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Green Farm, cresce la fattoria ecologica made in Campania tra rinnovabili e software per gestire l’energia

Procedono sul doppio binario della sostenibilità e della digitalizzazione i lavori per lo sviluppo di “Green Farm”, il progetto di “fattoria ecologica” realizzato da Graded in collaborazione con il Dipartimento di Agraria della Federico II di Napoli presso l’Azienda pilota di Castel Volturno che svolge attività di ricerca  sull’ottimizzazione dei processi produttivi e sulle strategie innovative in agricoltura. Sono stati installati i terminali per la distribuzione del calore nelle serre (gli aerotermi) e le tubazioni coibentate che trasportano il fluido termovettore dal sistema di generazione e di accumulo termico (un boiler con acqua riscaldata da pirogassificatore e una caldaia a biomassa) fino all’interno delle serre.

Green Farm è il progetto ideato nel 2015 dalla società del settore energetico guidata da Vito Grassi su un’intuizione degli studenti dell’Istituto Tecnico Augusto Righi di Fuorigrotta, nell’ambito dell’iniziativa “Studiare l’impresa, l’impresa di studiare”. Si tratta di un’azienda agricola intelligente, in grado cioè di funzionare e autosostenersi utilizzando esclusivamente fonti di energia rinnovabile come il sole, le biomasse e l’idrogeno. Nella configurazione attuale sono già disponibili un impianto fotovoltaico, un solare termico e un piccolo impianto a idrogeno che al momento ha uno scopo più dimostrativo che di applicazione pratica, ma che presenta grandi potenzialità per il futuro poiché sarà fondamentale per stoccare gli eccessi di energia elettrica prodotti dagli impianti rinnovabili (caratterizzati dalla non programmabilità della produzione) e utilizzarli quando più necessario, sfruttando i principi dell’elettrolisi e il meccanismo di funzionamento delle celle a combustibile.

Proseguono, intanto, anche gli studi definitivi sulla realizzazione dell’EMS – Energy Management System – un software di gestione dell’energia capace di adeguare il carico richiesto dall’azienda agricola alla capacità di produzione dei vari impianti per fare in modo che l’azienda compri il meno possibile dalla rete.

Facebook e Instagram, in Europa torna l’ordine cronologico

Gli utenti europei avranno un maggiore controllo su Facebook e Instagram e se lo desiderano potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non con l’algoritmo.

È una delle novità con cui le piattaforme di Meta si adeguano all’imminente Digital Services Act (Dsa) europeo che chiede maggiore chiarezza e trasparenza alle piattaforme online. Meta ha pubblicato nelle scorse ore un post in cui preannuncia i cambiamenti per ottemperare alle richieste di Bruxelles a cui dalla prossima settimana dovranno far fronte i 19 maggiori player digitali tra cui anche Amazon, Apple, Google, Microsoft, TikTok e Twitter, ora rinominato X. Dovranno rispettare le nuove regole o affronteranno pesanti multe.

“Stiamo offrendo alla nostra comunity europea la possibilità di visualizzare e scoprire contenuti su Reels, Storie, Ricerca e altre parti di Facebook e Instagram senza utilizzare i processi di classificazione e raccomandazione dell’IA – scrive Nick Clegg, Presidente Global Affairs di Meta – Ad esempio, su Facebook e Instagram, gli utenti avranno la possibilità di visualizzare Storie e Reels solo delle persone che seguono, classificate in ordine cronologico, dal più recente al più vecchio”. Clegg afferma inoltre che un’altra misura per garantire la conformità al Dsa include l’espansione di una biblioteca per “visualizzare e archiviare” tutte le pubblicità rivolte alle persone nell’Unione Europea.

Altre modifiche includono maggiori informazioni su come i sistemi di intelligenza artificiale di Meta classificano i contenuti su Facebook e Instagram. Clegg, nel post ufficiale, spiega infine che più di 1.000 persone stanno lavorando in Meta per l’implementazione del Digital Services Act.

Missione fallita, la sonda russa si schianta sulla Luna

L’ente spaziale russo Roscosmos ha perso il contatto con la sonda spaziale Luna 25 dopo il suo impatto con il suolo lunare. Roscosmos ha citato una “collisione con la superficie lunare” in cui la sonda sarebbe stata distrutta. una-25 “ha cessato di esistere dopo una collisione con la superficie lunare” nel freddo linguaggio usato dall’ente spaziale russo Roscosmos.

Si tratta della prima sonda lanciata dalla Russia verso la Luna dal 1976, quando l’allora Urss aveva mandato sul satellite la sonda precedente, Luna 24. L’allunaggio era stato programmato per domani, ma ieri, in una manovra preparatoria, si è verificato un problema tecnico che ha causato lo schianto. I 47 anni trascorsi dall’ultimo lancio non sono trascorsi invano: il programma russo Luna-Globe è andato molto avanti soprattutto avanzava già’ dagli anni ’90.

Le successive modifiche apportate a obiettivi e strumenti ha ritardato il lancio dell’ultima sonda, già’ programmato nel 2013 e poi finalmente avvenuto lo scorso 10 agosto dal cosmodromo di Vostochny, quando Luna 25 e’ stata trasportata nell’atmosfera da un razzo Soyuz-2.1b.

Inizialmente la missione di lancio era prevista per 10 anni fa. Luna 25 avrebbe dovuto raccogliere campioni di suolo lunare (come già fatto dai russi in tre precedenti occasioni, con Luna 16, Luna 20 e Luna 24): la sua parte orbitale avrebbe dovuto svolgere ricerche a distanza e selezionare siti adatti per la successiva discesa dei veicoli, e il lander esplorare la superficie lunare. Il suo obiettivo principale però non era tanto scientifico quanto tecnologico: mettere a punto la tecnica di allunaggio, proprio quella che non ha avuto successo.

Ict, al via la sfida dell’Its Campania. Pronti due corsi: Web & Mobile Specialist e Data specialist

Pronta a partire già dal prossimo autunno la sfida dell’Its Campania, la scuola di alta specializzazione tecnologica aperta a diplomati e laureati che vedrà come soggetto attuatore la Fondazione “Campania Hitech & Communication”, presieduta da Antonio Giacomini, Ceo di Innovaway Spa.

Si punta sull’innovazione Ict con il coinvolgimento diretto di grandi ed affermate realtà della digital transformation e delle tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione con l’obiettivo di colmare lo skill mismatch, il divario tra le abilità richieste e quelle disponibili soprattutto al Sud. Un’innovativa alternativa alla tradizionale offerta formativa universitaria, con il vantaggio per tanti giovani di potersi proiettare sin da subito sul mercato del lavoro.

La Fondazione promuoverà due percorsi formativi: il primo per Web & Mobile Specialist e il secondo, replicato in due edizioni, per la figura professionale di Data specialist. Entrambi avranno una durata complessiva di 1.800 ore, equamente distribuite tra aula e stage. In questo modo gli studenti potranno acquisire le skill più ricercate nel settore delle nuove tecnologie digitali dove maggiore è il divario tra i bisogni delle aziende e le competenze oggi reperibili. Un’importante caratteristica è la gratuità dei corsi dovuta al finanziamento della Regione Campania.

Il primo corso, per la formazione di Web & Mobile Specialist, partirà il prossimo 15 novembre presso l’Istituto Augusto Righi di Napoli che sarà la sede di tutte le attività didattiche. Il secondo, in Data specialist, è atteso nel 2024.

“Siamo giunti a un traguardo di importanza strategica che proietta la regione Campania nel mondo della Digital Transformation con un ruolo da protagonista, favorendo la formazione e l’occupazione nel settore dell’Ict. Ed è un onore per me presiedere una Fondazione che unisce gli sforzi di partner pubblici e privati per creare una cultura digitale condivisa e contribuire a colmare il gap domanda-offerta di competenze digitali – spiega Antonio Giacomini, presidente della Fondazione Campania per l’Its-Ict -. L’Its è un progetto di grande impatto sociale perché guarda al futuro dei giovani campani.  Il mercato del lavoro Ict è in grado di offrire nuove opportunità di formazione e occupazione e noi dobbiamo essere pronti ad affrontare le sfide di domani. A tutti i soci fondatori della Fondazione va il mio ringraziamento; sono convinto che insieme porteremo la regione Campania all’avanguardia nella formazione e nell’offerta di servizi  It”.

Questi i soggetti fondatori di Its-Ict “Campania Hitech & Communication” : Iti Augusto Righi – Napoli (soggetto capofila del Progetto Its); Comune di Napoli; Università degli Studi Suor Orsola Benincasa – Dipartimento di Scienze Formative, Psicologiche e della Comunicazione; Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” – Dipartimento di Ingegneria; Stoà- Istituto di Studi per la Direzione e Gestione di Impresa S.c.a.r.l.; Stampa S.r.l.; Istituto Suor Orsola Benincasa; Ente Morale P.I.; Claai Campania – Associazione di categoria; Meditech Consorzio; Protom Group SpA; Tecno Srl; Innovaway SpA a socio unico; Almaviva Digitaltec SpA; Iis Galilei Di Palo – Salerno; Iiss Francesco Saverio Nitti – Napoli.

Innovazione, l’Albo fornitori diventa digitale: Graded lancia il nuovo “Vendor Management System”

Un sistema intelligente a supporto dell’Ufficio Acquisti capace di procedere in maniera automatica alla qualifica dei fornitori, assegnando un rating per categoria. E’  il nuovo “Vendor Management System” sviluppato da Graded, società napoletana del settore energetico, con due giovani talenti del sesto anno accademico di Digita, l’Academy nata dalla partnership tra l’Università di Napoli Federico II e Deloitte Digital. Si tratta di Simone Tullino e Mattia Alifuoco, entrambi classe 1998, che sono entrati in azienda nel mese di aprile per lavorare al project work sotto la guida di un tutor, Gennaro Ardolino, ex studente Digita oggi Chief Information Security Officer e Responsabile Digital Innovation/IT, e di concerto con un team composto sia da ragazzi delle precedenti edizioni dell’Academy che da manager esperti. Il nuovo progetto è stato presentato ufficialmente questa mattina, al “Graduation Day”, nel Polo Universitario di San Giovanni a Teduccio, nel corso del roadshow con le aziende partner della Digita Academy che ha preceduto la cerimonia conclusiva di assegnazione dei diplomi.

Attraverso l’applicazione di una serie di tecnologie – Data Analytics, AI & Machine Learning, App Mobile, Coding – il “Vendor Management System” consentirà  di agevolare i processi di ricerca e selezione di fornitori e la loro gestione, in particolare per le attività di individuazione della migliore offerta, l’eventuale rinegoziazione di clausole contrattuali, la gestione delle relazioni a lungo termine e il mantenimento dei requisiti di conformità ai modelli adottati dall’azienda.
Oltre ad automatizzare il processo di individuazione dei fornitori (è contemplata anche l’iscrizione spontanea ed autonoma di nuovi operatori), il progetto prevede la realizzazione di un apposito Albo web tramite il quale ogni fornitore potrà accreditarsi e proporre i propri servizi. Tra i numerosi vantaggi del nuovo sistema spicca la possibilità di garantire una ricerca accurata anche in base alla localizzazione, incentivando fornitori locali a beneficio della sostenibilità ambientale e sociale, in linea con gli obiettivi SDGs dell’Agenda 2030.

Dalla partnership avviata nel 2017 con “Digita” sono nate soluzioni tecnologiche promettenti che la società guidata da Vito Grassi ha deciso di implementare anche dopo la conclusione dei project work degli studenti in azienda. Tra queste spiccano il “PV Desk”, un cruscotto di monitoraggio da remoto dell’impianto fotovoltaico realizzato e gestito dall’azienda  a Ianova, in Romania; “E-Procurement”, piattaforma di ottimizzazione degli ordini di acquisto e di ricerca fornitori che si è aggiudicata il Premio Innovazione Smau nel 2018; “EMS (Energy Management System)  – Smart Farm”,  un “cervello” digitale per efficientare le aziende agricole rendendole sostenibili completamente autosufficienti dal punto di vista energetico.

Una microalga marina per una bioeconomia più sostenibile, alimentata dalla luce solare

La vita sulla Terra dipende dagli organismi fotosintetici, che utilizzano la luce solare per fissare l’anidride carbonica dell’atmosfera in biomassa vegetale, rilasciando ossigeno. Circa la metà dell’ossigeno che respiriamo dipende dall’attività fotosintetica delle microalghe, organismi unicellulari che vivono in ambienti acquatici.

A seconda delle condizioni ambientali (ad esempio per il meteo o le stagioni) la luce solare può essere scarsa o abbondante. Nel primo caso l’organismo fotosintetico non riceve sufficiente energia per crescere, nel secondo caso l’energia è invece in eccesso e può portare a foto-danneggiamento e morte.

Come gli altri organismi fotosintetici, anche le microalghe hanno evoluto dei meccanismi per regolare la fotosintesi a seconda della disponibilità di luce, con lo scopo di sopravvivere in un ambiente naturale altamente variabile.

Quando la radiazione luminosa è scarsa, la fotosintesi massimizza la cattura della luce e il suo utilizzo, mentre quando questa è troppo abbondante, la fotosintesi dissipa la parte di luce in eccesso per evitare il foto-danno e la morte.

Un gruppo di ricerca dell’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Berkeley (California), nello studio dal titolo “Modulation of xanthophyll cycle impacts biomass productivity in the marine microalga Nannochloropsis” pubblicato su PNAS e coordinato da Giorgio Perin e Tomas Morosinotto del dipartimento di Biologia, ha dimostrato che si può migliorare la fotosintesi delle microalghe e la loro capacità di fissare la CO2 atmosferica per renderne la coltivazione più competitiva sul mercato e massimizzare la produzione di biomassa – la materia organica appositamente trattata per essere utilizzata come biocombustibile.

Il ciclo delle xantofille è uno dei meccanismi di regolazione della fotosintesi e prevede la trasformazione reversibile tra due pigmenti ossigenati – le xantofille – chiamati violaxantina e zeaxantina.

La violaxantina promuove la cattura della luce ed è quindi favorita in condizioni di luce scarsa, mentre la zeaxantina promuove la dissipazione della luce in eccesso ed è quindi favorita in condizioni di luce abbondante.

Oltre al loro importante ruolo ecologico, le microalghe rappresentano anche una fonte di biomassa molto versatile, da cui ottenere molteplici prodotti – ad esempio cosmetici, farmaci, additivi alimentari, mangimi, fertilizzanti e biocarburanti – e potrebbero quindi contribuire allo sviluppo di una bioeconomia più sostenibile, alimentata dalla luce solare, anche favorendo il sequestro di CO2 atmosferica, attualmente responsabile del cambiamento climatico globale.

Per massimizzarne la produttività, le microalghe vengono coltivate in impianti su larga scala – i fotobioreattori – e ad elevata densità: questo causa una distribuzione disomogenea della luce nel volume di coltura. Le microalghe più esposte alla luce ricevono radiazione luminosa in eccesso, mentre quelle più interne alla coltura ricevono una quantità di luce così scarsa da limitarne la crescita.

Generalmente, quest’ultima parte della coltura è la predominante (>70% del volume totale) e ciò ad oggi limita la produttività dei sistemi di coltivazione industriali delle microalghe, impedendo ai prodotti ottenuti dalla loro biomassa di diffondersi sul mercato.

Per migliorare la distribuzione della luce nei fotobioreattori, la coltura viene mescolata: questo processo spinge le microalghe che popolano le regioni della coltura più interne a muoversi verso gli strati più esterni, dove la luce è in eccesso, e quelle che si trovano in quest’ultimi a raggiungere le regioni più interne, dove la luce è limitante per la crescita.

La velocità di mescolamento delle microalghe nei fotobioreattori, però, è maggiore della velocità del ciclo delle xantofille: nelle microalghe che si muovono dall’esterno verso l’interno della coltura il ciclo delle xantofille non è sufficientemente veloce da convertire la zeaxantina a violaxantina e ciò spinge le microalghe a dissipare la poca luce ricevuta in queste regioni più interne, invece di utilizzarla per la crescita.

Dato che queste regioni rappresentano il volume maggiore della coltura di un fotobioreattore, questo fenomeno è una delle cause più importanti della ridotta produttività di biomassa che si osserva nei moderni impianti di coltivazione di microalghe su scala industriale.

“Nel nostro lavoro abbiamo studiato il ciclo delle xantofille in due specie di microalghe marine appartenenti al genere Nannochloropsis, che sono attualmente tra le più promettenti per scopi industriali, come la produzione di biocombustibili – spiega Giorgio Perin, primo autore dello studio e ricercatore al dipartimento di Biologia dell’Università di Padova –. Abbiamo dimostrato che l’accumulo di zeaxantina è fondamentale per rispondere a una forte illuminazione, come quella a cui le microalghe sono esposte negli strati più esterni di un fotobioreattore, ma la zeaxantina può anche portare a inutili perdite di energia in condizioni di scarsa disponibilità di luce, ossia negli strati più interni della coltura”.

“Grazie all’ingegneria genetica, abbiamo accelerato la velocità di conversione della zeaxantina in violaxantina nella microalga Nannochloropsis e abbiamo dimostrato che questa strategia porta ad un aumento della produttività della biomassa. Questo lavoro dimostra che il ciclo delle xantofille delle microalghe è necessario al loro benessere anche durante la coltivazione industriale e che la velocità operativa che questo meccanismo di regolazione della fotosintesi ha evoluto in natura rappresenta un ottimo bersaglio per la domesticazione delle microalghe e renderle più produttive durante la crescita in fotobioreattore” conclude Tomas Morosinotto, corresponding author della ricerca e docente del dipartimento di Biologia dell’Ateneo.

I giovani e le scienze: al via la selezione italiana del concorso europeo

Il 10 febbraio è il termine ultimo per candidarsi alla selezione italiana del concorso europeo “I giovani e le scienze”, promosso da Commissione, Consiglio e Parlamento europei.

Ad occuparsi della selezione italiana è la FAST-Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche, col suo segretario Alberto Pieri. “Cerchiamo studenti tra i 14 e i 20 anni, tra i quali scegliere quanti vanno a rappresentare l’Italia alla finale europea EUCYS 2023”, ha spiegato Pieri. Nei giorni dal 18 al 20 marzo è prevista l’esposizione in appositi stand di invenzioni/ricerche realizzate da quanti superano l’esame della Giuria. La premiazione, aperta anche al pubblico, è confermata il 20 marzo mattina alla presenza delle autorità. Gli studenti possono vincere attestati, riconoscimenti, borse di studio, viaggi, l’iscrizione ad altri contest scientifici internazionali di rilievo di enti in rete con la FAST.

Le ragazze e i ragazzi dell’edizione 2022 del concorso si sono distinti per qualità, conseguendo importanti riconoscimenti anche all’estero. Si ricordano solo nell’ultimo trimestre le medaglie d’argento a BUCA IMSEF in Turchia conferite ad Alessandra Milea del Marconi di Tortona e Loris Piccolo del Sobrero di Casale Monferrato; quelle d’oro a Expo Sciences del Messico vinte da tre allievi del Galilei di Jesi, Caterina Amichetti, Filippo Pieretti e Matteo Santoni. Altri finalisti sono in attesa di confrontarsi a TISF-Taiwan International Science Fair di inizio febbraio e alle competizioni in Spagna e Belgio.

L’edizione 2023 della manifestazione è il passaggio obbligato per EUCYS—European Union Contest for Young Scientists 2023 e per i più prestigiosi concorsi nel mondo. Le candidature con i progetti e i moduli di registrazione devono arrivare alla segreteria della FAST entro il 10 febbraio 2023. Prima del 3 marzo sono resi noti i finalisti scelti dalla Giuria per sfidarsi durante l’esposizione (18-20 marzo) presso la sede della Federazione in P.le Rodolfo Morandi 2 a Milano.

Possono competere singolarmente o in gruppo fino a tre gli studenti degli istituti superiori con più di 14 anni e meno di 20 a settembre 2023. Devono presentare proposte originali e innovative in qualsiasi campo scientifico e tecnologico, ma anche sociale ed economico, sintetizzate in dieci pagine di testo con eventuali allegati per spiegare il loro studio/prototipo/invenzione. Importante pure la sintesi in inglese. E dopo li aspettano occasioni uniche: rappresentare l’Italia alla 34a finale europea di EUCYS a Bruxelles a settembre, aderire alle più importanti competizioni degli studenti meritevoli in Europa, America, Asia.

“I giovani e le scienze” è inoltre parte del programma “Io merito” per la valorizzazione delle eccellenze del Ministero dell’Istruzione.

Sono molti gli appuntamenti nel mondo aperti agli studenti selezionati da FAST con il concorso “I giovani e le scienze 2023”. L’accreditamento ad alcuni contest internazionali è facilitato dagli sponsor che hanno già confermato l’adesione alla manifestazione: AICA, Cielo stellato Silvio Lutteri, COREPLA, FOIST, Fondazione Salvetti, Gruppo CAP, Ricordo di un professore maestro di vita, SCI, SIF, Society for science, XYLEM.

Le principali opportunità per i vincitori dell’edizione 2023 italiana sono: 34° EUCYS, concorso dell’Unione europea per i giovani scienziati; Bruxelles (Belgio), 12-17 settembre; 150 allievi con un centinaio di lavori da 38 paesi gareggiano per premi da 7.000, 5.000 e 3.500 €; riconoscimenti di onore quali: partecipazione alla cerimonia del 10 dicembre per la consegna dei premi Nobel a Stoccolma, presenza a LIYSF di Londra, visite ai principali centri di ricerca dell’Unione europea, registrazione ad alcune gare nazionali; Regeneron ISEF, fiera internazionale della scienza e della ingegneria, Dallas, (Texas-USA), 13-17 maggio; è la più grande competizione al mondo con oltre 1.800 iscritti e un migliaio di proposte. Aperta a tutte le discipline, distribuisce premi per quasi 5 milioni di dollari; GYSTB, Global Youth Science and Technology Bowl 2023, Hong Kong, 10-14 giugno; GENIUS Olympiad, competizione internazionale su tematiche ambientali, scienza, ingegneria, musica, arte, scrittura, robotica, RIT (Rochester Institute of Technology), Rochester (NY-USA), 12-16 giugno; IWRW 2023 – International Wildlife Research Week, Val Müstair, Svizzera, 17-24 giugno; 70 giovani dalla Svizzera e dall’Europa; LIYSF, forum giovanile internazionale della scienza, Londra, 26 luglio – 9 agosto.

Mancano fondi: a rischio il completamento della Carta geologica d’Italia

A rischio, per assenza di nuovi finanziamenti, il completamento della Carta Geologica d’Italia e con essa la conoscenza del suolo e del sottosuolo nazionale, indispensabile per riuscire a contenere i disastri, mettere in sicurezza i territori e procedere ad un’idonea pianificazione urbanistica. Ogni singolo foglio del CARG, realizzato dall’ISPRA in collaborazione con le Regioni, le Province autonome, le Università e il CNR, contiene la possibilità di ricavare informazioni oggi più che mai preziose relativamente all’individuazione delle risorse idriche ed energetiche a quelle minerarie, dalla descrizione delle aree più idonee allo stoccaggio delle scorie radioattive o alla progettazione di infrastrutture sicure.

Questa conoscenza è al momento solo parziale: per completare il lavoro mancano ancora 300 fogli geologici e quasi tutti i fogli geotematici.

A lanciare l’allarme sul gap conoscitivo nazionale l’ISPRA nell’ambito dell’incontro “La memoria del territorio a garanzia del futuro: il Progetto CARG” organizzato questa mattina a Roma.

In questi anni lo studio, le sperimentazioni, il confronto tra i vari esperti, la crescita culturale dal punto di vista della conoscenza geologica del nostro territorio, hanno reso la cartografia del progetto CARG indispensabile al raggiungimento degli obiettivi finalizzati ad uno sviluppo sostenibile, temi al centro dell’agenda della COP27, in atto in questi giorni a Sharm El-Sheikh. Quella a rischio, quindi, non è una semplice carta colorata, ma un’importante infrastruttura di ricerca strategica per la Nazione, che oggi rappresenta lo strumento più completo per leggere il passato e il presente del nostro territorio.

Avviato alla fine degli anni ottanta, il Progetto CARG, che prevede la realizzazione di 636 fogli geologici e geotematici alla scala 1:50.000 che compongono l’intero territorio nazionale, è stato finanziato con una certa regolarità fino al 2000 e sono stati realizzati ed informatizzati 281 Fogli geologici (circa il 45% della copertura totale), 30 Fogli geotematici e 6 Fogli di geologia della piattaforma continentale adriatica alla scala 1:250.000.

Dopo un lungo periodo di assenza di finanziamenti, durato circa 20 anni, grazie alle risorse economiche rese disponibili dalle tre ultime Leggi di Bilancio, è stato possibile avviare tra il 2020 e il 2022 altri 67 fogli geologici e 6 Fogli geotematici.

Grazie alle risorse stanziate, si è potuto provvedere inoltre al potenziamento del numero del personale specialistico del Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia di ulteriori unità, tra geologi rilevatori, biostratigrafi, geomorfologi, cartografi, informatici a supporto delle attività scientifiche previste per la realizzazione del Progetto e alla realizzazione diretta da parte del personale del Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia.

Con le risorse destinate all’annualità 2022 si esaurirà il finanziamento dedicato al Progetto CARG.

 

Nuovo modello statistico per calcolare le probabilità di eruzione di tre vulcani napoletani

Lo studio, dal titolo “A simple two-state model interprets temporal modulations in eruptive activity and enhances multivolcano hazard quantification” (LINK) è stato realizzato da un team internazionale di ricercatori dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e del British Geological Survey (BGS) di Edimburgo (UK). Di recente pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, ha posto al centro dell’analisi i tre vulcani attivi dell’area napoletana: il Vesuvio, i Campi Flegrei e l’isola di Ischia, con lo scopo di contribuire

a migliorare la comprensione scientifica e, conseguentemente, la previsione probabilistica dell’attività eruttiva dei vulcani, attività fondamentali per mitigare i rischi per le popolazioni residenti nelle aree vulcaniche e per le infrastrutture in quanto, specifica ancora la nota che accompagna la ricerca, tutti e tre i vulcani insistono sul territorio dell’area metropolitana di Napoli, densamente popolato.

Analizzando la frequenza temporale delle eruzioni nelle fasi di alta e bassa attività dei vulcani dell’area napoletana, i ricercatori hanno messo a punto un unico modello statistico di valutazione del loro comportamento e del loro potenziale eruttivo Per la prima volta, i ricercatori possono produrre una valutazione comparabile delle probabilità di eruzione e della pericolosità sul territorio tra i tre vulcani napoletani: Vesuvio, Ischia e Campi Flegrei. Tutto questo grazie ad un nuovo modello statistico che, studiando l’alternanza dei periodi di alta e bassa attività eruttiva, permette di confrontare sistemi vulcanici anche molto diversi tra loro, migliorando la comprensione del loro comportamento.

“Studiando i dati geologici e le cronache storiche di questi tre vulcani, così sensibilmente diversi tra loro, siamo riusciti a mettere a punto un modello statistico basato sull’analisi delle fasi di alta e di bassa attività eruttiva”, spiega Jacopo Selva, ricercatore dell’INGV e primo autore dell’articolo. “Il nostro modello si fonda to su soli tre parametri: la frequenza eruttiva annuale dei vulcani nei loro periodi di bassa attività, la stessa frequenza eruttiva annuale registrata – viceversa – nei periodi di alta attività, e il cosiddetto ‘tempo di intervento soglia’, vale a dire l’intervallo temporale senza eruzioni trascorso il quale è possibile sancire il passaggio del vulcano da una fase di alta a una fase di bassa attività eruttiva”.

I risultati dello studio realizzato applicando questo nuovo modello hanno evidenziato come le dinamiche di avvio e termine delle fasi di alta attività eruttiva siano significativamente diverse tra il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, ciascuna legata ai processi vulcanici specifici che dominano i singoli vulcani.

“Nella maggior parte dei vulcani, per quanto diversi tra loro, esistono almeno due stati, da noi identificati come periodi di alta e di bassa attività, e con il nostro modello descriviamo quantitativamente l’alternanza tra questi due stati”, prosegue Roberto Sulpizio dell’Università di Bari. “Studiando la storia eruttiva dei vulcani napoletani, che sono molto diversi tra loro, con il nostro modello abbiamo descritto in maniera omogenea le caratteristiche dei due differenti stati di attività per ciascuno di essi e la tempistica nella quale si registra nuovamente l’equilibrio del sistema vulcanico dopo una fase di alta attività eruttiva. Queste analisi possono fornire dati importanti per comprendere a pieno le dinamiche che governano il verificarsi delle eruzioni, ma soprattutto permettono di stimare in modo omogeneo e confrontare tra loro la probabilità di eruzione dei diversi vulcani, e, di conseguenza, la loro pericolosità”.

La ricerca ha dunque affrontato le diverse tipologie di vulcanismo dei vulcani napoletani: quella del Vesuvio, uno stratovulcano a condotto aperto/chiuso, quella dei Campi Flegrei, una vasta caldera vulcanica formatasi a seguito di almeno tre enormi eruzioni, e quella di Ischia, un edificio vulcanico che si è elevato di oltre 1000 metri dal fondo del mare in seguito a un processo chiamato “risorgenza vulcanica”.

Un nuovo buco nero nel cuore di un’enorme stella collassata a 1,9 miliardi di anni luce

Gli astrofisici di tutto il mondo in questi giorni stanno puntando i loro strumenti in un punto del cielo da cui proviene quello che appare essere il più intenso impulso di radiazione elettromagnetica mai osservato, che ha colpito la Terra domenica, 9 ottobre alle 15.15 ora italiana, ed è stato catalogato come un lampo di raggi gamma (GRB), la classe più potente di esplosioni nell’Universo.

Quel pomeriggio, un’ondata di raggi X e raggi gamma ha attraversato tutto il Sistema Solare, attivando diversi osservatori su satellite, tra cui i due strumenti a bordo del NASA Fermi Gamma-ray Space Telescope, il Gamma-Ray Burst Monitor (GBM) e il Large Area Telescope (LAT). Moltissimi telescopi di tutto il mondo sensibili a tutte le lunghezze d’onda, dal radio, all’infrarosso, fino alle estreme energie dello spettro elettromagnetico, si sono immediatamente rivolti verso la direzione di origine del segnale per studiarne le caratteristiche. Moltissime campagne di osservazione sono tuttora in corso, ad una settimana dall’esplosione.

“Il segnale, denominato GRB 221009A e proveniente dalla direzione della costellazione della Freccia, ha impiegato circa 1,9 miliardi di anni per raggiungere la Terra” – ha affermato la prof.ssa Elisabetta Bissaldi – ricercatrice del Dipartimento Interateneo di Fisica ed associata all’INFN di Bari, responsabile barese del gruppo di ricerca dei GRB in Fermi, che per prima ha coordinato le analisi nella collaborazione Fermi. “Si pensa – ha continuato – che sia il bagliore con cui si è formato un nuovo buco nero nel cuore di un’enorme stella collassata sotto il suo stesso peso. In queste circostanze, un buco nero nascente produce potenti getti di particelle che viaggiano quasi alla velocità della luce. I getti attraversano ciò che resta della stella, emettendo raggi X e raggi gamma”.

“La luce di questa antica esplosione porta con sé nuove informazioni sul collasso stellare, la nascita di un buco nero, il comportamento e l’interazione della materia a velocità prossime a quella della luce, le condizioni in una galassia lontana e molto altro. Un altro GRB così luminoso potrebbe non apparire per decenni”, commenta la dott.ssa Roberta Pillera, dottoranda del corso in Ingegneria e Scienze Aerospaziali del Dottorato Interateneo UniBa e PoliBa ed associata all’INFN di Bari, autrice di una delle prime comunicazioni di Fermi-LAT . “Secondo un’analisi preliminare, Fermi-LAT ha rilevato l’esplosione per più di 10 ore. Uno dei motivi della luminosità e della longevità dell’esplosione è che, per essere un GRB, si trova relativamente vicino a noi”.

 

“A distanza di 14 anni dall’inizio della missione, Fermi continua a stupirci con le sue scoperte”, conclude il dott. Mario Nicola Mazziotta, primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare della Sezione di Bari e responsabile nazionale del progetto Fermi-LAT. “Questo conferma – conclude – il ruolo fondamentale di strumenti come GBM e LAT che monitorino costantemente l’Universo in banda gamma, ed è anche per questo motivo che la NASA ha recentemente esteso la durata della missione Fermi per il prossimo triennio”.