetti dal Long-Covid è l’eBook dal titolo “Linee guida per il follow-up delle sequele da Covid-19”, curato da Claudio Lucifora e pubblicato dalla casa editrice Vita e Pensiero dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della Giornata Nazionale in memoria delle vittime del Covid, che si celebra oggi. “Nel maggio 2023, l’Oms ha dichiarato ufficialmente conclusa l’emergenza pandemica del Covid19”, osserva Claudio Lucifora, direttore del Centro di ricerca sul Lavoro ‘Carlo Dell’Aringa’ (Crilda) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore del progetto Pascnet, i cui risultati della prima fase sono raccolti proprio nell’eBook. “Le statistiche raccolte dall’Oms ci ricordano che dall’inizio della pandemia ci sono stati, in tutto il mondo, oltre 765.222.932 casi di contagio, con quasi sette milioni di morti. Nella sola Lombardia, i contagi sono stati oltre 4 milioni con quasi 50mila decessi. Sebbene, per il momento, possiamo considerare vinta la sfida pandemica del Covid19, ancora molte persone, anche a distanza di anni dal contagio, convivono con gli effetti debilitanti del Long-Covid o, come meglio definito nella letteratura medica, la Pasc”. Combattere il Long Covid è appunto l’obiettivo del progetto Pascnet, che ha l’obiettivo di elaborare le linee guida, per il follow-up di pazienti affetti da sintomi. Nell’iniziativa sono coinvolte le agenzie di tutela della salute, le aziende socio-sanitarie territoriali e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e una rappresentanza dei medici di medicina generale. “La scommessa – conclude Lucifora – è che le linee guida possano essere di supporto alla pratica clinica, contribuire a ottimizzare la presa in carico dei pazienti affetti dalle sequele post-acute dell’infezione da Covid, ma soprattutto offrire delle prospettive di guarigione e migliorare la loro salute”.

Disturbi alimentari già a 7 anni,l’onda lunga post Covid

I disturbi del comportamento alimentare (Dca), dall’anoressia alla bulimia, colpiscono sempre prima, tanto che nei centri si segnalano casi di esordio addirittura a 6-7 anni. Un disagio profondo e complesso quello che porta ai Dca, le cui cause sono sia sociali sia legate al vissuto personale. E se con la pandemia si è assistito ad una esplosione di queste patologie, il numero dei casi resta tuttora alto e si è ancora lontani dai livelli pre-Covid. Un’onda ‘lunga’ che gli esperti – a pochi giorni dalla Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla contro questo tipo di disturbi, che si celebra il 15 marzo – paragonano a quella del long-Covid, mentre forte è la richiesta di maggiore assistenza sul territorio. “Così come si sta avendo un fenomeno di long Covid – afferma all’ANSA Valeria Zanna, responsabile dell’Unità Operativa Anoressia e Disturbi Alimentari dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – allo stesso modo possiamo dire che anche sul piano psico-patologico i ragazzi non siano tornati ad una normalità pre-Covid ed i casi di Dca segnano un trend che, sia pure in flessione rispetto agli anni della pandemia, è ancora lontano dai livelli del 2019 pre-pandemia”. Ad allarmare, rileva, “è anche l’abbassamento dell’età di esordio dei sintomi a 11-13 anni, con casi però che si registrano già a 6-7 anni e che sono in crescita. Nei più piccoli osserviamo un particolare disturbo, definito Arfid: i bambini non mangiano, ma non hanno l’angoscia di ingrassare tipica dell’anoressia”. Tra le cause dei Dca tra bambini e ragazzi, spiega l’esperta, situazioni di ansia, stress, pressioni sociali e modelli sbagliati che arrivano dai social. Il Covid “è stato un acceleratore, ma più in generale emerge un malessere dovuto a vari fattori: le bambine ad esempio, arrivano al menarca sempre prima, anche per le mutate abitudini alimentari, e questo significa che si trovano rapidamente dentro dei corpi adulti sentendosi però ancora ‘piccole’. Ciò, in soggetti predisposti e più fragili, può portare ad un profondo disagio che si manifesta con i disturbi dell’alimentazione”. Altro elemento è la sempre maggiore influenza dei social, “con modelli ideali che spesso istigano all’anoressia. Alla base c’è una forte insicurezza e l’insoddisfazione rispetto al proprio corpo”. Ed i dati parlano chiaro: “Nell’ultimo anno solo nel nostro Ospedale sono stati oltre 100 i ricoveri per Dca gravi, mentre in Day hospital – afferma Zanna – seguiamo oltre 250 ragazzi l’anno, ma la domanda è molto più alta”. In questa situazione, avverte, “la priorità è garantire centri di cura diurni e i Day Hospital, perchè la soluzione non possono essere le residenze dal momento che la cura è importante che si integri nella vita quotidiana e ‘normale’ del ragazzo o della ragazza”. Ma i centri specializzati sul territorio, sottolinea, “non sono ancora sufficienti, soprattutto al Sud”, e l’attesa media per essere presi in carico dal Servizio sanitario nazionale è dai 3 ai 6 mesi. Attualmente, secondo dati Iss, sono 126 i centri dedicati ai Dca, di cui 112 pubblici e 14 di privati accreditati e la metà, ovvero 63, si trova al Nord. Quanto ai fondi, il governo ha stanziato 10 milioni di euro per il 2024 per i centri ed i percorsi di cura. Una cifra giudicata però insufficiente da esperti ed associazioni di pazienti. I Dca affliggono oltre 55 milioni di persone nel mondo e 3 milioni in Italia: l’8-10% delle ragazze e lo 0,5-1% dei ragazzi. La Giornata del Fiocchetto Lilla è stata promossa nel 2012 dall’Associazione ‘Mi Nutro di Vita’. L’iniziativa parte da un padre, Stefano Tavilla, che ha perso la figlia Giulia a soli 17 anni per bulimia (in lista d’attesa per ricovero in una struttura) e ricorre il 15 marzo, proprio nel giorno della sua scomparsa. Nel 2018, la Giornata è stata sancita dalla Presidenza del Consiglio e il 15 marzo è riconosciuto istituzionalmente come Giornata nazionale contro i Dca. Tante le iniziative in programma per l’edizione 2024: convegni, monumenti illuminati di lilla e visite gratuite. Come nel caso dei centri della rete Food For Mind, presente a Cagliari e in altre 19 città, che per tutto marzo aprono le porte permettendo ai cittadini di accedere gratuitamente ad una diagnosi corretta.

Influenza, l’inverno più pesante degli ultimi 15 anni

L’inverno in corso è il più pesante degli ultimi 15 anni per l’influenza e per le altre infezioni respiratorie. Lo rileva in un comunicato l’Associazione dei Microbiologi Clinici Italiani . Secondo i dati comunicati al sistema italiano di sorveglianza delle sindromi simil-influenzali RespiVirNet, a causa dei cambiamenti delle condizioni meteorologiche e della contemporanea circolazione di diversi agenti patogeni, l’incidenza in Italia ha raggiunto nelle utime due settimane un livello di intensità alta, con 17,5 casi per mille assistiti. “Stiamo assistendo alla stagione invernale più pesante degli ultimi 15 anni, con un impatto considerevole soprattutto sui bambini e sulla popolazione fragile”, osserva Pierangelo Clerici, presidente di Amcli Ets. “Diversi virus respiratori, tra i quali i virus influenzali, in particolare il sottotipo virale A/H1N1pdm09, e poi il virus SarsCoV2 con la variante di interesse JN.1, figlia della variante Pirola, e ancora il virus respiratorio sinciziale, stanno contribuendo a questi numeri e a mettere sotto pressione i sistemi di assistenza”. Per il virologo Antonio Piralla, del Policlinico San Matteo di Pavia e coordinatore del gruppo di lavoro Amcli sulle infezioni virali respiratorie, “in realtà si tratta di un fenomeno normale per questo periodo dell’anno. Le temperature rigide favoriscono la circolazione di virus respiratori in grado di provocare quadri clinici sovrapponibili a quelli da infezione influenzale e che vengono trasmessi con le stesse modalità”. In particolare, le analisi fatte presso il centro di riferimento regionale per le Emergenze microbiologiche del Policlinico S. Orsola di Bologna, indicano che i ceppi di Influenza A H1N1 attualmente circolanti, sono filogeneticamente correlati con l’attuale ceppo vaccinale A/Victoria/4897/2022 (emisfero settentrionale). “Nella fase post-pandemica, i virus respiratori hanno ripreso la loro circolazione fino ad arrivare alla stagione attuale, dove i virus influenzali sono tornati ai livelli del 2019”, dice Elena Pariani, epidemiologa-virologa dell’Università Statale di Milano e segretario del gruppo di lavoro Amcli sulle infezioni virali respiratorie. “La bassa adesione alla campagna vaccinale antinfluenzale e anti-Covid19 – conclude – ha contribuito nel definire lo scenario epidemiologico corrente”.

Covid: in Campania tornato l’obbligo di mascherine in ospedale

“I numeri del covid restano ampiamente gestibili oggi, c’è un lieve aumento nelle degenze ordinarie, ma assolutamente restiamo a zero per la terapie intensiva”.

Così Antonio Postiglione, direttore generale per la tutela della salute e coordinatore del sistema sanitario della Campania, spiega all’ANSA i passi di tutela dal possibile contagio. “Li abbiamo applicati – spiega Postiglione – anche in modo un po’ più forte rispetto a quelli indicati in due indicazioni alle strutture sanitarie a maggio e agosto per rimanere prudenti”. In Campania nelle strutture ospedaliere è tornato quindi l’obbligo di indossare le mascherine di protezione in tutti i reparti per chi ci lavora, per i pazienti e per chi visita persone ricoverate. Sono esclusi dall’obbligo della mascherina i bimbi di meno di 6 anni e le persone con patologie o disabilità incompatibili con la mascherina. C’è anche l’obbligo di eseguire il tampone diagnostico per il covid a chi entra nel pronto soccorso ed è affetto da stato febbrile e una sintomatologie delle vie respiratorie. Il tampone è invece sempre necessario per i pazienti che sono stati al Pronto Soccorso e siano poi ricoverati in reparti degli ospedali. Il tampone è anche necessario per i parenti che accedono alle strutture sanitarie per trovare i pazienti. La mascherina di protezione è obbligatoria per chi lavora, per i pazienti e i visitatori di strutture socio-sanitarie, socio- assistenziali, di lungodegenza, riabilitativa, strutture residenziali per anziani o persone non autosufficienti, ambulatori e aree assistenziali dei distretti sanitari di base.

Covid: in Turchia scoperti i primi casi della variante ‘Eris’

Nove casi di positività alla variante ‘Eris’ del virus Covid-19 sono stati rilevati in Turchia. Lo ha fatto sapere il ministro della Sanità Fahrettin Koca, come riporta la tv di Stato Trt, affermando che la variante è stata rilevata in persone che hanno avuto contatti con persone arrivate dall’estero o si sono recate all’estero. “Questo sviluppo non può essere considerato motivo di preoccupazione”, ha detto Koca affermando che Ankara “proteggerà gli anziani e i malati cronici”.

Covid, nuovi sospetti su Wuhan. Ordine Medici Napoli: lacerante credere sia stata negata verità

“Troppo spesso i segreti di Stato restano in una zona grigia, in un limbo di incertezza che li trasforma in verità nascoste che tutti conoscono, ma che nessuno può affermare con certezza. Se quanto sta emergendo sul Covid dovesse risultare vero, anche solo in parte, sarebbe gravissimo. Da medico e da cittadino credo che questo vada ben oltre ogni segreto che sino ad oggi possa essere stato celato agli occhi del mondo”.

Bruno Zuccarelli, presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, commenta con sgomento la notizia rilanciata in Italia dal quotidiano La Stampa per la quale la Central Intelligence Agency si sarebbe offerta “di pagare alcuni analisti per insabbiare le loro scoperte, ovvero che il Covid-19 era molto probabilmente fuoriuscito dal famoso laboratorio di Wuhan”.

“Una notizia – ne è consapevole Zuccarelli – che dovrà essere supportata da prove schiaccianti per affermarsi come verità a livello planetario, perché nessuno di noi sarà mai pronto a crederci sino a quando sarà, eventualmente, impossibile continuare a credere ad una mutazione naturale”. Il presidente dei Medici di Napoli, ricorda con commozione come più di 400 colleghi in Italia e più di 40 solo a Napoli e provincia, siano morti combattendo il Covid a mani nude.

“Pensare che quel mostro possa essere stato creato in laboratorio e che non sia frutto di una mutazione naturale è lacerante”, dice. Per questo l’appello, ma è più giusto dire la speranza, è che «la verità sul Covid emerga con chiarezza; qualunque essa sia. Lo meritano le famiglie distrutte da questa pandemia e lo meritano i colleghi e tutti gli operatori sanitari che in tutto il mondo sono morti per salvare vite”.

Spallanzani, più casi Covid, serve nuovo sistema monitoraggio

“Nelle ultime settimane c’è una ripresa dei casi per l’emergere delle nuove sottovarianti e per gli effetti della stagione estiva, gran parte sono infezioni lievi. La malattia per la persona giovane adulta e sana è clinicamente non rilevante. Al contrario, nei fragili, grandi anziani e immunodepressi, il Covid rimane un problema. Per questo si dovrebbe passare ad un monitoraggio che si concentri sui casi ricoverati in ospedale, sui casi gravi”. Lo afferma Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell’INMI Spallanzani che aggiunge: “il monitoraggio oggi si focalizzi non tanto sull’infezione ma sulla malattia”.

 

Risulta positiva al Covid e picchia l’infermiera

Una donna risultata positiva al Covid aggredisce l’infermiera che l’aveva ‘scoperta’ e poi avrebbe persino tentato di contagiare i presenti tossendo loro in faccia. A riferire l’episodio, avvenuto poco prima di mezzogiorno nel pronto soccorso di Villa dei Fiori, ad Acerra (Napoli), è l’associazione “Nessuno Tocchi Ippocrate” su Facebook.

Ecco la ricostruzione dei fatti pubblicata dall’associazione, impegnata da anni nel denunciare le violenze contro il personale sanitario in Campania. Al pronto soccorso di Villa dei Fiori ad Acerra giunge una donna che riferisce di avere una colica renale e non dichiara al personale di triage di avere la febbre, comunicandolo solo all’ingresso del box visite al cospetto del medico. Viene fatto immediatamente un tampone e la paziente risulta positiva al Covid. L’infermiera di triage riferisce al camice bianco l’omissione da parte della donna e quest’ultima aggredisce la giovane con schiaffi all’altezza del collo e del braccio. “Non contenta, la donna incomincia, per dispetto, a tossire in faccia a tutti i presenti allo scopo di contagiarli”, racconta ancora l’associazione. Nel post viene anche sottolineato che l’infermiera vittima dell’aggressione è intenzionata a recarsi in commissariato per sporgere una denuncia, “visto che Villa dei Fiori è ancora sprovvista di un drappello della polizia”.

I risultati dello studio Neuro-COVID Italy sulle complicanze neurologiche di COVID-19

Disturbi neurologici meno frequenti e nella maggioranza dei casi, risolti, spesso anche in tempi brevi, nelle ondate pandemiche successive alla prima. Questi gli esiti dello studio Neuro-COVID Italy, promosso dalla Società Italiana di Neurologia (SIN), recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Neurology, giornale ufficiale della American Academy of Neurology.

I disturbi neurologici associati all’infezione da COVID-19, chiamati collettivamente con il termine “neuro-COVID”, sono tra gli aspetti più allarmanti, controversi e meno compresi della recente pandemia. Si tratta di sintomi e malattie diverse – dall’encefalopatia acuta (ovvero un grave stato confusionale, con disorientamento e allucinazioni) fino all’ictus ischemico, l’emorragia cerebrale, le difficoltà di concentrazione e memoria, la cefalea cronica, la riduzione dell’olfatto e del gusto, alcune forme di epilessia e di infiammazione dei nervi periferici. 

Il progetto Neuro-COVID Italy ha coinvolto 38 unità operative di Neurologia in Italia e nella Repubblica di San Marino ed è stato coordinato dal Prof. Carlo Ferrarese, direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Milano-Bicocca presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.

Lo studio, ideato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano (Prof. Vincenzo Silani e Alberto Priori, rispettivamente direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Auxologico IRCCS e direttore della Clinica Neurologica III, Polo Universitario San Paolo) e di Milano-Bicocca (Prof. Carlo Ferrarese), è stato presentato al Comitato Etico di Auxologico IRCCS a Milano il 26 Marzo 2020, ed è durato per un periodo di 70 settimane, da Marzo 2020 fino a Giugno 2021, con un successivo follow-up fino a Dicembre 2021.

Su quasi 53000 pazienti ospedalizzati per COVID-19, circa 2000 pazienti erano affetti da disturbi neuro-COVID e sono stati seguiti per almeno 6 mesi dopo la diagnosi, per analizzare l’evoluzione dei disturbi. 

«Lo studio Neuro-COVID Italy è stato un grande lavoro di squadra, svolto con impegno e dedizione da 160 neurologi impegnati in prima linea durante il periodo più duro della pandemia – afferma Carlo Ferrarese, coordinatore dello studio. «Lo studio è stato promosso dalla Società Italiana di Neurologia, che fin dall’inizio ha supportato tutte le attività di ricerca».

Il dott. Simone Beretta, neurologo presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza e primo autore dello studio sottolinea l’importanza dei risultati ottenuti: «Un primo dato importante è che i disturbi neuro-COVID sono diventati gradualmente meno frequenti ad ogni successiva ondata pandemica, passando da circa l’8 per cento della prima ondata a circa il 3 per cento della terza ondata. Questo indipendentemente dalla severità respiratoria del virus e prima dell’arrivo dei vaccini. La ragione più probabile di questa riduzione sembra quindi legata alle varianti stesse del virus, che passando da quella originale di Wuhan fino a Delta hanno reso il virus meno pericoloso per il sistema nervoso. Con la variante Omicron e l’uso dei vaccini, la situazione è andata ulteriormente migliorando e i disturbi neuro-COVID sono ora diventati molto rari».

Un secondo dato, riguarda il recupero neurologico nei mesi successivi all’infezione, come spiega il professore Carlo Ferrarese: «In oltre il 60 per cento dei pazienti c’è stato una risoluzione completa dei sintomi neurologici oppure la persistenza di sintomi lievi, che non impediscono le attività della vita quotidiana. Questa percentuale arriva a oltre il 70 per cento per i pazienti in età lavorativa, tra i 18 e i 64 anni».

«Non bisogna però dimenticare che – prosegue Ferrarese – in circa il 30 per cento dei pazienti, i sintomi neurologici sono durati oltre i 6 mesi dall’infezione. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda i pazienti con ictus associato all’infezione da COVID, che nelle prime ondate sono stati gravati anche da una elevata mortalità intraospedaliera. Ma anche per i disturbi cognitivi, della concentrazione e della memoria, la risoluzione dei sintomi è stata molto più lenta rispetto ad altre condizioni neurologiche, tanto da rientrare in quella che è stata chiamata sindrome long-COVID. Questa nuova sindrome è attualmente seguita in molti centri neurologici coinvolti nello studio».

Il Professor Alberto Priori, direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia e della Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Milano presso il Polo Universitario San Paolo alla ASST Santi paolo e Carlo di Milano, che con i suoi collaboratori ha descritto per primo i disturbi cognitivi associati al COVID, rileva inoltre che «se, quando e quanto l’infezione da Sars-Cov-2 potrà determinare un incremento del rischio di patologie neurologiche ad essa correlate a distanza di anni rimane ovviamente da essere studiato. Visti i dati della pandemia appena finita, i numeri potrebbero ipoteticamente essere importanti. Ciò implica che i sistemi sanitari europei oltre che le società scientifiche dovranno monitorare attentamente il quadro neuro-epidemiologico e dedicare sin da ora risorse specifiche a tale osservazione nel tempo».

«Lo studio Neuro-COVID Italy ci rende orgogliosi – conclude Vincenzo Silani – per avere intuito precocemente il coinvolgimento del sistema nervoso nella pandemia legata al COVID ed avere così determinato la raccolta dei dati nella penisola tracciando una prima valutazione dell’impatto neurologico in acuto e nel lungo termine della pandemia».