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Verdetto Atteso Oggi per Casa Montecarlo: Procura Chiede 8 Anni per Fini

Oggi è il giorno in cui verrà emessa la sentenza del processo riguardante Casa Montecarlo, un caso che ha coinvolto Gianfranco Fini. La procura di Roma ha richiesto una pena di otto anni di reclusione per l’ex presidente della Camera, imputato insieme alla compagna Elisabetta Tulliani, per la controversa operazione di compravendita di un appartamento a Montecarlo, risalente al 2008, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. I pm hanno inoltre chiesto una condanna a 9 anni per la compagna di Fini, Elisabetta Tulliani, e a 10 anni per il fratello Giancarlo Tulliani. Nel corso del processo, si contesta il solo reato di riciclaggio dopo che l’accusa di associazione a delinquere, precedentemente contestata ad altri imputati ma non a Fini, è stata dichiarata prescritta.

Nel corso di un’udienza precedente, il 18 marzo, Elisabetta Tulliani ha rilasciato una dichiarazione in cui ha sostanzialmente scaricato il fratello. Ha ammesso di aver nascosto a Gianfranco Fini la volontà di suo fratello di acquistare la casa a Montecarlo e di non aver mai comunicato a Fini la provenienza dei fondi, credendo che fossero di suo fratello. Ha definito il comportamento di Giancarlo Tulliani come una delle più grandi delusioni della sua vita, sperando di aver contribuito alla ricerca della verità con la sua testimonianza.

L’Avvocatura dello Stato ha invece richiesto l’assoluzione per Fini. Inizialmente, nel processo erano coinvolte anche altre persone, tra cui Francesco Corallo, noto come il “re delle Slot”, e il parlamentare Amedeo Laboccetta. Tuttavia, la prescrizione delle accuse è scattata per loro in seguito a una decisione dei giudici lo scorso 29 febbraio. Secondo l’accusa iniziale della Procura di Roma, i membri dell’associazione a delinquere mettevano in atto il riciclaggio di centinaia di milioni di euro, evadendo le tasse. Si ritiene che questi fondi, una volta riciclati, siano stati utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie, nonché per operazioni immobiliari che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani.

Il coinvolgimento di Fini nell’inchiesta è legato al suo presunto rapporto con Corallo, che secondo la Procura sarebbe alla base del patrimonio dei Tulliani. Questi ultimi avrebbero ricevuto ingenti somme di denaro su propri conti correnti, riconducibili a Corallo e destinate alle operazioni economiche dell’imprenditore. Fini ha dichiarato che questa vicenda è stata la più dolorosa per lui, affermando di essere stato ingannato da Giancarlo e Elisabetta Tulliani. Ha affermato di aver scoperto solo anni dopo che il proprietario della casa era Giancarlo Tulliani e di aver interrotto i rapporti con lui una volta appreso la verità.

L’inchiesta su Casa Montecarlo ha avuto inizio in seguito a una campagna mediatica nel 2010, a seguito della rottura tra Fini e Silvio Berlusconi. La divisione si è consumata durante un’assemblea del Pdl, quando Fini ha criticato Berlusconi per il suo atteggiamento nei confronti della magistratura. Questo episodio segna l’inizio della fine per il Pdl e per il governo Berlusconi. Fini ha poi fondato Futuro e Libertà, ma la formazione politica ha avuto vita breve a causa della mancanza di consensi.

La sentenza di oggi potrebbe avere profonde implicazioni per gli imputati coinvolti e potrebbe gettare ulteriori luce sui dettagli di questo caso controverso.

Mafia e riciclaggio di denaro, arresti in quattro regioni

Un’operazione antimafia della Guardia di finanza, denominata ‘Oleandro’, è in corso in Sicilia, Campania, Toscana e Friuli Venezia Giulia. Oltre 120 finanzieri del comando provinciale di Catania stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del capoluogo etneo su richiesta della Dda nei confronti di 15 indagati. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, usura, traffico e spaccio di stupefacenti e riciclaggio di denaro. Gli indagati complessivamente sono 26. Il provvedimento cautelare è in corso di esecuzione nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine.

Professionisti per riciclare denaro sporco, arresti e sequestri

Riciclava il denaro frutto di attività illecite grazie a professionisti compiacenti il gruppo criminale sgominato oggi dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, dal Scico e dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Napoli che hanno notificato in 8 province (Napoli, Bologna, Prato, Pistoia, Monza, La Spezia, Genova e Battipaglia) 25 misure cautelari e un sequestro da circa 8,4 milioni di euro emessi dal gip di Napoli su richiesta della DDA (Alessandra Converso e Maria Teresa Orlando). Dalle indagini è emerso che il gruppo criminale tra cui figurano anche soggetti legati alla criminalità organizzata, aveva investito il denaro sporco derivante dalle frodi fiscali e dalla contraffazione nell’abbigliamento di tendenza, nella ristorazione, nella vendita di orologi contraffatti e anche in altri settori economici. Tra i vari investimenti emersi anche la metà del capitale di una clinica per la cura dell’autismo, acquisita investendo di 3 milioni di euro. I reati contestati sono associazione per delinquere, ricettazione, detenzione e porto illegale di arma da fuoco in luogo pubblico, nonché di tentata estorsione e tentato omicidio aggravati dal metodo mafioso. Sono stati notificati tre arresti in carcere, nove agli arresti domiciliari e tredici all’obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.

Tra coloro che sono finiti ai domiciliari, figura anche il titolare di vari brand internazionali di abbigliamento giovanile. Dagli accertamenti è anche emerso che alcuni dei destinatari dei provvedimenti trasportavano armi clandestine con matricole abrase (sia armi comuni da sparo che armi da guerra). Gli investimenti dell’associazione a delinquere sgominata da finanzieri e carabinieri venivano supportati con immagini e commenti pubblicati, quasi quotidianamente, sui principali social network: il target era soprattutto di un pubblico giovanile, per pubblicizzare l’apertura di nuove linee commerciali ed enfatizzare un tenore di vita del tutto incompatibile con gli esigui redditi dichiarati al fisco. Alcuni indagati inoltre avrebbero preso parte anche ad altre vicende criminali, come la detenzione e il porto illegale di armi, la tentata estorsione e il tentato omicidio, aggravati dal metodo mafioso, ai danni di una persona in debito per un affare non andato a buon fine.

Reggio Emilia: operazione “Billions”

Eseguite questa mattina su tutto il territorio nazionale, 51 misure cautelari, di cui 22 in carcere, nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione criminale specializzata in frode fiscale, bancarotta e riciclaggio.

L’operazione denominata “Billions” è la conclusione di un’indagine della Squadra mobile di Reggio Emilia in collaborazione con il Servizio centrale operativo (Sco) e con il Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza. Sono stati sequestrati beni per un valore di oltre 24 milioni di euro e tra gli arrestati anche un esponente di spicco della criminalità calabrese negli anni ’90.

L’organizzazione era specializzata nell’offrire “servizi” di emissione di fatture per operazioni inesistenti, consentendo così alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili.

Particolarmente articolata nei ruoli e nelle competenze, l’organizzazione criminale era specializzata anche nel riciclaggio di denaro, nell’autoriciclaggio e nella commissione di reati di bancarotta fraudolenta.

I capi gestivano dieci cellule operative che potevano contare su società di comodo (delle vere e proprie cartiere) per la emissione di fatture per operazioni inesistenti.

I vertici dell’organizzazione controllavano anche i “prelevatori” professionali di denaro da sportelli bancomat e i procacciatori di società interessate ad ottenere servizi finanziari illegali.

Infine, nel gradino più basso dell’organizzazione c’era una schiera di “prestanome” titolari di tante società “cartiere” che non avevano alcuna struttura aziendale e che servivano solo per produrre fatture false.

Gli investigatori sono riusciti a ricostruire una movimentazione di denaro di oltre 240 milioni di euro; di questi 50 sono stati movimentati con prelievi di denaro contante.  L’ammontare del giro di fatture false emesse è stato calcolato in 80 milioni di euro con un’imposta evasa quantificata in circa 24 milioni di euro.

Per prima cosa avveniva il pagamento integrale della fattura falsa da parte dell’impresa beneficiaria; poi questa disponibilità di denaro veniva prelevata in contanti dai “prelevatori”, individui pagati dall’organizzazione con il compito di recarsi presso vari uffici postali ed effettuare più prelievi.

Infine il denaro veniva consegnato ai capi dell’associazione che lo restituivano alle imprese beneficiarie, al netto di una commissione per il “servizio” prestato.

Tra i reati contestati anche l’autoriciclaggio che gli organizzatori effettuavano attraverso società create proprio per quello scopo. Gli investigatori hanno scoperto che gli indagati inviavano bonifici all’estero in favore di imprese comunitarie sempre controllate da loro stessi, giustificando i movimenti finanziari come pagamento di acquisti fittizi, i fondi così trasferiti, venivano poi reinvestiti in attività commerciali localizzate sempre all’estero e riconducibili all’organizzazione criminale.

Durante le indagini è stato accertato che gli indagati si sono resi responsabili anche di reati fallimentari; hanno portato al fallimento quattro società usate come cartiere, distraendo, in larga parte attraverso prelevamenti in contanti, complessivamente più di 7 milioni di euro.

Infine, e non da meno, tra gli indagati risultano anche 9 persone beneficiarie di reddito di cittadinanza per cui è stata chiesta la revoca e il recupero delle somme indebitamente percepite.

 

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