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L’olio per San Gennaro lo porteranno i donatori di sangue

Nel pomeriggio del prossimo 18 settembre, vigilia della Solennità di San Gennaro, non sarà una Diocesi della Campania, come è nella tradizione, ad offrire l’olio per alimentare, lungo un anno, la lampada votiva che arde davanti alle reliquie di San Gennaro, ma saranno i donatori di sangue organizzati dall’Asl Napoli 1 Centro. “Tale significativa novità – si sottolinea in una nota – è nata dal fatto che il nostro Arcivescovo Metropolita, don Mimmo Battaglia, nelle sue tante visite ai luoghi di cura del territorio diocesano ha avuto modo di registrare l’emergenza, sempre più grave, di mancanza di sangue e, quindi, di donatori generosi”. Per questo l’Arcivescovo ha voluto che, “durante questo tempo della festività gennariana e oltre, venissero date attenzione ed evidenza a questa criticità, in maniera da sensibilizzare l’opinione pubblica alla donazione di sangue, auspicando che fossero proprio i donatori di sangue ad offrire, tramite l’Azienda Sanitaria Napoli 1 Centro, territorialmente competente, ad offrire l’olio per la lampada votiva e, nel contempo, venisse predisposto, nei giorni dedicati alle celebrazioni per San Gennaro e nei luoghi di festa, un centro di raccolta del sangue da parte di storici e nuovi donatori”. Alla luce delle particolari indicazioni dell’arcivescovo don Mimmo Battaglia, il responsabile del settore liturgico della Diocesi, monsignor Nicola Longobado, ha indirizzato una lettera/proposta al direttore generale dell’Asl, Ciro Verdoliva, “il quale con entusiasmo ha condiviso l’iniziativa e ha accolto la richiesta, attivando tutti gli adempimenti necessari ai fini della raccolta di sangue e dell’offerta dell’olio a San Gennaro, che col suo sangue continua a proteggere quanti, con devozione e fede, chiedono a Lui intercessione e protezione, a Napoli, in Campania e nel mondo”.

Identificata una proteina responsabile di Leucemie. Sarà un potenziale bersaglio per le cure farmacologiche

Identificata una proteina responsabile dello sviluppo delle leucemie. Una proteina che potrebbe diventare quindi un bersaglio di terapie farmacologiche, rendendo questo tipo di tumore sempre più curabile.

In uno studio italiano condotto dai ricercatori del laboratorio di epigenetica presso il Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università Vanvitelli, coordinati dalla professoressa Lucia Altucci, in collaborazione con BIOGEM e un team di ricercatori olandesi, è stata identificata una nuova proteina coinvolta nell’insorgenza e nella progressione della Leucemia mieloide acuta (AML). La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista “Molecular cancer”.

La proteina si chiama CBX2 ed appartiene ad una classe di proteine epigenetiche cosiddette regolatori epitrascrizionali.  CBX2 funziona come un interruttore molecolare che, quando presente, è capace di “intrappolare” specifiche regioni del DNA (fenomeno conosciuto come condensazione del DNA) che diventano inaccessibili ai comuni fattori trascrizionali, non permettendo la trascrizione di geni in esse contenuti.

Nello studio, i ricercatori hanno osservato che le cellule leucemiche mostrano livelli di CBX2 più alti rispetto alle cellule normali ed hanno associato l’elevata espressione di CBX2 con le caratteristiche distintive del cancro, valutando come questa iper-espressione fosse strettamente implicata nella sopravvivenza delle cellule leucemiche stesse.

In seguito, i ricercatori attraverso l’utilizzo di tecnologie genetiche all’avanguardia, hanno chiarito il meccanismo attraverso cui CBX2 favorisce lo sviluppo della leucemia.

“L’aumentata espressione di CBX2 nelle cellule tumorali- afferma Nunzio Del Gaudio, ricercatore dell’Università Vanvitelli e principale autore dello studio – intrappola diversi geni all’interno di regioni molto condensate della cromatina (DNA e proteine) impedendone la trascrizione. Sorprendentemente abbiamo osservato che molti di questi geni codificano per proteine aventi una forte attività antitumorale”.

I ricercatori hanno infine dimostrato come la riduzione dei livelli proteici di CBX2 nelle cellule tumorali fosse capace di inibire la proliferazione tumorale ed eccezionalmente innescare i meccanismi di morte cellulare programmata evasi dal tumore.

“Il nostro studio – afferma Lucia Altucci, docente dell’ateneo Vanvitelli –  identifica CBX2, come un nuovo potenziale bersaglio terapeutico per lo sviluppo di nuove terapie tumorali, inoltre, in laboratorio sono già in corso disegni sperimentali volti a sviluppare nuove molecole capaci di inibire l’attività di CBX2”.

Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Molecular cancer” annoverata tra le più importanti riviste mondiali in campo oncologico (fattore di impatto 41,44!!). Pertanto, i risultati dello studio pongono le basi per lo sviluppo di nuove terapie molecolari di precisone allo scopo di rendere il cancro sempre più curabile.