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Più occupati e speranza di vita, peggiora la sanità

Aumenta il benessere generale in Italia: stando al Rapporto presentato dall’Istat, poco più della metà dei 129 indicatori (su 152) per cui è possibile il confronto “sono migliorati, rispetto all’anno precedente, il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile”. Meno positiva, invece, la performance sui fronti dell’ambiente, in particolare sul clima, e della sicurezza, specie per la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive. Il documento sul Benessere equo e sostenibile (Bes) offre “una lettura approfondita dei livelli, delle tendenze e delle disuguaglianze”, segnalando, tra l’altro, che la speranza di vita, nel 2023 “è pari a 83,1 anni, in aumento rispetto al 2022 (82,3)”, un dato con cui si “recupera quasi del tutto il livello del 2019 (83,2 anni)”; l’aspettativa di vita in buona salute nel 2023 è pari a 59,2 anni e si riduce rispetto ai 60,1 anni del 2022. Sempre lo scorso anno, inoltre, “prosegue l’aumento del numero di occupati tra i 20 e i 64 anni (+404.000 unità, +1,8% rispetto al 2022)”. Nel 2021, va avanti il dossier, in Italia “il tasso di mortalità per tumori della popolazione adulta di 20-64 anni è pari a 7,8 per 10.000 residenti e si è ridotto rispetto a quanto osservato nel 2020 (8,0 per 10.000 residenti)”. Ma sulla sanità non mancano i problemi. Sono stati circa 4,5 milioni nel 2023 i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di lista di attesa o difficoltà di accesso, il 7,6% della popolazione, in aumento rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019, probabilmente per recupero delle prestazioni sanitarie differite per il Covid-19 e difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria. Tuttavia, “si osservano disuguaglianze socioeconomiche anche per la mortalità per tumori della popolazione adulta, con uno svantaggio che aumenta al diminuire del livello di istruzione”, e “sono più marcate nei maschi, dove gli individui meno istruiti hanno una mortalità 2,1 volte maggiore dei più istruiti, nelle femmine tale rapporto scende a 1,4”, si legge ancora nel documento. Continua a salire, poi, il divario tra uomini e donne in termini di soddisfazione per la vita: se “nel 2019 la differenza tra percentuale di ‘molto soddisfatti’ e di ‘molto soddisfatte’ era di 2,6 punti, nel 2023 raggiunge 3,9 punti con il 48,7%” della componente maschile che si dichiara ‘molto soddisfatta’, a fronte del 44,8% di quella femminile. Infine, globalmente, fa sapere l’Istituto di statistica, nello Stivale si guarda, comunque, “al futuro con maggiore ottimismo, se si è occupati (il 37,5% dice che la propria vita migliorerà) e, in particolare, se si è dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, direttori, quadri, impiegati”, tuttavia, rimarca il documento, “anche tra chi è in cerca di nuova occupazione gli ottimisti sono il 37,7%”.

Istat: Molise, in aumento speranza di vita alla nascita. Campania la peggiore

Nel 2022 la speranza di vita alla nascita per gli uomini molisani è di 79,6 anni, in leggero aumento rispetto al precedente anno, immutata quella delle donne, 84,4 anni. Lo rileva l’Istat. Nel 2022 l’indicatore evidenzia un valore di 80,6 anni per gli uomini e di 84,8 anni per le donne a livello nazionale. Rispetto al 2021, fa sapere l’Istituto di statistica, solo gli uomini presentano progressi, grazie a un incremento di circa 4 mesi di vita in più. Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano però ancora più bassi rispetto a quelli del periodo pre-pandemico, con una speranza di vita alla nascita inferiore di circa 6 mesi rispetto al 2019, sia tra gli uomini sia tra le donne. Il Mezzogiorno evidenzia incrementi sul 2021 in linea con quelli del Centro, ma rivela al suo interno una situazione più eterogenea. In alcune sue regioni si registrano incrementi superiori al mezzo anno di vita, in Puglia e in Molise, in quest’ultimo caso limitatamente agli uomini, in altre si assiste a un peggioramento della situazione, in particolare in Sardegna, dove gli uomini perdono circa mezzo anno di vita e le donne circa uno. La Campania, con valori della speranza di vita alla nascita di 79 anni per gli uomini e di 83,1 per le donne, resta la regione dove si vive meno a lungo.

Nel 2022 cresce povertà assoluta, oltre 2 milioni famiglie. Più alta al Sud

Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie, l’8,3% del totale rispetto al 7,7% del 2021. Lo rileva l’Istat nel suo report annuale sulla povertà. Nella stessa condizione si trovano oltre 5,6 milioni di individui, in aumento di 357mila unità, passando così dal 9,1% del 2021 al 9,7%. L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,7% da 10,1%), in particolare al Sud arriva all’11,2%, seguono il Nord-est (7,9%) e il Nord-ovest (7,2%). “Questo peggioramento – segnala l’istituto – è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione”.

L’intensità della povertà assoluta, che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà, mostra una leggera riduzione a livello nazionale, al 18,2% dal 18,9% del 2021. Sostanzialmente stabile al Nord – segnala l’Istat – in riduzione nel Centro (17,1% dal 18,2% del 2021), e nel Mezzogiorno (19,3% dal 20,7% del 2021). La crescita dell’incidenza a livello individuale osservata nel 2022 vede un aumento più accentuato nel Mezzogiorno, da 11,8% a 12,7%, e soprattutto nelle Isole, da 10% all’11,3%. Cresce anche al Nord, da 7,7% a 8,5%; in aumento sia nel Nord-ovest (da 7,5% a 8,3%) che nel Nord-est (da 8,1 a 8,8%). Fa eccezione il Centro dove l’incidenza individuale è stabile. Il Mezzogiorno conta oltre 2 milioni 500mila individui in povertà assoluta contro circa 2 milioni 298mila individui in povertà assoluta residenti nelle regioni del Nord.