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Operazione “AutoGate”: Maxi frode fiscale da 11 milioni di euro smascherata nelle auto di lusso, coinvolte anche concessionarie umbre

Un’operazione di rilevanza nazionale, denominata “AutoGate”, ha scosso l’Umbria e altre regioni italiane, smascherando una presunta maxi frode fiscale da 11 milioni di euro nell’importazione e nella commercializzazione di auto di lusso provenienti dall’estero. L’indagine, condotta dalle Fiamme Gialle della compagnia di Cerignola, ha portato all’esecuzione di 7 misure cautelari personali e 4 provvedimenti di sequestro preventivo, su disposizione della Procura della Repubblica di Foggia.

Il meccanismo della frode, secondo l’accusa, coinvolgeva amministratori di concessionarie e agenzie pratiche auto, operanti non solo in Puglia e Basilicata ma anche in Umbria. Le indagini hanno preso il via da una verifica fiscale che ha evidenziato presunte irregolarità fiscali nell’importazione e nella vendita di 147 autovetture di prestigio, tra cui Lamborghini, Porsche, Audi, Bmw e Mercedes.

Gli organizzatori della frode avrebbero utilizzato fatture per operazioni inesistenti, firme false sulla documentazione per la richiesta di immatricolazione e documenti di identità contraffatti. Attraverso questo intricato meccanismo, avrebbero sottratto oltre 2,5 milioni di euro di IVA che avrebbe dovuto essere versata durante l’importazione dei veicoli.

La Procura della Repubblica di Foggia ha ottenuto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Foggia i provvedimenti cautelari eseguiti dalle Fiamme Gialle, portando al sequestro di 3 immobili, 9 autovetture, disponibilità finanziarie e quote societarie. Complessivamente, le indagini hanno portato alla denuncia di 21 persone, tra cui 12 rappresentanti legali di autoconcessionarie, inclusi quelli con sede in Umbria, e 5 titolari di agenzie di pratiche automobilistiche.

L’operazione “AutoGate” rappresenta un severo colpo contro il presunto sistema fraudolento, sottolineando l’impegno delle autorità nell’individuare e perseguire comportamenti illeciti nel settore dell’importazione di auto di lusso. La vicenda solleva interrogativi sulle misure di controllo e vigilanza necessarie per garantire la trasparenza e l’onestà nelle transazioni commerciali legate al settore automobilistico.

Frode nel ‘bonus facciate’ a Milano e Varese: sequestrate Ferrari e Lamborghini

Frode del bonus edilizia per comprare Ferrari e Lamborghini: scatta il sequestro. Gli indagati sono due: un 49enne di Legnano (Milano) e un 48enne residente a Uboldo (Varese). I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese e Milano hanno eseguito un decreto di sequestro emesso dal gip di Busto Arsizio, al termine di un’indagine che ha interessato un sistema di frodi nell’ambito del “bonus facciate”. In particolare, l’attività ha riguardato crediti indebitamente generati da una società edile e dal suo rappresentante legale con il sistema della sovrafatturazione per due milioni di euro. Gli investigatori hanno sequestrato 15 auto d’epoca e di lusso (Ducati, Honda, Vyrus e altre), 10.000 euro di quote della società e un orologio Rolex Yachtmaster in oro, trovato in una perquisizione, dal valore di circa 30.000 euro. Alla società sono state sequestrate diverse auto di lusso: Lamborghini Huracan STO, Ferrari 812 Superfast, Ferrari 488, Ferrari FF, Ferrari F8 e una da pista chiamata Radical, usate sia dal rappresentante legale per fini personali sia per un business che gli indagati stavano ideando nel noleggio delle auto in cui versare il provento della frode.

Reggio Emilia: operazione “Billions”

Eseguite questa mattina su tutto il territorio nazionale, 51 misure cautelari, di cui 22 in carcere, nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione criminale specializzata in frode fiscale, bancarotta e riciclaggio.

L’operazione denominata “Billions” è la conclusione di un’indagine della Squadra mobile di Reggio Emilia in collaborazione con il Servizio centrale operativo (Sco) e con il Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. Sono stati sequestrati beni per un valore di oltre 24 milioni di euro e tra gli arrestati anche un esponente di spicco della criminalità calabrese negli anni ’90.

L’organizzazione era specializzata nell’offrire “servizi” di emissione di fatture per operazioni inesistenti, consentendo così alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili.

Particolarmente articolata nei ruoli e nelle competenze, l’organizzazione criminale era specializzata anche nel riciclaggio di denaro, nell’autoriciclaggio e nella commissione di reati di bancarotta fraudolenta.

I capi gestivano dieci cellule operative che potevano contare su società di comodo (delle vere e proprie cartiere) per la emissione di fatture per operazioni inesistenti.

I vertici dell’organizzazione controllavano anche i “prelevatori” professionali di denaro da sportelli bancomat e i procacciatori di società interessate ad ottenere servizi finanziari illegali.

Infine, nel gradino più basso dell’organizzazione c’era una schiera di “prestanome” titolari di tante società “cartiere” che non avevano alcuna struttura aziendale e che servivano solo per produrre fatture false.

Gli investigatori sono riusciti a ricostruire una movimentazione di denaro di oltre 240 milioni di euro; di questi 50 sono stati movimentati con prelievi di denaro contante.  L’ammontare del giro di fatture false emesse è stato calcolato in 80 milioni di euro con un’imposta evasa quantificata in circa 24 milioni di euro.

Per prima cosa avveniva il pagamento integrale della fattura falsa da parte dell’impresa beneficiaria; poi questa disponibilità di denaro veniva prelevata in contanti dai “prelevatori”, individui pagati dall’organizzazione con il compito di recarsi presso vari uffici postali ed effettuare più prelievi.

Infine il denaro veniva consegnato ai capi dell’associazione che lo restituivano alle imprese beneficiarie, al netto di una commissione per il “servizio” prestato.

Tra i reati contestati anche l’autoriciclaggio che gli organizzatori effettuavano attraverso società create proprio per quello scopo. Gli investigatori hanno scoperto che gli indagati inviavano bonifici all’estero in favore di imprese comunitarie sempre controllate da loro stessi, giustificando i movimenti finanziari come pagamento di acquisti fittizi, i fondi così trasferiti, venivano poi reinvestiti in attività commerciali localizzate sempre all’estero e riconducibili all’organizzazione criminale.

Durante le indagini è stato accertato che gli indagati si sono resi responsabili anche di reati fallimentari; hanno portato al fallimento quattro società usate come cartiere, distraendo, in larga parte attraverso prelevamenti in contanti, complessivamente più di 7 milioni di euro.

Infine, e non da meno, tra gli indagati risultano anche 9 persone beneficiarie di reddito di cittadinanza per cui è stata chiesta la revoca e il recupero delle somme indebitamente percepite.

 

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