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Nuovo modello matematico per la diagnosi precoce dell’Alzheimer

Uno studio coordinato dall’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con l’Azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze ha sviluppato un nuovo metodo per ottenere la diagnosi precoce dell’Alzheimer: combinare l’elettroencefalogramma e i modelli matematici. La ricerca, pubblicata sulla rivista ‘Alzheimer’s & Dementia: Diagnosis, Assessment & Disease Monitoring (Dadm)’, ha l’obiettivo di trovare una diagnosi precoce del morbo di Alzheimer. La diagnosi di questa patologia, si ricorda dal Sant’Anna, arriva spesso solo quando i sintomi sono evidenti. “Il nuovo metodo, sviluppato grazie ai finanziamenti del progetto Preview della Regione Toscana coordinato dall’Aou Careggi e del progetto Pnrr Mnesys – si afferma dalla S.Anna -, può invece aiutare a formulare una diagnosi precoce basandosi solo sull’elettroencefalogramma”. “Abbiamo analizzato l’elettroencefalogramma di oltre 100 pazienti affetti da fasi prodromiche della malattia, quindi prima dell’insorgere dei sintomi – spiega Lorenzo Gaetano Amato, studente Phd dell’Istituto di biorobotica e primo autore dello studio – Basandoci su questa analisi abbiamo sviluppato un modello matematico in grado di simulare quello che avviene nel cervello dei pazienti”. Risolvendo le equazioni che descrivono l’evoluzione della malattia nel tempo, il modello matematico genera un elettroencefalogramma virtuale che i ricercatori hanno confrontato con i dati reali per determinare il grado di avanzamento della malattia di ogni paziente. “Il modello – aggiunge Amato – ci ha permesso di identificare la malattia prima dell’insorgenza dei sintomi, il tutto con un semplice esame non invasivo”. “Individuare le forme di malattia di Alzheimer in uno stadio molto precoce, anche nelle fasi minimamente sintomatiche – osserva Valentina Bessi, neurologa dell’Aou Careggi e coordinatrice del progetto Preview – rappresenta un target ideale per le future terapie in grado di cambiare il decorso della malattia”. “Siamo ormai in grado – conclude Alberto Mazzoni, ricercatore dell’Istituto di biorobotica e responsabile dello studio – di sviluppare non solo modelli matematici del cervello medio (che non esiste), ma modelli personalizzati dei cervelli individuali dei vari pazienti”.

Le ondate di calore aumentano i rischi per chi ha l’Alzheimer

Le persone con patologie neurodegenerative, e in particolare demenza e Alzheimer, potrebbero essere particolarmente a rischio a causa delle ondate di calore che, anche a causa del cambiamento climatico e del global warming, continuano ad aumentare.

Lo rileva uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Trieste, in collaborazione con docenti e neurologi dell’Environmental neurology specialty group della World federation of neurology, e pubblicato sulla rivista internazionale Current Alzheimer Research. Secondo lo studio, tra i vari effetti negativi che le patologie neurodegenerative possono avere sulle capacità cognitive e funzionali c’è anche una ridotta capacità di termoregolazione dell’organismo, soprattutto negli anziani. Per questo motivo, se sottoposti a forti ondate di calore, i malati di Alzheimer o quelli affetti da demenza potrebbero non riuscire a mantenere costante la temperatura del proprio corpo, esponendosi a rischi maggiori. Inoltre, il riscaldamento globale potrebbe essere indirettamente associato allo sviluppo di condizioni cliniche, tra cui malattie renali o infettive, che possono danneggiare ulteriormente i soggetti fragili.

Sotto l’aspetto fisiologico – emerge dallo studio – le persone con disturbi cognitivi e malattie neurodegenerative potrebbero essere colpite dal riscaldamento globale attraverso diversi meccanismi, come lo stress da calore che potrebbe comportare un aumento dell’eccitotossicità, dello stress ossidativo e della neuroinfiammazione. Se concomitanti, questi effetti potrebbero promuovere l’accumulo del peptide beta amiloide e della proteina tau, molecole ritenute i principali responsabili della malattia di Alzheimer. Inoltre, le persone con Alzheimer possono avere schemi circadiani alterati, cioè variazioni della temperatura corporea diverse da quelle fisiologiche e manifestare anomalie della termoregolazione. E’ stato ipotizzato – ricorda lo studio – che il forte aumento dei decessi tra le persone con gravi deficit cognitivi durante le precedenti ondate di calore potrebbe essere stato causato dall’incapacità di una persona di percepire le condizioni ambientali, la soglia della sofferenza e ascoltare i meccanismi di difesa fisiologici, tra cui la sete.

Inoltre, è stato evidenziato che alcuni trattamenti farmacologici possono influenzare alcune risposte termoregolatorie e in particolare la sudorazione.

 

Demenze: al via un’indagine nazionale sulle condizioni socio-economiche delle famiglie dei pazienti

E’ stata avviata un’indagine nazionale sulle condizioni sociali ed economiche dei circa 10 mila familiari dei pazienti con demenza: a partire da oggi 20 settembre 2022 è possibile compilare il questionario dedicato attraverso il seguente link. L’indagine, promossa dall’Osservatorio Demenze dell’ISS in collaborazione con l’Associazione Alzheimer Uniti Italia, viene presentata nel corso del convegno che si svolge in Campidoglio (vedi programma allegato) in occasione dell’imminente Giornata mondiale dell’Alzheimer (21 settembre). Ed è una delle numerose iniziative in cui l’Istituto è coinvolto, in collaborazione con le Regioni e le Province Autonome (PA), le società scientifiche e le associazioni dei pazienti, grazie al Decreto sul Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, pubblicato lo scorso 30 marzo sulla Gazzetta Ufficiale.

“E’ di fatto il primo finanziamento pubblico sulla demenza nella storia del nostro Paese e rappresenta, dopo il Progetto Cronos e la pubblicazione del Piano Nazionale delle Demenze (PND), la più grande operazione di sanità pubblica su questo tema – afferma Nicola Vanacore, responsabile dell’Osservatorio Demenze – . Il Fondo stanzia 14 milioni e 100.000 euro per le Regioni e le PA e 900.000 euro per l’ISS per l’esecuzione di una serie di attività progettuali orientate al perseguimento degli obiettivi dello stesso PND”.

Non è solo l’indagine a essere illustrata oggi in Campidoglio, ma anche tutte le altre iniziative in cui l’Osservatorio Demenze è impegnato in prima linea: dall’aggiornamento e integrazione della Linea Guida su diagnosi e trattamento, alla survey nazionale sulle strutture, dalla stima dei fattori di rischio per quantificare il numero di casi evitabili alla formazione per i professionisti sanitari fino alla promozione della cartella clinica informatizzata.

“Si tratta di una straordinaria occasione: un finanziamento specifico sulle demenze che giunge dopo quasi otto anni dalla pubblicazione del PND che, ricordiamo, non prevedeva alcun sostegno economico – prosegue Vanacore -. Un finanziamento che, oltretutto per la prima volta, contempla la ricerca sui trattamenti psico-educazionali, di riabilitazione cognitiva e di supporto ai caregiver, con l’obiettivo di perseguire l’appropriatezza degli interventi da trasferire nel sistema dell’assistenza”.

I progetti delle Regioni e delle Province Autonome su una o più delle cinque linee progettuali previste dal Decreto (diagnosi precoce – prima cioè dell’insorgenza della demenza, diagnosi tempestiva – quando la demenza è già evidente, telemedicina, tele-riabilitazione e trattamenti psicoeducativi, di stimolazione cognitiva e di supporto ai caregiver) verranno presentati in un altro convegno che si tiene il prossimo 26 settembre presso l’Istituto Superiore di Sanità. Un vero e proprio patrimonio di idee e progetti da condividere e implementare per cambiare in meglio la realtà assistenziale.

In Italia, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione (di cui circa 600.000 con demenza di Alzheimer) e circa tre milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nella loro assistenza, con conseguenze anche sul piano economico e organizzativo. Il fenomeno è in aumento per l’invecchiamento della popolazione. Secondo le proiezioni demografiche, riportate dal sito del Ministero della salute, sulla base dei trend attuali, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani, con aumento di tutte le malattie croniche legate all’età, e tra queste le demenze.