Archivi categoria: Economia

L’economia, tutte le notizie e le news per rimanere costantemente aggiornati su questo tema fondamentale della nostra società. I nostri giornalisti vi presenteranno le notizie di economia nella maniera più professionale possibile.

Federcarrozzieri, su Rc auto pesano listini pezzi di ricambio

Sull’aumento delle tariffe Rc auto pesano i rincari dei pezzi di ricambio, ma anche alcune politiche adottate dalle imprese assicuratrici. Lo afferma Federcarrozzieri, l’associazione delle autocarrozzerie italiane, che mercoledì 14 febbraio presenterà un dossier al Mimit e a Mister Prezzi in occasione della riunione Commissione Allerta Rapida di sorveglianza dei prezzi su settore assicurativo. “Una indagine da noi effettuata su un campione di circa 7.000 sinistri coperti da polizza RC auto – afferma Federcarrozzieri – ha consentito di scorporare i costi delle riparazioni: il 22% del totale è rappresentato dalla manodopera, il 64% dal costo dei ricambi, il 12% da quello dei materiali di consumo. Irrilevante il costo dello smaltimento e del nolo di veicoli sostitutivi che è pari in entrambi i casi all’1% del costo totale del sinistro”, si spiega. “Il costo della riparazione è invece fortemente condizionato dagli incrementi dei listini dei pezzi di ricambio che dal 2021 ad oggi sono aumentati in media del +48%, e nell’ultimo anno del +13%. A pesare sui costi delle riparazioni, e di conseguenza sull’andamento delle tariffe Rc auto – prosegue Federcarrozzieri – è poi il fatto che le compagnie di assicurazioni controllano direttamente o indirettamente il mercato della riparazione, cioè circa il 15% delle imprese a favore delle quali viene canalizzato oltre il 50% dei sinistri”. “Ma l’aumento dei costi delle riparazioni è dovuto anche alle forme di brokeraggio delle riparazioni – denuncia il presidente Davide Galli – La scelta delle imprese assicuratrici di utilizzare società broker delle riparazioni, cioè strutture che a titolo oneroso fanno da intermediari tra la compagnia che paga il danno e il riparatore che effettua la riparazione, fa lievitare il costo dei sinistri, allungando la filiera delle riparazioni, con effetti negativi sulle tariffe Rc auto pagare dagli assicurati”.

Wizz Air apre un centro di formazione per piloti a Roma

Wizz Air annuncia che nel 2024 aprirà un centro di formazione per piloti a Roma. La nuova struttura, da oltre 2500 metri quadrati, vedrà la luce a pochi passi dal Terminal 1 dell’aeroporto di Roma Fiumicino e ospiterà tre simulatori di volo completi per la formazione periodica di oltre 4800 piloti all’anno. L’investimento totale supererà i 38 milioni di euro. Le aule per la formazione teorica e le briefing room occuperanno 1290 metri quadrati su due piani, mentre quasi 600 metri quadrati saranno dedicati alla preparazione pratica con tre simulatori di volo di ultima generazione per Airbus A320. Questo è il secondo centro di formazione per Wizz Air: il primo è stato inaugurato cinque anni fa a Budapest. “Investendo nel nostro bene più grande, i nostri dipendenti, – dice Robert Carey, presidente di Wizz Air – annunciamo con orgoglio il lancio del nostro nuovo centro di formazione a Roma. Questo certifica l’impegno di Wizz Air nel garantire standard di sicurezza sempre più alti e una formazione costante attraverso l’utilizzo di attrezzature all’avanguardia. Allo stesso tempo, grazie a questo investimento, continuiamo a fornire opportunità di lavoro a livello locale, ampliando il nostro attuale team di 1000 dipendenti Wizz in Italia”.

QUESTION MARK: “Il Complesso Equilibrio tra Giustizia e Crisi Finanziaria in Italia: Sfide e Opportunità”

Titolo: L’Italia si trova di fronte a una complessa intersezione tra giustizia e crisi finanziaria, una realtà che pone sfide significative ma offre anche opportunità per riforme e cambiamenti necessari. In un contesto economico già difficile, la giustizia assume un ruolo cruciale nel garantire l’equità sociale e la stabilità del sistema.

La crisi finanziaria che ha colpito l’Italia, aggravata dagli impatti della pandemia, ha messo a dura prova l’economia nazionale. Le imprese lutano per sopravvivere, i cittadini affrontano difficoltà finanziarie e il debito pubblico cresce in modo preoccupante. In questo scenario, la giustizia diventa un fattore determinante nel garantire che le risorse siano distribuite in modo equo e che le istituzioni siano in grado di affrontare le sfide economiche in modo efficace.

Una delle sfide principali è rappresentata dal congestionamento dei tribunali, che compromette la tempestività delle decisioni giudiziarie. La lentezza dei processi legali può influenzare negativamente la ripresa economica, rallentando la risoluzione di controversie e creando incertezza per le imprese. Investimenti e nuove iniziative possono essere frenati da procedure giudiziarie prolungate, minando la fiducia nel sistema legale.

Allo stesso tempo, la giustizia può essere uno strumento potente per affrontare la crisi finanziaria. Riforme volte a semplificare e accelerare i processi legali possono migliorare l’efficienza del sistema giudiziario. Inoltre, meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie possono essere promossi per alleggerire il carico dei tribunali e favorire una soluzione più rapida e conciliativa delle dispute.

Un altro aspetto cruciale è la trasparenza nel settore finanziario e aziendale. La giustizia deve garantire la corretta applicazione delle leggi sulla trasparenza e sulla responsabilità aziendale, combattendo la corruzione e assicurando che le risorse finanziarie siano gestite in modo etico e responsabile.

Inoltre, la giustizia sociale diventa ancor più essenziale durante le crisi finanziarie. Le politiche e le decisioni giudiziarie devono proteggere i più vulnerabili, garantendo che le disparità economiche non si traducano in disparità di accesso alla giustizia. Programmi di sostegno legale e iniziative di inclusione sociale possono contribuire a creare un sistema giudiziario più equo e accessibile.

In sintesi, l’Italia si trova di fronte a una duplice sfida di giustizia e crisi finanziaria, ma anche a un’opportunità per riforme che possano rafforzare il tessuto sociale ed economico del paese. Bilanciare la necessità di efficienza giudiziaria con la garanzia di equità e accessibilità è fondamentale per superare le difficoltà attuali e costruire un futuro più resiliente e giusto.

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Innovaway nomina Salvatore Anania Chief Human Resources Officer

Il Gruppo Innovaway, tra le Top 50 aziende nel settore ICT, annuncia l’ingresso di Salvatore Anania nel ruolo di Chief Human Resources Officer (CHRO). Questa nomina rappresenta un passo significativo per l’azienda, che festeggia il venticinquesimo anniversario dalla sua fondazione.

Salvatore Anania, con una solida carriera nel settore IT nelle HR di Aziende multinazionali come IBM e Kyndryl dove ha maturato competenze a livello nazionale ed internazionale, si unisce a Innovaway in un momento cruciale della sua storia. La sua visione strategica sarà un elemento chiave per guidare la crescita delle risorse umane all’interno dell’organizzazione.

In merito alla sua nomina, Salvatore Anania ha dichiarato: “Sono entusiasta di unirmi al team Innovaway nel ruolo di Chief Human Resources Officer in un momento così cruciale della nostra azienda. La storia di 25 anni è un patrimonio di esperienze e successi e credo che il meglio sia ancora davanti a noi. Come nuovo membro del Leadership Team sono determinato a sostenere la crescita della Società in ogni ambito, garantendo ad ognuno la possibilità di eccellere nel proprio ruolo. La competenza è la chiave per affrontare le nuove sfide con sicurezza e successo. Guardo al futuro con grande ottimismo e con l’obiettivo di contribuire al raggiungimento di nuovi traguardi ambiziosi. Sarà mio impegno promuovere una cultura aziendale resilientemente innovativa e orientata al risultato, assicurando che ogni persona sia parte integrante della nostra visione di successo”.

Il CEO di Innovaway, Antonio Giacomini, ha accolto Anania nel team dichiarando: “Siamo entusiasti di dare il benvenuto a Salvatore Anania come nostro nuovo Chief Human Resources Officer. La sua esperienza e competenza internazionale nel settore IT saranno cruciali nel perseguimento del nostro obiettivo di diventare uno dei principali player della Digital Transformation. Siamo certi che la sua leadership sarà determinante nel potenziamento di una cultura aziendale che promuove l’eccellenza”.

Ferraris: ‘da Fs 80 miliardi per ridurre il gap Nord-Sud”

“Per migliorare le infrastrutture ferroviarie del Paese abbiamo un piano di investimenti da 200 miliardi di euro in dieci anni e il 40% di queste risorse, 80 miliardi di euro, sono dedicati al Mezzogiorno per ridurre il gap tra Nord e Sud d’Italia e collegare meglio quest’ultimo al resto d’Europa”.

Lo ha detto l’amministratore delegato del Gruppo FS, Luigi Ferraris, a Sky TG24 Economia, sottolineando che “siamo in linea con l’avanzamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che destina alla rete ferroviaria 25 miliardi di euro. Di questi ne abbiamo spesi 7,5 in opere già realizzate. Entro giugno del 2026 investiremo gli ulteriori 18”. Per continuare ad investire nella modernizzazione delle infrastrutture, secondo Ferraris, “è importante trovare delle formule per sostenere il profilo di investimenti in corso, magari coinvolgendo il risparmio privato, attraverso emissioni obbligazionarie in un quadro di regolamentazione rivisto”. In questo contesto rientrano le opere di costruzione della linea alta velocità tra Napoli e Bari. “Un collegamento importante che sta procedendo speditamente” ha spiegato Ferraris aggiungendo che “si viaggerà da Bari a Napoli in due ore. Mentre oggi ce ne vogliono un po’ meno del doppio. Si farà quindi Bari-Roma in tre ore”. Un altro esempio di opera strategica in corso di svolgimento è quello del terzo valico di Genova e il raddoppio della Tortona Voghera, che non è nel Pnrr, e consentiranno di avere un collegamento Genova-Milano in meno di un’ora. “Questo vuol dire – ha rimarcato Ferraris – che avremo le città del triangolo industriale Genova, Milano e Torino collegate tra loro nel giro di un’ora”.

Nota a margine: per ridurre un gap bisogna aumentare la quota di risorse investite a beneficio della parte svantaggiata. Se una parte del Paese (il Sud) è meno attrezzata dell’altra (il Nord), fatta quota 100, investo (almeno) 60 al sud e 40 al nord. E’ un ragionamento semplice, elementare. Se, come ha dichiarato Ferraris, il 40% delle risorse sarà destinato al Sud e il 60 al Nord, il gap non si ridurrà mai, anzi c’è il rischio che aumenti.

Oltre 3,6 milioni di italiani possiedono criptovalute

Oltre 3,6 milioni gli italiani dichiarano di possedere attualmente criptovalute. Un terzo le ha acquistate tramite piattaforme di scambio, il 17% con acquisto diretto. Sono alcuni dei dati che emergono dalla ricerca dell’Osservatorio Blockchain and Web3 della School of Management del Politecnico di Milano, che indica un aumento del 19% dei progetti di blockchain nel mondo, con il mercato italiano che vale 38 milioni di euro, spinto da finanza, assicurazioni e agrifood. L’analisi arriva a pochi giorni dal quindicesimo anniversario del lancio del bitcoin che, nel bene e nel male, ha rivoluzionato la finanza. Attualmente, secondo l’analisi del Politecnico di Milano, il 37% di chi possiede crypto-asset conserva i propri beni utilizzando servizi di scambio come Coinbase, Crypto.com e Binance che rimangono i principali (nel 55% dei casi). In linea con il 2022 invece, il 36% degli utenti utilizza portafogli digitali personali (software wallet non-custodial) e l’8% hardware wallet, un dispositivo simile ad una chiavetta. Aumentano gli utenti che detengono criptovalute o token presso servizi di trading finanziari generici o su app bancarie (38%, contro il 23% del 2022), probabilmente anche per via dell’incremento dell’offerta. È più ridotta invece la penetrazione di Nft (8%), i certificati digitali che hanno conosciuto una vera e propria moda, soprattutto nel campo dell’arte, moda che poi si è sgonfiata. Riguardo il settore della blockchain – la tecnologia alla base delle criptovalute – l’analisi registra una flessione del 10% dei progetti. Ma gli attori del mercato – spiega il Politecnico – hanno spostato l’attenzione dal lancio immediato di progetti di piccola entità, che nel 2022 erano stati principalmente legati appunto alla creazione di Nft, a prototipi e progetti pilota di maggiore dimensione.

Irpef, le vecchie e le nuove aliquote

Parte la riforma dell’Irpef, con l’accorpamento dei primi due scaglioni di reddito. Il decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri modifica l’attuale sistema a 4 aliquote. Nel 2024 le fasce di reddito saranno solo tre, con l’eliminazione dell’aliquota al 25% e l’accorpamento al 23% dei redditi fino a 28mila euro. Una modifica che coinvolge complessivamente circa 25 milioni di contribuenti e costa 4,3 miliardi. Ecco come cambiano gli scaglioni

IRPEF 2023 A 4 ALIQUOTE

fino a 15.000 euro 23%; da 15.000 a 28.000 euro 25%; da 28.000 e 50.000 euro 35%; oltre i 50.000 euro 43%

IRPEF 2024 A 3 ALIQUOTE

fino a 28.000 euro 23%; da 28.000 e 50.000 euro 35%; oltre i 50.000 euro 43%.

Per non avvantaggiare troppo i redditi alti, sopra i 50.000 euro è previsto un taglio lineare di 260 euro delle detrazioni con alcune esclusioni, come quelle per le spese sanitarie.

L’erario ‘festeggia’ il Natale con 28 miliardi in più

Per le casse dello Stato sarà un Natale con i fiocchi. Nei primi 10 mesi di quest’anno, infatti, l’Erario ha incassato 28 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2022 (pari al +4,4%). Un maggior gettito pari a 1,4 punti di Pil che, sicuramente, è destinato ad aumentare ancora. Con le scadenze fiscali di novembre e dicembre, infatti, è molto probabile che le maggiori entrate tributarie e contributive riferite a quest’anno cresceranno ancora di parecchi miliardi. A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.

Va, comunque, sgombrato il campo da eventuali equivoci: questo incremento non è riconducibile ad un aumento del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, ma dalla combinazione di alcuni aspetti congiunturali distinti, come una moderata crescita economica avvenuta nel 2023, l’aumento dell’inflazione, l’incremento dell’occupazione e il rinnovo di alcuni contratti di lavoro. Va anche ricordato che con la fine del 2022 è venuto meno anche il taglio delle accise sui carburanti. Misura, quest’ultima, che aveva trovato applicazione per una buona parte dell’anno scorso. Con il prelievo sugli extraprofitti delle banche introdotto con il decreto dello scorso mese di agosto, ci si attendeva un gettito sino a 2 miliardi di euro. A seguito dell’aumento dei tassi di interesse sui prestiti deciso dalla Bce, l’esecutivo voleva redistribuire una parte dei massicci utili realizzati dagli istituti di credito a famiglie e imprese. Soggetti, questi ultimi, che hanno pagato pesantemente l’incremento dell’inflazione avvenuto in questi ultimi due anni. In sede di conversione, però, ricorda la Cgia, il Parlamento ha modificato la misura, consentendo alle banche, in alternativa al versamento dell’imposta, di accantonare questo importo a riserva non distribuibile, incrementando così la propria situazione patrimoniale. Una opportunità, quest’ultima, che è stata ‘sfruttata’ da tutte le grandi banche italiane che hanno accantonato quasi 5 miliardi di euro. I dati ufficiali saranno disponibili solo nei primi mesi del 2024, tuttavia è molto probabile che dal prelievo sugli extraprofitti delle banche il gettito sarà nullo o quasi.

Nel 2023 la pressione fiscale è destinata a scendere al 42,5%, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al dato 2022. Il livello raggiunto quest’anno ci riporta in linea con la soglia che gravava sui contribuenti italiani prima dell’avvento del Covid. Secondo la Commissione Europea, invece, solo la Danimarca (48,1%), la Francia (45,1) e il Belgio (43,6) registravano nel 2021 una pressione fiscale superiore alla nostra (pari al 43,3%). La media dei 27 Paesi UE si è invece attestata al 40,6: 2,7 punti in meno che da noi. In base all’analisi degli Artigiani di Mestre, sono cresciute soprattutto Ires e Irpef. Se la prima ha subito un incremento rispetto allo stesso arco temporale del 2022 del 15,7% (+4,3 miliardi di euro), la seconda, invece è salita dell’8,2 (+13,6 miliardi di euro). Tra le imposte indirette, invece, il gettito dell’Iva è aumentato dell’1,7 (+2,2 miliardi di euro).

Materias, il Gruppo Multiversity entra nel capitale

Materias, il venture builder  fondato e guidato dall’ex presidente del Cnr e ministro Luigi Nicolais con sede nel polo tecnologico di San Giovanni a Teduccio (Napoli), annuncia l’ingresso nel proprio capitale di Multiversity, il primo Gruppo in Italia nel settore dell’Education con tre università digitali leader: PegasoMercatorum e San Raffaele Roma

L’operazione si è chiusa con un aumento di capitale ed il contestuale ingresso di Multiversity nel CdA della società. A rappresentare il Gruppo in qualità di consigliere di amministrazione sarà AndreaBuonomo, Chief Operating Officer di Multiversity

Dopo l’ingresso di We, DompéIntesa SanpaoloIBSA Farmaceutici e della finanziaria MPA Development, il capitale sociale di Materias si arricchisce ora di una new entry che consentirà di sperimentare connessioni sempre più strette tra la ricerca accademica e il settore imprenditoriale.

“Si prospettano importanti sinergie tra la ricerca già in corso presso gli Atenei del Gruppo Multiversity e Materias. L’ingresso di Multiversity è motivo di grande soddisfazione e apporterà un contributo significativo all’avanzamento di progetti e all’innovazione digitale”, ha commentato Luigi Nicolais, presidente e co-fondatore di Materias.

“Con la partecipazione nel capitale di Materias intendiamo ulteriormente accelerare sugli obiettivi di Terza Missione che sono al centro della nostra mission istituzionale, valorizzando la ricerca scientifica, contribuendo a colmare il gap tra scienza pura e scienza applicata e favorendo l’interscambio tra il nostro corpo accademico e il tessuto produttivo nazionale. Puntiamo a promuovere l’innovazione tecnologica e la crescita economica e sociale del territorio, affinché la conoscenza diventi strumentale per l’ottenimento di benefici di natura sociale, culturale ed economica”, Fabio Vaccarono, Ceo di Multiversity.

Questa collaborazione consentirà infatti alle Università digitali di Multiversity di valorizzare le attività di ricerca rinforzando il technology transfer di conoscenze scientifiche, tecnologiche e culturali, attraverso interazioni dirette con la società civile e il mondo imprenditoriale.

Fondo nazionale montagna, 20 milioni di euro alla Campania

“Con i Presidenti delle Comunità montane della Campania e molti Sindaci riuniti oggi a Fisciano, Uncem Campania ha definito un percorso per dare nuova forza e strutturazione agli Enti montani. Lo abbiamo fatto d’intesa con l’Assessore Nicola Caputo e con gli uffici regionali, in particolare per investire positivamente 20 milioni di euro di Fondo nazionale per la montagna che la Regione ha ricevuto dal Ministero degli Affari regionali e delle Autonomie in due annualità, 2022 e 2023”. Lo affermano, in un comunicato, Vincenzo Luciano, presidente Uncem Campania e vicepresidente nazionale, e Marco Bussone, presidente nazionale Uncem. “Serve un cambio di passo, un nuovo paradigma”, aggiungono. “Le modalità di utilizzo dei fondi devono essere efficaci. Devono stare nelle grandi transizioni che viviamo, per affrontare la sfida energetica, demografica, economica dei territori. Venti milioni devono finanziare nuove Green communities, oltre a quelle già finanziate dal Pnrr. Perché è in queste strategie di territorio, Comuni insieme, diverse tematiche unite e collegate tra loro, a partire da filiere forestali, energie rinnovabili, turismo, agricoltura, ciclo delle acque e dei rifiuti, che sta un nuovo approccio ai territori. Non siamo margini e non siamo in cerca di assistenzialismo. Abbiamo un capitale umano da valorizzare. La Strategia nazionale delle Green Communities deve vedere la Campania protagonista. Anche definendo una nuova legge per la montagna e una nuova legge sulle foreste”. “La Regione – prosegue la nota – avrà testi, materiali, percorsi. Uncem darà il suo massimo supporto alla Regione. E lavoreremo sui flussi. Siamo istituzione della comunità, come Uncem. Non siamo mero sindacato. Sosteniamo il lavoro insieme tra Comuni. E allora guardiamo all’esterno dell’area montana. Per un nuovo patto tra territori. Salerno, Napoli, Avellino, Caserta, Benevento, devono riconoscere, ad esempio, che le nostre foreste appenniniche, gestite e certificate, assorbono CO2 e questo ruolo va pagato. Così come l’acqua che unita alla forza di gravità scende a valle dai nostri territori. La Regione introduca il meccanismo piemontese, subito, senza timidezza, per dare una percentuale della tariffa idrica ai territori montani. Per la tutela delle fonti e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Una forma sussidiaria e moderna di legame tra città e montagna. La Campania sia protagonista. Dia un segnale forte. Le Comunità montane sono Enti a prova di futuro. Sono moderne. E le politiche per le aree montane, cambiando passo, stanno nel futuro. Fanno bene a tutta la Campania, a tutto l’Appennino. Generano sviluppo, lavoro, crescita, diamo diritti di cittadinanza, servizi e innovazione, alle nostre comunità. Questo è il nostro nuovo ruolo, l’agenda di lavoro per il 2024″.