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Oms, cala a 1,25 miliardi il numero di fumatori nel mondo

Continua a calare il numero di fumatori nel mondo. Secondo l’ultimo rapporto redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (‘WHO global report on trends in prevalence of tobacco use 2000-2030’) sono 1,25 miliardi, circa 1 adulto su 5. Si tratta di un numero ancora molto alto, che, tuttavia, corrisponde a un calo di circa il 30% rispetto a 20 anni fa. “L’uso del tabacco continua a rappresentare una grave minaccia potenzialmente evitabile per la salute pubblica in tutto il mondo. Questa minaccia riguarda non solo quanti usano direttamente il tabacco, ma anche chi sceglie di non usare tabacco ma che potrebbero essere esposte a residui di tabacco e fumo dannosi”, si rileva nel rapporto, che ha analizzato l’andamento del consumo del tabacco in 150 Paesi del mondo proiettando le tendenze fino al 2030. Secondo l’analisi, nel 2000 circa la metà dei maschi con più di 15 anni (49,1%) consumava almeno un prodotto derivato dal tabacco. Nel 2020 si era raggiunto il 35,5%. Se il trend si manterrà stabile, si potrebbe raggiungere il 30,6% nel 2030, secondo le proiezioni Oms. Per quel che riguarda le donne, era fumatrice il 16,3% della popolazione femminile adulta nel 2000; la percentuale è scesa al 7,9 nel 2020 e potrebbe raggiungere il 5,7% nel 2030. Tra i trend osservati preoccupa l’avvicinamento al tabacco da parte dei minori. Secondo il rapporto, circa un adolescente su 10 tra i 13 e i 15 anni (il 9,7% pari a circa 37 milioni) consuma prodotti derivati del tabacco. “Negli ultimi anni sono stati compiuti buoni progressi nel controllo del tabacco, ma non c’è tempo per l’autocompiacimento”, dice in una nota Ruediger Krech, direttore del dipartimento di Promozione della salute dell’Oms. “Nel momento in cui un governo pensa di aver vinto la lotta contro il tabacco, l’industria del tabacco coglie l’opportunità di manipolare le politiche sanitarie e vendere i suoi prodotti letali”.

Ogni 7 secondi nel mondo muore una donna o un neonato durante gravidanza o parto

Secondo un nuovo rapporto di OMS, UNICEF e UNFPA, i progressi globali nella riduzione delle morti di donne in gravidanza, madri e neonati sono rimasti fermi per otto anni a causa della diminuzione degli investimenti nella salute materna e neonatale. Il rapporto mostra che oltre 4,5 milioni di donne e neonati muoiono ogni anno durante la gravidanza, il parto o le prime settimane dopo la nascita – il che equivale a un decesso ogni 7 secondi – per lo più per cause prevenibili o curabili se fosse disponibile un’assistenza adeguata.

Il rapporto, intitolato Improving maternal and newborn health and survival and reducing stillbirth (Migliorare la salute e la sopravvivenza materna e neonatale e ridurre il numero dei bambini nati morti), esamina i dati più recenti su questi decessi – che presentano fattori di rischio e cause simili – e tiene traccia della fornitura di servizi sanitari di base. Complessivamente, il rapporto mostra che i progressi nel miglioramento della sopravvivenza sono stagnanti dal 2015, con circa 290.000 morti materne ogni anno, 1,9 milioni di nati morti – bambini che muoiono dopo 28 settimane di gravidanza – e uno sconcertante numero di 2,3 milioni di morti neonatali, ovvero morti nel primo mese di vita.

“Le donne in gravidanza e i neonati continuano a morire a tassi inaccettabilmente alti in tutto il mondo e la pandemia da COVID-19 ha creato ulteriori ostacoli nel fornire loro l’assistenza sanitaria di cui hanno bisogno”, ha dichiarato Anshu Banerjee, Direttore della Salute materna, neonatale, infantile e adolescenziale e dell’invecchiamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “Se vogliamo vedere risultati diversi, dobbiamo fare le cose in modo diverso. È necessario investire di più e in modo più intelligente nell’assistenza sanitaria di base, affinché ogni donna e ogni bambino, indipendentemente dal luogo in cui vivono, abbiano le migliori possibilità di salute e sopravvivenza”.

La pandemia da COVID-19, l’aumento della povertà e il peggioramento delle crisi umanitarie hanno intensificato le pressioni sui sistemi sanitari in affanno. Dal 2018, più di tre quarti di tutti i Paesi colpiti da conflitti e dell’Africa subsahariana hanno registrato un calo dei finanziamenti per la salute materna e neonatale. Solo 1 Paese su 10 (su oltre 100 presi in esame) riferisce di avere fondi sufficienti per attuare i propri piani attuali. Inoltre, secondo l’ultima indagine dell’OMS sull’impatto della pandemia sui servizi sanitari essenziali, circa un quarto dei Paesi segnala ancora interruzioni nell’assistenza essenziale alla gravidanza e al postnatale e nei servizi per i bambini malati.

“Come troppo spesso accade, la vulnerabilità, la paura e la perdita non sono distribuite equamente in tutto il mondo”, ha dichiarato Steven Lauwerier, Direttore sanitario dell’UNICEF (a.i.). “Dopo la pandemia da COVID-19, i neonati, i bambini e le donne che erano già esposti a minacce per il loro benessere, soprattutto quelli che vivono in paesi fragili e in situazioni di emergenza, stanno affrontando le conseguenze più pesanti della diminuzione della spesa e delle azioni per fornire un’assistenza sanitaria di qualità e accessibile”.

Le carenze di fondi e i mancati investimenti nell’assistenza sanitaria di base possono devastare le prospettive di sopravvivenza. Ad esempio, mentre la prematurità è oggi la causa principale di tutti i decessi al di sotto dei cinque anni a livello globale, meno di un terzo dei Paesi riferisce di avere unità di assistenza neonatale sufficienti per curare i bambini piccoli e malati. Nel frattempo, circa due terzi delle strutture per il parto d’emergenza nell’Africa sub-sahariana non sono considerate pienamente funzionanti – il che significa che non dispongono di risorse essenziali come medicinali e forniture, acqua, elettricità o personale per l’assistenza 24 ore su 24.

Nei Paesi più colpiti dell’Africa subsahariana e dell’Asia centrale e meridionale – le regioni con il maggior carico di morti neonatali e materne – meno del 60% delle donne riceve anche solo quattro degli otto controlli prenatali raccomandati dall’OMS.

“La morte di qualsiasi donna o ragazza durante la gravidanza o il parto è una grave violazione dei loro diritti umani”, ha dichiarato Julitta Onabanjo, Direttore della Divisione Tecnica del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA). “Riflette anche l’urgente necessità di aumentare l’accesso a servizi di qualità per la salute sessuale e riproduttiva come parte della copertura sanitaria universale e dell’assistenza sanitaria di base, soprattutto nelle comunità in cui i tassi di mortalità materna sono rimasti invariati o addirittura aumentati negli ultimi anni. Dobbiamo adottare un approccio basato sui diritti umani e di modifica degli squilibri di genere per affrontare la mortalità materna e neonatale, ed è fondamentale eliminare i fattori alla base dei cattivi risultati della salute materna, come le disuguaglianze socio-economiche, la discriminazione, la povertà e l’ingiustizia”.

Per aumentare i tassi di sopravvivenza, le agenzie affermano che le donne e i neonati devono poter contare su un’assistenza sanitaria di qualità e a prezzi accessibili prima, durante e dopo il parto, nonché sull’accesso ai servizi di pianificazione familiare. Sono necessari più operatori sanitari qualificati e motivati, soprattutto ostetrici, oltre a farmaci e forniture essenziali, acqua sicura ed elettricità affidabile. Il rapporto sottolinea che gli interventi dovrebbero essere rivolti in particolare alle donne più povere e a quelle in situazioni di vulnerabilità, che hanno maggiori probabilità di non ricevere cure salvavita, anche attraverso una pianificazione e investimenti fondamentali a livello subnazionale.