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Record trapianti nel 2023 ma in 8mila in lista d’attesa

Record di trapianti d’organo in Italia nel 2023, con 4mila interventi effettuati e 2mila donazioni, ma non è ancora abbastanza: i pazienti in attesa di un trapianto sono oltre 8mila e troppi restano i ‘no’ alla donazione. ‘Dichiara il tuo Sì in Comune’ è dunque il messaggio al centro della ventisettesima Giornata nazionale per la donazione di organi e tessuti: per ricordare a tutti i cittadini che il proprio assenso alla donazione può essere dato al momento del rinnovo della carta d’identità. Un atto che è “una scelta di vita”, ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci. In questo momento, ricordano ministero della Salute e Centro nazionale trapianti (Cnt), circa 6mila pazienti stanno aspettando un nuovo rene, poco meno di un migliaio un fegato, circa 700 un cuore, oltre 200 un polmone e altrettanti un pancreas. Nonostante lo scorso anno il numero delle donazioni di organi abbia superato per la prima volta quota 2mila, permettendo la realizzazione di quasi 4.500 trapianti (oltre il 15% in più del 2022), il numero degli organi che si rendono disponibili non è ancora sufficiente ad assicurare il trapianto a tutti i pazienti che ne hanno bisogno. “La ricerca nel campo dei trapianti sta andando velocissima, lo abbiamo dimostrato anche in Italia con il grande sviluppo della donazione a cuore fermo, ma l’innovazione non basta”, afferma il direttore del Cnt Giuseppe Feltrin. “La speranza di chi aspetta un organo resta legata alla scelta della donazione, eppure ancora oggi circa un terzo dei cittadini che registrano la loro volontà sceglie di negare il consenso al prelievo. Dietro queste remore, comprensibili, a volte però c’è poca conoscenza del tema. Per questo è importante informarsi per prendere una decisione consapevole: donare gli organi è una scelta sicura, che non costa nulla a chi la compie ma che salva la vita di chi ne beneficia”. Donare gli organi è” una scelta naturale, un gesto che può fare la differenza per chi oggi aspetta un trapianto. Quando rinnoviamo la carta d’identità, facciamo una scelta di vita e diciamo Sì alla donazione”, è l’invito del ministro Schillaci. Il nostro sistema trapianti, ricorda, “è all’avanguardia per la qualità delle prestazioni erogate e per la capacità di cura e assistenza, ed è già proiettato verso le principali sfide tecnologiche e organizzative”. Eppure, rileva il ministro, “senza il Sì alla donazione, anche il sistema più avanzato dal punto di vista tecnologico non potrebbe procedere al trapianto”. E ancora: “Senza quel Sì, gli sforzi dei nostri medici, infermieri e operatori sanitari, a cui rinnovo il mio ringraziamento, sarebbero vani”. Proprio per incentivare le donazioni, è ai nastri di partenza una grande campagna di sensibilizzazione: sarà attuata negli Uffici anagrafe ed è promossa dal ministero della Salute e dal Cnt. Entro aprile, verranno inviati a circa 900 uffici anagrafe dei 500 comuni più popolosi d’Italia dei nuovi allestimenti informativi (roll-up, manifesti e locandine) grazie ai quali i cittadini in attesa di rinnovare il documento d’identità potranno ricevere informazioni verificate sulla donazione, in modo da compiere una scelta consapevole quando arriva il proprio turno allo sportello. L’iniziativa proseguirà anche nei mesi seguenti ed entro la fine dell’anno saranno 1.500 le sedi anagrafiche e oltre 1.100 i comuni raggiunti, con una copertura territoriale di quasi 40 milioni di cittadini residenti. Ministero e Cnt ricordano che oltre al momento del rinnovo della carta d’identità, si può dichiarare il proprio Sì alla donazione anche iscrivendosi all’Aido, oppure presso gli appositi sportelli delle Asl, e infine anche solo scrivendo la propria volontà su un foglio di carta semplice datato e firmato da portare con sé. Rispetto ai numeri delle donazioni nel 2023, tra le città con oltre 100mila abitanti primeggia per il terzo anno consecutivo Trento, con una percentuale di consensi del 78,1%. Seguono Verona e Sassari. In calo invece le 4 città maggiori: Milano è 24ma (era 16ma), Torino passa dal 29mo al 31mo posto e Roma dal 32mo al 33mo

La Campania ancora maglia nera per l’obesità infantile

Focus a Napoli nel corso del congresso nazionale della Sicp: il 44,2% dei bambini è in sovrappeso o obeso e in Italia crescono gli interventi di chirurgia bariatrica La Campania si conferma maglia nera per obesità infantile: in base agli ultimi dati disponibili, quasi un bambino su due ha problemi di sovrappeso o di obesità.

A certificare il triste primato sono le cifre fornite dallo studio Okkio alla salute, il sistema di sorveglianza promosso e finanziato dal Ministero della Salute. Il tema dell’obesità infantile è uno dei principali focus del 53° congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, che si è aperto oggi a Napoli, presso il complesso di Santa Patrizia dell’Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’. La prevalenza cumulativa di sovrappeso e obesità nei bambini italiani di età compresa tra i 6 e i 9 anni è del 32,2%, l’obesità è al 9,4 % e l’obesità grave è al 2,4%. In Campania si registra il 12,6% di obesità, il 6,2% di obesità grave e il 25,4% di sovrappeso, per un totale del 44,2%. Negli adolescenti di età compresa tra 11 e 15 anni, invece, la prevalenza di sovrappeso e obesità in Campania è del 31,6%, a fronte del 22,4% del dato nazionale. Con il suo 44,2%, quindi, la Campania detiene il dato peggiore in Italia, seguita a stretto giro dalla Calabria, con il 42%. A livello nazionale, invece, un terzo dei bambini tra i 6 e i 9 anni di età è già obeso o in sovrappeso. Con lo scoppio della pandemia, la situazione è ulteriormente peggiorata e la letteratura scientifica ha iniziato a parlare di ‘covibesity’, mettendo in correlazione lockdown e obesità infantile. “Il Covid sicuramente ha portato all’aumento dei casi di obesità infantile – sottolinea Alfonso Papparella, professore ordinario dell’Università degli studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ e presidente del congresso – in quanto ha costretto a una maggiore sedentarietà soggetti che già avevano difficoltà a mantenere uno stile di vita attivo. Oggi l’Oms stima che ci sono 340 milioni di bambini e adolescenti, dai 5 ai 19 anni, che soffrono di un eccesso di peso, una percentuale che è praticamente raddoppiata dall’inizio degli anni ’70 a oggi”. Ciò che ha fatto degenerare la situazione negli anni, è stata la rapida e progressiva diffusione di cibi che sono ricchi di zuccheri e di grassi: ecco perché la diffusione nelle scuole di una corretta educazione alimentare è molto importante. “Per l’obesità infantile serve un approccio multidisciplinare che vede in unico team lo psicologo, il pediatra, il nutrizionista, l’endocrinologo pediatra e il chirurgo pediatra. Quando la terapia dietetica e nutrizionale non funziona, quando il cambiamento dello stile di vita, incrementando l’attività fisica, non è sufficiente, anche in età pediatrica si può intervenire con la chirurgia bariatrica”, spiega ancora il presidente del congresso a cui partecipa, tra gli altri, il professore Francesco Penta De Peppo che al Bambin Gesù di Roma, dal novembre del 2012 a oggi, ha effettuato 235 interventi di sleeve gastrectomy. “Questa tecnica – prosegue Papparella – è indicata per quei pazienti che hanno un indice di massa corporea superiore a 40kg per metro quadro, soprattutto in casi di comorbilità di patologie come diabete e ipertensione. Oltre all’approccio tradizionale all’obesità, oltre alla possibilità di un trattamento endoscopico con l’uso di device intragastrici, la figura del chirurgo pediatra sta acquisendo un ruolo sempre più fondamentale per la cura di alcuni pazienti”.