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Questore Caserta presenta nuovi vertici della Mobile. “Attenzione massima a criminalità straniera”

“Nel Casertano il tema forte dal punto di vista della sicurezza è quello della criminalità organizzata, sicuramente meno visibile di prima ma comunque presente. Ma noi monitoriamo con attenzione anche la criminalità straniera, che potrebbe entrare in contrasto con quella italiana”.

Lo ha detto il questore di Caserta Andrea Grassi nella conferenza stampa di presentazione dei nuovi vertici della Squadra Mobile, il neo-capo Dario Mongiovì (originario di Palermo) ex dirigente alla Squadra Mobile di Sassari, e il suo vice Massimiliano Mormone (originario di Grumo Nevano, nel Napoletano) proveniente dal Dipartimento della Polizia postale a Napoli. Grassi si sofferma anche sugli organici della Questura, spiegando che a Castel Volturno, come è emerso durante il Comitato per l’ordine e la sicurezza tenutosi il 7 agosto scorso alla presenza del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, “sono arrivate venti unità in più”. Ma le carenze negli organici riguardano tutta la provincia e oltre. “È un problema che c’è in tutta Italia, dobbiamo lavorare con le risorse che abbiamo” spiega Grassi. Ancora su Castel Volturno, dove dopo il comitato ci furono alcune operazioni di controllo straordinario del territorio, cosiddette “Alto Impatto”, come quella realizzata a Caivano qualche giorno fa, il questore sottolinea che le operazioni Alto Impatto “non sono solo pubblicità ma servono anche per capire certe dinamiche del territorio. E comunque non sono le uniche modalità operative” prosegue lasciando intendere che per ora non ce e dovrebbero essere nel Casertano. Grassi garantisce massima attenzione alle fasce deboli, tra cui gli anziani e i minori – “qui a Caserta e nelle altre città della provincia – osserva – c’è una movida molto vivace e spesso pittoresca” – quindi parla anche della videosorveglianza, che a Caserta e provincia non decolla. “Siamo sempre in contatto con la prefettura, sicuramente le telecamere sono un supporto importante”.

Minaccia ex sotto casa con un coltello, arrestato

Chiamate telefoniche, pedinamenti, fino alla minaccia di morte, sotto casa, con un coltello. E’ accaduto nel Sannio: un uomo di 47 anni è stato arrestato.

E’ stata la squadra mobile di Benevento a dare esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, nei confronti dell’ex della donna: è accusato di maltrattamenti in famiglia ed atti persecutori. In particolare, nella ricostruzione dei fatti sono emerse una serie di condotte violente e minacciose messe in atto durante la convivenza matrimoniale. Poi, dopo la separazione nel marzo scorso, le persecuzioni sono continuate e aumentate. Fino alla minaccia di morte.

Roma: presa la banda che rapinava le banche

Fermati dalla Squadra mobile di Roma tre rapinatori, componenti di una banda, che si erano resi responsabili di diversi colpi alle banche presenti nella parte sud di Roma.

Gli arresti sono avvenuti durante l’operazione denominata “Etna”, che prende il nome dall’origine siciliana e catanese dei criminali.

I rapinatori, di età che andava dai 38 ai 61 anni, tutti con precedenti di polizia specifici in materia di reati contro il patrimonio, sono stati in attività tra il 2018 e il 2019 e sono accusati di furto e rapina aggravata.

Le indagini della Mobile sono partite da alcune rapine in banca registrate nel quadrante sud-est della città, sempre con le medesime modalità: una o due persone si presentavano all’interno della filiale bancaria dove, anche con l’utilizzo di armi da fuoco si facevano strada per caricare le casseforti dei bancomat. Per aprire queste casse si servivano di copioni di chiavi eseguite in precedenza da professionisti delle cassette di sicurezza, che favorivano il prelevamento del denaro in tempi brevi. Una volta sottratti i soldi, i malviventi si allontanavano dai locali bancari non prima di aver aggredito i dipendenti per rendere più sicura la fuga.

Le indagini, condotte attraverso pedinamenti, intercettazioni, traffici telefonici, si sono focalizzate soprattutto su diverse rapine in banca compiute nei quartieri di Centocelle e Tuscolano, che hanno portato i ladri a sottrarre complessivamente 150 mila euro in contanti.

Il leader del gruppo era un uomo 46 anni residente a Tuscolano, c’era poi il “chiavaro”, un uomo di 61 anni che si occupava proprio della produzioni di chiavi per le casseforti e quindi il “trasfertista”, un 38enne che saliva dalla Sicilia appositamente per compiere le rapine a Roma.

“Il chiavaro”, sfuggito alla cattura, è stato localizzato e fermato sullo Stretto di Messina mentre si imbarcava a bordo di un’autovettura per raggiungere la Sicilia.

Frosinone: droga in carcere, 10 arresti

Traffico di droga e corruzione da Frosinone fino alla zona di Ardea (Roma) è quanto scoperto dalla Squadra mobile di Frosinone che stamattina ha arrestato dieci persone, di cui una ai domiciliari.

Nell’ambito dell’operazione sono state eseguite numerose perquisizioni.

Nel corso dell’indagine i poliziotti hanno scoperto un gruppo che spacciava sostanze stupefacenti anche all’interno del carcere di Frosinone grazie all’aiuto di un agente della Polizia penitenziaria compiacente.

L’agente venne arrestato nell’agosto del 2017 mentre si recava al lavoro, con addosso, e nascoste nella sua autovettura, notevoli quantità di cocaina, hashish e marijuana, oltre a schede telefoniche, telefoni cellulari e preziosi, tutti oggetti che gli erano stati consegnati dalla moglie di uno dei suoi corruttori.

La donna, come emerso dalle indagini successive, si era col tempo imposta al vertice dell’associazione, passando dal ruolo di semplice vedetta a quello di luogotenente del capo dell’organizzazione, un pregiudicato di origine albanese.

La droga veniva smerciata in una palazzina di una zona popolare di Frosinone dove affluiva gente in ogni ora del giorno e della notte. Il gruppo poteva contare su una rete di spacciatori che vendevano la droga fino al litorale laziale.

L’operazione è stata condotta anche con l’ausilio di unità cinofile antidroga dei Cinofili di Nettuno (Roma), di un elicottero del I Reparto volo di Pratica di Mare (Roma) e degli agenti del Reparto prevenzione crimine.

Presi a Milano i “professionisti” del furto in appartamento

Erano dei professionisti del furto in appartamento e i loro colpi erano preparati maniacalmente, fin nei minimi particolari. Ma anche i professionisti commettono degli errori e, durante uno dei loro colpi, hanno lasciato un’impronta che è stata decisiva ai fini dell’indagine che ha portato all’arresto, a Milano, dei sette appartenenti al gruppo criminale.

Nel corso dell’attività investigativa, svolta dalla Squadra mobile milanese, è stato arrestato un cittadino egiziano, che è risultato poi essere il ricettatore della banda, al quale veniva affidata la refurtiva per essere rivenduta e trasformata in denaro; nella sua abitazione sono stati trovati oggetti d’oro e d’argento nascosti nel freezer, orologi di valore e denaro contante per un valore totale di circa 15mila euro.

Gli arrestati, tutti cittadini georgiani, sono accusati di essere i responsabili di numerosi furti avvenuti nei quartieri Sempione, Città Studi e nell’hinterland di Milano.
Durante le perquisizioni effettuate nelle abitazioni degli indagati, i poliziotti hanno trovato chiavi alterate e grimaldelli, oggetti preziosi e circa 9mila euro in contanti.

La svolta nell’indagine c’è stata quando, durante un sopralluogo svolto dopo uno dei furti, gli esperti del Gabinetto regionale della Polizia scientifica hanno trovato un’impronta digitale riconducibile ad uno degli indagati.L’attività sul soggetto individuato ha permesso di identificare gli altri membri della banda; grazie ai servizi di pedinamento e controllo, all’analisi dei tabulati e delle intercettazioni telefoniche e ambientali, gli investigatori hanno ricostruito l’organizzazione del gruppo criminale e il loro modus operandi.

Gli agenti della Mobile hanno scoperto come venivano scelti gli obiettivi, la distribuzione dei compiti, le professionalità dei singoli membri, in particolare quelle nell’apertura delle porte d’ingresso utilizzando chiavi opportunamente modificate e grimaldelli.

Importante era la fase preparatoria dei colpi, caratterizzata da meticolosi sopralluoghi, durante i quali venivano apposti dei segni distintivi sulle porte degli appartamenti da svaligiare; in particolare questi venivano segnati con un filtrino da sigaretta o frammenti di bottiglie di plastica, per evidenziare quali sarebbero stati liberi nei giorni successivi.

Importante era anche l’attività svolta, durante i furti, dagli “addetti al controllo”, che monitoravano la zona pronti a dare l’allarme, in caso di presenza delle Forze dell’ordine.

Enna: violenza sessuale su disabile, arrestato 39enne

Ha approfittato della sua posizione di operatore socio sanitario per abusare di una donna disabile che gli era stata affidata.

L’uomo, un 39 enne di Enna, è stato arrestato dagli uomini della Squadra mobile di Enna a conclusione di un’indagine partita qualche giorno fa dalla denuncia della famiglia della ragazza che è venuta a conoscenza della gravidanza della figlia.

La ragazza era ospite da diverso tempo di una struttura sanitaria e il suo grave stato di salute è legato a una rara malattia genetica; questo ha escluso da subito la possibilità che la donna potesse aver dato il consenso ad un rapporto sessuale.

Dagli accertamenti sanitari la data presunta della violenza è riferibile al periodo di lockdown per il Covid19 e la straordinaria condizione di chiusura ha permesso agli investigatori di stringere il cerchio intorno a pochi individui a cui è stato, inoltre, prelevato del DNA.

Ieri mattina veniva convocato e ascoltato anche l’indagato, dipendente della struttura da due anni, che già dalle prime domande manifestava il suo stato di disagio ed una forte emotività nel raccontare quanto a sua conoscenza.

L’uomo incalzato dagli investigatori ha confessato la violenza sessuale avvenuta ad aprile scorso proprio quando la struttura era stata considerata zona rossa a causa dei diversi casi di Covid19

Prato: arrestati 13 spacciatori con l’operazione “Pusher”

Avevano trasformato la zona della stazione centrale di Prato nella loro piazza di spaccio, portando degrado e microcriminalità, a causa dei pusher attivi a qualsiasi ora del giorno e della notte, e del relativo via vai di clienti.

L’attività della banda di spacciatori è stata interrotta con l’operazione “Pusher” che ha portato all’esecuzione di 19 misure cautelari, delle quali 13 in carcere, 5 obblighi di dimora e un divieto di dimora con contestuale obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, nei confronti di altrettanti stranieri ritenuti responsabili del reato di commercializzazione di sostanze stupefacenti.

L’attività investigativa, iniziata nel settembre dello scorso anno, è stata condotta dalla Squadra mobile di Prato in collaborazione con il Servizio centrale operativo (Sco) della Direzione centrale anticrimine.

Nel corso delle indagini, condotte anche con operatori sotto copertura, sono stati registrati numerosi acquisti simulati di eroina e hashish, nonché decine di cessioni di droga poste in essere dagli indagati.

Un elevato numero di sanzioni amministrative è stato disposto nei confronti dei clienti assuntori, mentre diversi spacciatori sono stati arrestati in flagranza del reato di spaccio, con relativo sequestro di sostanze stupefacenti.

L’esecuzione delle misure cautelari ha coinvolto circa 70 operatori delle Squadre mobili di Prato, Firenze, Bologna e Pistoia, Sco, Gabinetto provinciale di Polizia scientifica, Unità cinofile della questura di Firenze, Reparto prevenzione crimine Toscana e Reparto volo di Firenze.

Frosinone: operazione “Requiem-ultimatum al crimine” contro lo spaccio di droga

C’era anche un’agenzia di pompe funebri, che serviva per riciclare il denaro che veniva dai profitti illeciti per traffico di droga, tra le attività di una organizzazione criminale fermata stamattina durante l’operazione “Requiem-ultimatum al crimine”.

L’operazione, condotta dalla Squadra mobile di Frosinone e dal Comando provinciale della Guardia di finanza, ha portato all’arresto di 25 persone, di cui nove ai domiciliari, e a un obbligo di dimora.

L’accusa è per tutti associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio e estorsione.

Le indagini sono partite nel 2018 da alcuni arresti per spaccio e da diversi sequestri di droga avvenuti a Sora (Frosinone). Sin da subito gli agenti hanno intuito che i singoli episodi di spaccio erano riconducibili ad una vera e propria organizzazione malavitosa, ben strutturata e diffusa sul territorio sorano ed in stretto contatto con gruppi malavitosi della Campania.

Proprio da qui avveniva l’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti; il trasporto veniva effettuato da corrieri che, per eludere i controlli, si alternavano nel tragitto dalla Campania al basso Lazio, dove la droga veniva poi smistata e stoccata in diversi luoghi nella disponibilità del gruppo criminale, il principale dei quali costituito da un impianto di autodemolizione di materiali ferrosi.

Lo sviluppo delle indagini hanno portato a individuare due fazioni, una facente capo ad una famiglia di origini campane, trasferitasi a Sora nei primi anni novanta, e una seconda locale, al cui vertice c’erano pregiudicati sorani.

I due gruppi, dopo un primo periodo di collaborazione reciproca nell’acquisto e nello spaccio sulle varie piazze del sorano, del cassinate e della provincia dell’Aquila, erano entrati in contrasto tra loro per acquisire il monopolio dell’attività di spaccio nel territorio sorano. In particolare mentre il gruppo “locale” aveva posto tutte le proprie energie nell’attività di spaccio, gli affiliati della fazione di origini campane avevano esteso i propri interessi a vari ambiti, infiltrandosi nel tessuto economico sociale in maniera spregiudicata e violenta.

In particolare i vertici dell’associazione gestivano anche un’attività di pompe funebri che si era ingrandita velocemente grazie ai guadagni dell’illecito traffico di sostanze stupefacenti, oltre 9 mila euro a settimana, che venivano successivamente reimpiegati anche nell’attività dell’azienda funebre, la quale poteva così offrire a basso costo servizi con auto di lusso, peraltro senza adempiere agli obblighi di presentazione delle dichiarazioni fiscali.

All’operazione hanno preso parte le unità cinofile antidroga del Gruppo della Guardia di finanza di Formia e del Reparto cinofili di Nettuno, gli elicotteri del I Reparto Volo di Pratica di Mare e del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Civitavecchia, nonché equipaggi del Reparto prevenzione crimine Campania.

Sacra Corona Unita: operazione Old Generation a Brindisi

Duro colpo alla Sacra Corona Unita a Brindisi dove sono state arrestate otto persone; per altre cinque è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Individuati appartenenti alla frangia storica facente capo al clan Campana, attiva sul territorio brindisino.
Le indagini sono iniziate dopo alcuni episodi intimidatori avvenuti a Brindisi e provincia nel 2015 e, attraverso intercettazioni e pedinamenti, i poliziotti della Squadra mobile di Brindisi sono riusciti a scoprire tutta la struttura gerarchica del clan mafioso, i vari ruoli e i nuovi assetti. Con la forza dell’intimidazione e dell’assoggettamento, gli affiliati, negli anni, sono riusciti ad avere tutto il controllo del territorio, dei negozi e delle attività produttive.

Le vittime per paura non hanno mai denunciato alle Forze dell’ordine le aggressioni subite.
Il capo clan, sebbene in carcere, è riuscito a mantenere i contatti con gli affiliati anche attraverso la compagna che si recava regolarmente in carcere a fare visita al boss.
I profitti derivanti dalle estorsioni alle attività commerciali e agli imprenditori servivano per assicurare il supporto economico agli affiliati detenuti e alle loro famiglie.
Durante l’operazione sono stati impegnati anche equipaggi dei Reparti prevenzione crimine di Lecce e Bari, del Reparto volo di Bari e della Polizia scientifica della questura di Brindisi.

Arrestato a Bologna rapinatore seriale

Un rapinatore seriale è stato arrestato a Bologna dagli uomini della Squadra mobile dopo esser stato identificato come l’autore di una serie di rapine nel centro cittadino.
A tradire il 48 enne bolognese sono stati dei tatuaggi che l’uomo ha su entrambe le mani e il lavoro certosino degli agenti nel guardare ore e ore di filmati delle telecamere di video sorveglianza per “beccarlo” senza travisamento e scoprirne il volto.

L’uomo si introduceva negli esercizi commerciali e sotto la minaccia di un coltello si faceva consegnare l’incasso della giornata e anche il contenuto del portafogli dei commessi o dei proprietari dei negozi.

Fermato nel centro di Bologna è stato riconosciuto e trovato in possesso anche del cutter con il manico blu descritto tante volte dalle vittime minacciate. È accusato di almeno altre 4 rapine avvenute negli ultimi mesi in città.

 

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