Puglia: SILVESTRO (FI), da Emiliano grave mancanza senso istituzioni su Antimafia

“La decisione del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, di non accettare la convocazione della Commissione parlamentare antimafia rappresenta una grave mancanza per il senso delle istituzioni e per l’importante lavoro svolto dalla Commissione su atti delicati e legittimi”. Lo dichiara il senatore di Forza Italia Francesco Silvestro, presidente della Commissione parlamentare per le Questioni Regionali.

“La partecipazione attiva delle autorità e dei rappresentanti istituzionali è fondamentale per garantire un efficace contrasto alla criminalità organizzata. Il rifiuto del presidente Emiliano di partecipare alla Commissione antimafia non solo compromette la credibilità delle istituzioni, ma mette anche in discussione l’impegno nel contrastare fenomeni criminali che minacciano la sicurezza e il benessere dei cittadini. La partecipazione alla Commissione antimafia non è soltanto un obbligo istituzionale, ma anche un dovere morale e civico che ogni rappresentante pubblico deve assolvere per contribuire alla difesa della legalità e alla tutela dei diritti dei cittadini”, conclude Silvestro.

Filiere della Piana del Sele, da tre Bcc plafond di 20 milioni per le Pmi che vogliono investire in soluzioni green

Trenta soluzioni e tecnologie per migliorare la sostenibilità della filiera della IV gamma (frutta e ortaggi freschi confezionati e pronti per il consumo) nella Piana del Sele: dalla eliminazione della plastica allo sviluppo delle rinnovabili, dalla riduzione degli scarti al loro riutilizzo fino all’efficienza della logistica e della distribuzione. A individuarle è un primo report sul settore realizzato nell’ambito del progetto “Filiere Sostenibili della Piana del Sele” che porta la firma di Fondazione Symbola e delle BCC Campania Centro, Capaccio Paestum e Serino e Magna Grecia.

Per diffondere soluzioni e tecnologie green mappate dal report le tre Banche di Credito Cooperativo hanno già sottoscritto un protocollo di collaborazione con Symbola, Coldiretti e Confagricoltura attivando un primo plafond comune di 20 milioni di euro destinato alle imprese che vorranno investire per migliorare processi e prodotti nel segno della sostenibilità.

Il report è stato presentato questa mattina, presso la Camera di Commercio di Salerno, da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, e Marco Frey, presidente comitato scientifico Fondazione Symbola. Ne hanno discusso Andrea Prete, presidente Camera di Commercio di Salerno; Lucio Alfieri, presidente BCC Magna Grecia; Camillo Catarozzo,presidente BCC Campania Centro; Rosario Pingaro, presidente BCC Capaccio Paestum e Serino. Le conclusioni sono state affidate a Fulvio Bonavitacola, vice presidente della Regione Campania. Ha moderato l’evento Alessandra Del Prete, giornalista di Repubblica Napoli.

Il progetto “Filiere Sostenibili”, coordinato da Marco Frey con Domenico Sturabotti, direttore di Fondazione Symbola, copre due annualità e interessa nel 2024 la filiera della quarta gamma e nel 2025 la filiera bufalina. Cinque le dimensioni analizzate: Sostituzione o riduzione delle sostanze chimiche, Gestione della risorsa idrica, Gestione del suolo, Energia e riduzione delle emissioni di CO2, Riutilizzo e riciclo dei sottoprodotti.  L’intenzione è quella di estendere nel futuro il progetto ad altre filiere produttive dell’area.

Il mercato della IV gamma rap­presenta circa il 18% dell’intero valore economico del mercato or­tofrutticolo in Italia e il 2% del to­tale del mercato alimentare. Nel nostro Paese il comparto è caratterizzato da una forte concentrazione territoriale. Campania e Lombardia, seguite dal Veneto, controllano la trasfor­mazione dei prodotti orticoli (in particolare rucola, insa­late e radicchi), mentre il Trentino, seguito da altre regioni del Nord Italia, controlla la trasformazione di prodotti frutticoli (in particolare mele).

La Piana è uno dei principali poli europei della IV gamma. Con una superficie di circa 6.000 ettari dedicati alla produzione, le aziende agricole hanno sfruttato il clima mite per garantire una produzione costante durante tutto l’anno. Le colture includono le baby leaf, con una particolare specializzazione nella produzione di rucola, lattughino e spinacino. Negli ultimi dieci anni, si è assistito a un’espansione della produzione che ha integrato nuove varietà, come valeriana, basilico, radicchio, bietola, carota, ravanello e diverse insalate. La produzione sotto serra si è estesa anche ad altre coltivazioni aromatiche, come prezzemolo e coriandolo. Di particolare valore la rucola sia in forma selvatica che coltivata (73% della produzione nazionale), che ha ottenuto il prestigioso marchio IGP nel 2020 e la creazione di un Consorzio di Tutela nel marzo 2021.

L’intensa collaborazione tra il gruppo di ricerca di Fondazione Symbola, le imprese e le associazioni del territorio ha permesso l’individuazione di 30 soluzioni, nelle 5 dimensioni ambientali, implementabili o se già presenti da diffondere ulteriormente per accelerare la sostenibilità del territorio.

Nell’ambito della riduzione chimica, va fortemente incentivata la transizione verso pratiche agricole biologiche, come l’utilizzo di varietà resistenti e l’impiego di tecnologie 4.0. Nella gestione idrica, garantita principalmente dai Consorzi di Bonifica e dai pozzi aziendali, sono già diffuse nell’area molte delle soluzioni mappate, che il progetto propone di estendere ulteriormente.

Nella gestione del suolo, sarà fondamentale contrastare la diminuzione della fertilità, per questo vengono proposte soluzioni da diffondere nelle pratiche agricole.

Per la riduzione delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici, sono già implementate soluzioni come il fotovoltaico, mentre l’agrivoltaico è ostacolato dall’idea che generi problemi di oscuramento delle colture, affrontabili in pieno campo con tecnologie già disponibili, mentre risulta più complessa l’integrazione sulle serre. Il trasporto può ridurre le emissioni sia attraverso la diffusione di mezzi elettrici che di sistemi refrigeranti a zero emissioni per garantire la salvaguardia dei prodotti agricoli. Relativamente al riutilizzo di sottoprodotti e sul packaging c’è ancora molto da fare. Se da un lato sul packaging sono già adottate soluzioni sostenibili che vanno diffuse maggiormente, va approfondito il tema del riutilizzo di sottoprodotti (in alcuni casi ostacolato da barriere normative) e l’opportunità di “simbiosi industriale” con altre filiere per l’utilizzo degli scarti vegetali (realizzazione di impianti di compostaggio o digestione anaerobica, ad esempio).

Guardando al futuro, lo studio propone di concentrarsi su tre i fattori: l’acquisizione e lo sviluppo di competenze, essenziali per garantire una gestione efficace delle risorse e l’adozione di pratiche agricole sostenibili; una gestione oculata delle risorse finanziarie e naturali disponibili, investendo capitali in tecnologie già disponibili per l’efficientamento dei macchinari e una maggiore sicurezza alimentare; puntare all’innovazione tecnologica per migliorare la competitività del settore agricolo della Piana del Sele attraverso investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

A dieci anni dalla morte del commissario Roberto Mancini, parla Alessandro Magno, uno dei suoi collaboratori: “Gli effetti della terra dei fuochi non si cancellano, l’Italia è piena di siti inquinati”

Gli anniversari servono anche a riaccendere la luce sui fatti, per evitare che si ripetano. Dunque è necessario ricordare il Commissario di Polizia Roberto Mancini e la sua opera. Lo facciamo con uno dei componenti della squadra che per prima indagò sul fenomeno denominato poi Terra dei Fuochi, l’Assistente Capo Coordinatore della Polizia di Stato Alessandro Magno, oggi in forza presso la Squadra Mobile di Roma.

Alessandro Magno, oggi parliamo di Terra dei Fuochi come di un ricordo distante da noi, nel tempo e nello spazio. Le chiedo, ha ancora senso parlare di terra dei fuochi?

“La terra dei Fuochi non è un capo di abbigliamento, un mobile o un oggetto che passa di moda. Gli effetti “avversi da terra di Fuochi” degli scarti industriali e non solo, di rifiuti speciali e cancerogeni occultati, miscelati, bruciati, non si cancellano con un semplice click del mouse. I responsabili e fiancheggiatori di questo disastro continuo e inarrestabile, unico nella storia d’Italia, ne sono pienamente consapevoli.

Chi ha inquinato e permesso tutto questo quando viene insultato con la parola “vergogna”, ne conosce soltanto l’etimologia, non il sentimento che si prova nell’essere apostrofati da questo epiteto.

I mezzi di comunicazione che fino a qualche anno fa ci parlavano di Terra dei Fuochi perché non potevano più nasconderlo, concedevano libero sfogo durante le trasmissioni, con l’intento di depotenziare la rabbia innescata nelle masse per quanto accaduto. Che la verità fosse finalmente venuta a galla, in parte era vero; sono i dribbling nel raccontarla che hanno fatto la differenza. Il gioco delle tre carte funziona sempre.

Siamo abituati a dare un giudizio soltanto su quello che vediamo e sentiamo, il resto non esiste. Dobbiamo ripartire da quel “non esiste” se vogliamo una vera e propria presa di coscienza.

Roberto Mancini un giorno mi raccontò di aver rilasciato un’intervista e di essere rimasto deluso nel rivederla, per il “taglio giornalistico” che gli era stato dato.

Gli stessi che ci informavano zigzagando sulle nefandezze nella terra dei fuochi, oggi parlano di Green, Sostenibilità e di Eco…

L’unico Eco che conosco è quello del riverbero che si ascolta nelle valli.

Non si tratta di andare controcorrente, come qualcuno vorrebbe far passare quando ha un pensiero divergente; abbiamo delle realtà di siti inquinati e/o stoccati in Italia, che se volessimo bonificarli non basterebbero i soldi per fare 10 guerre. Ma di quale sostenibilità vogliamo parlare? Ci sono dei siti con danni immanenti e permanenti; parlare di bonifiche in diversi casi è come tentare di rianimare una persona morta da giorni o pensare di otturare un dente cariato senza aver trattato prima la carie”.

Mentre l’Italia intera si concentrava su quella piccola porzione della Campania, la terra dei fuochi appunto, in tante altre regioni venivano commessi delitti ambientali anche più gravi. E non sappiamo cosa accade nel resto d’Europa… Quali sono i mezzi che noi cittadini abbiamo per difenderci?

“Per capire e rispondere meglio a questa domanda, bisognerebbe rileggersi le altre interviste che ho rilasciato nel corso degli anni; sono tutte collegate. Purtroppo questo non è possibile perché digitando i link non sono più disponibili. Non mancherà l’occasione di rimetterle in rete appena avrò del tempo.

Ritornando alla sua domanda: per difendersi bisogna capire prima di tutto chi sono i nostri nemici e come ci attaccheranno. Se il cittadino non raggiunge questo grado di consapevolezza e non ravvisa pericoli, perché deve pensare di difendersi e da chi? Ritorniamo al punto di partenza: quanto e quando è attendibile un’informazione? Ognuno di noi si fa un’idea in base all’informazione che riceve. Se quell’informazione è contaminata e non lo sappiamo, siamo in trappola senza rendercene conto. Anche l’utilizzo di notizie false per smentire quelle vere ci impedisce una corretta visione e manipola la nostra coscienza. C’è chi si pone dubbi e chi invece si beve tutto, ma come diceva qualcuno: questa è un’altra storia!”.

Lei da anni viene invitato a parlare dell’esperienza della Terra dei Fuochi nelle scuole in tutta Italia. E’ un modo per sensibilizzare le giovani generazioni sui gravi rischi derivanti da questi fenomeni criminosi.

“Alle giovani generazioni manca il tassello più importante: la Terra dei fuochi. Parlare di questo disastro è controproducente per chi oggi vuole spingere verso questo esasperato Green pieno di contradizioni che tutto sembra eccetto la vera salvaguardia dell’ambiente. Capisce perché non si deve parlare più di terra dei fuochi?

I veri problemi sono altri, i burattinai lo sanno perfettamente. La monnezza che altera in modo significativo l’ecosistema, il mondo ne è pieno. Non c’è luogo sicuro su questo pianeta che non sia stato utilizzato per nascondere la monnezza dei paesi più agiati. La Somalia è soltanto uno dei tanti Paesi impiegati come discarica. Anche l’inquinamento bellico dovuto alle guerre, dove l’utilizzo di armi contenenti sostanze chimiche (non solo l’uranio impoverito) ha contribuito a peggiorare la situazione ambientale. Non hanno risparmiato neanche i fondali marini con le navi a perdere; un intrigo internazionale agghiacciante. Poi c’è l’uso massiccio chimico di pesticidi, erbicidi, insetticidi, funghicidi in agricoltura; il rimaneggiamento delle attività zootecniche che ha sostituito il concio di stalla, fertilizzante naturale con quelli chimici. E l’inquinamento generato da campi elettromagnetici? Nella Geoingegneria, tabù fino a qualche tempo fa, è legittimo chiedersi  quali sono le sostanze che  vengono immesse nei cieli sopra di noi?

Alla faccia della CO2!

Per capire che i conti non tornano, non servono conoscenze accademiche, basta ragionare. L’idea che mi sono fatto me la tengo per me perché non voglio in alcun modo né condizionare né orientare il pensiero del lettore. Dobbiamo soltanto cercare di collocare i pezzi esatti di questo mosaico. In questo modo potremo aspirare a una conoscenza di qualità e capire in quale direzione stiamo andando.

Riconosco che l’esperienza e il percorso fatto nella Criminalpol insieme al Commissario Mancini, grande investigatore e ricercatore di verità, è stato determinante. Preferisco una verità dolorosa rispetto a una bugia indolore che devitalizza l’essenza della vita”.

Quali sono le domande che più di frequente le rivolgono gli studenti? E come reagiscono quando mostra loro le foto e i reperti di quelle terre avvelenate?

“Qualche mese fa sono stato ospite come relatore nel Rotary Club di Cassino; l’evento era stato organizzato dal neo presidente la Dott.ssa Annalisa Masia, una donna straordinaria per intelletto e carica umana. Presenti le autorità e le istituzioni locali. L’evento è stato organizzato all’interno di un palazzo prestigioso. I veri protagonisti di questo incontro sono stati i giovani che hanno arricchito il tutto con tantissime domande inerenti la salvaguardia dell’ambiente.

Gli studenti hanno delle potenzialità incredibili. A volte ti mettono in serie difficoltà; dare una risposta sincera e senza filtri, rischierebbe un impatto psicologico troppo forte. Trovare le parole giuste in più di un’occasione è stato veramente difficile. Mi chiedono sempre se ho paura e perché lo faccio: la paura è un sentimento che riesco a gestire molto bene altrimenti non potrei fare questo lavoro; in merito al coraggio rispondo che ci vuole molto più coraggio ad affermare che la terra dei fuochi non esiste, lì si che ci vuole coraggio! La negazione dell’esistenza della terra dei fuochi ci fa capire che non tutti gli esseri umani di questo pianeta hanno un’anima.

Quelli che lei chiama reperti, sono degli oggetti rappresentativi che ho creato con dei cilindri in PVC. Le Slide che mostro insieme agli oggetti, ti danno la dimensione verosimile di quello che è accaduto. Ho impiegato più di un anno per realizzare questo progetto. Funziona benissimo e fa comprendere bene, come siano potuti scomparire nel nulla tonnellate di rifiuti che avrebbero dovuti essere stati smaltiti in discariche autorizzate, che in realtà non si riempivano mai perché i dati erano inventati”.

C’è una cosa che vorrebbe dire oggi al suo ex capo Roberto Mancini?

“Il Sost. Comm. Roberto Mancini, si è spinto fino all’estremo sacrificio. Ha donato la propria vita nel tentativo di cambiare il percorso di questa tragedia infinita. Quanti anni sono trascorsi dalla nostra indagine: profluvi di parole e tempo prezioso perso che non sono servite di certo a cambiare le cose se non in peggio.

La domanda che si poneva Mancini e che faccio mia è la seguente: “Quante vite potevamo salvare” se avessero preso in considerazione la nostra indagine. La posta in gioco era alta; una squadra di pochi uomini con alti e bassi ma comunque una squadra. Eravamo riusciti a scardinare una porta dove altri non avevano osato. Che cosa ci fosse aldilà di questa porta rimarrà un mistero. Riferirà all’Autorità Giudiziaria dell’esistenza di una “struttura superiore”.

La Criminalpol, fiore all’occhiello della Polizia di Stato, nel 1999 viene sciolta.

Roberto Mancini era solito passare a trovare qualcuno del suo ex ufficio, compreso me. La sosta davanti alla sua vecchia stanza era una tappa fissa. Li dentro era nata l’indagine che scoprì “la Terra dei Fuochi”.

Mi disse che io avrei dovuto portare avanti la memoria di questa tragedia nel caso gli fosse accaduto qualcosa. Era già malato e aveva fatto il trapianto di midollo. A questa richiesta mi misi a ridere e gli risposi: ma che me voi molla’ sta truffa proprio a me? Lui scoppiò a ridere come era solito fare alle mie battute. Il 30 aprile del 2014 Roberto Mancini muore.

Sono trascorsi 10 anni dalla sua scomparsa e nonostante i retroscena di questa storia, porto avanti quel fardello lasciato in eredità dal Commissario Mancini che pesa come un macigno. Non sono poche le avversità che ho affrontato e superato nel raccontare verità scomode come questa.

Mi chiede cosa voglio dire al mio ex capo? Caro Roberto, non avrò mai parole per ringraziarti perché soltanto a distanza di anni ho capito tante cose che non riuscivo né a capire né a vedere. Spero di essere degno di portare avanti il tuo nome e quello della nostra squadra che tanto aveva fatto per amore della verità”.

Un’ultima curiosità: ci può raccontare un’operazione alla quale ha partecipato e della quale è particolarmente orgoglioso?

“Nel 1994, nel bel mezzo dell’indagine sulla terra dei Fuochi, vengo incaricato a partecipare come “under cover” per una operazione molto delicata. Il mio nome fu segnalato da un mio superiore della Criminalpol che proveniva dall’antiterrorismo: si chiamava Luigi Fazio, era un Sovrintendente di Polizia. Più avanti svelerò la sua grandezza.

L’operazione denominata “Timer” consisteva nell’acquisto di un ingente quantitativo di esplosivo, plastico e detonatori da utilizzare in caso di necessità per conto della nostra fantomatica organizzazione. L’abilità nel superare la fiducia e credibilità nel contesto criminale, fase più difficile e delicata, fu opera del collega Fazio. Eravamo talmente calati nei personaggi che a volte, quando finivamo e rientravamo in ufficio per redigere gli atti, ripetevamo le battute fatte durante la trattativa con i malavitosi e scoppiavamo a ridere.

Finalmente arrivò il giorno dell’acquisto dell’esplosivo. Il mio compito era quello di ispezionare e caricare l’esplosivo nel nostro furgone. Oltre a questo dovevo scoprire dove fosse il restante per evitare che il suo utilizzo finisse nelle mani di altre organizzazioni criminali. Mi presentai all’appuntamento con un furgone delle poste, vestito da postino. La Polizia scientifica mi aveva tappezzato il corpo con dei cerotti per apporre un microfono al fine di monitorare e ascoltare tutte le fasi dell’operazione. Così facendo, qualora fosse andato qualcosa storto, i miei colleghi sarebbero intervenuti tempestivamente.

Lo stratagemma del furgone postale, come dissi ai possessori dell’esplosivo, era per eludere eventuali controlli da parte delle forze di Polizia. Ci dissero che era stata un’idea geniale, manifestando una certa ammirazione su di noi. Insomma, ci erano cascati con tutte le scarpe.

L’operazione si concluse con l’arresto dei malviventi e il recupero di tutto l’esplosivo fino al covo. Fu il più grande sequestro di materiale esplosivo fatto dalla Polizia di Stato: 600 kg. di T4, 20 kg. di plastico e 1500 detonatori di fabbricazione militare. Terminata l’operazione e l’adrenalina, Fazio  si complimentò con me per aver gestito bene ogni fase dell’operazione. Lo abbracciai forte ringraziandolo per la fiducia riposta.

Qualche anno più tardi, Fazio andò in pensione e si comprò un pezzo di terra distante dal caos delle grandi città. Quel piccolo fazzoletto di paradiso comprato con i sacrifici di una vita, nel giro di poco tempo si trasformerà in un vero e proprio inferno.

Nel terreno comprato da Fazio adiacente un piccolo bosco, spuntò improvvisamente un campo Rom autorizzato. La tanto sospirata quiete per aver raggiunto la pensione, cessò improvvisamente. Passò il resto degli anni che gli rimanevano ad annotare targhe, facendo foto e video di coloro i quali bruciavano carcasse di auto dopo averle cannibalizzate. Oltre a questo, si bruciavano anche rifiuti speciali; si disperdevano liquami di ogni genere direttamente nei terreni. Mi raccontava che l’odore era simile agli acidi e che scioglievano i rifiuti che entravano in contatto con queste sostanze.

Denunciò tutto ma di fatto non accadde nulla. Furono soltanto rimosse le carcasse delle auto che si erano accumulate in quello spazio che seppur limitato, nel corso degli anni, ne contò più di mille. Al telefono mi diceva che tutti i fumi e sostanze tossiche che si era respirato negli anni, puzzavano di morte.

Era talmente disperata la situazione che cercò di giocarsi l’ultima carta visto e considerato che le sue segnalazioni non erano valse a nulla o quasi.

Contattò la redazione delle Iene su Italia Uno. Fu inviata la iena Filippo Roma che realizzò un ottimo servizio documentando una parte di quanto accadeva. Fazio, era quell’omino con barba lunga e capelli bianchi, battezzato dalle Iene con lo pseudonimo di Luigi RAMBO.

Quel guerriero indomito che avete visto in quel filmato non c’è più, morì due anni dopo la messa in onda di quella puntata. Prima di lui morì la sua compagna. A entrambi fu diagnosticato un tumore.

Quando capì che la sua vita era giunta al termine, incaricò i figli di contattare i suoi colleghi più stretti della Criminalpol. Lo andai a trovare in ospedale, sapevo che dopo quel saluto non l’avrei più visto. Morì il giorno dopo. Magro, scarnito ma con una mente lucida fino all’ultimo respiro; mi fece una raccomandazione come un padre fa a un figlio prima di lasciare la vita terrena.

I funerali di questo grande uomo vennero celebrati nella chiesa del quartiere Parioli a Roma.  La sua straordinaria opera silenziosa non è stata dimenticata. Ai suoi funerali presenzierà il Capo della Polizia attuale Prefetto di Roma, il Dott. Lamberto Gianni. A Fazio sarà riservato anche il picchetto d’onore.

Voglio ringraziarla per avermi dato la possibilità di aver ricordato due uomini dello Stato che hanno servito questo Paese e non hanno mai smesso di lottare.

Ognuno di noi deve fare la sua parte, ora, non domani. In questo periodo storico, il risveglio collettivo delle coscienze deve essere la nostra priorità. Se non comprendiamo questo, la colpa sarà soltanto nostra. Noi siamo i responsabili delle nostre azioni e omissioni.

Il mondo sta cambiando e ci attendono grandi sfide. Non possiamo più girarci dall’altra parte e fare finta di niente. Se il futuro è nelle nostre mani, perché delegarlo agli altri?”.

Naturalmente siamo noi a ringraziarla.

 

 

Gérard Depardieu: Accuse di Violenza Sessuale e la Possibilità di Essere Posto in Stato di Fermo

Una notizia scioccante ha scosso il mondo dello spettacolo: Gérard Depardieu è stato convocato in commissariato questa mattina in relazione alle accuse di violenza sessuale avanzate da due donne. Secondo quanto riportato da BFM-TV, l’attore francese potrebbe essere posto in stato di fermo in attesa di ulteriori sviluppi sulle accuse mosse nei suoi confronti.

Questo drammatico sviluppo solleva interrogativi sulla carriera e sull’integrità dell’attore, noto per la sua straordinaria bravura sul grande schermo. Le accuse di violenza sessuale sono sempre estremamente serie e richiedono un’indagine approfondita e imparziale da parte delle autorità competenti.

In stato di fermo, Depardieu, 75 anni, sarà sottoposto a interrogatorio riguardo ai due casi che lo coinvolgono. La decisione di porlo sotto inchiesta rappresenta un momento cruciale nel processo investigativo, con l’obiettivo di stabilire la verità e garantire giustizia per le presunte vittime.

È importante sottolineare che, al momento, si tratta solo di accuse e che Depardieu deve essere considerato innocente fino a prova contraria. Tuttavia, l’entità delle accuse e la reputazione dell’attore rendono questo caso particolarmente sensibile e suscettibile di attirare l’attenzione mediatica.

La notizia dell’eventuale stato di fermo di Gérard Depardieu ha scatenato un dibattito acceso sull’importanza del rispetto delle donne e sulla necessità di indagini rigorose in caso di accuse di violenza sessuale. Si tratta di una questione delicata che richiede una risposta ponderata da parte delle autorità competenti e una riflessione approfondita da parte dell’opinione pubblica.

Giorgia: L’Invito di Meloni per le Europee e l’Escamotage di FdI per Salvare il Voto

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha lanciato un appello diretto agli elettori durante un evento a Pescara, dove è stata presentata la sua candidatura come capolista in tutti i collegi alle prossime elezioni europee. Con un’invito insolito ma incisivo, Meloni ha chiesto agli italiani di votare esclusivamente con il suo nome di battesimo: “Giorgia”.

Nel suo discorso, Meloni ha sottolineato l’importanza di essere riconosciuta con il suo nome di nascita, evidenziando il suo legame con le radici popolari. Ha condiviso le esperienze passate in cui è stata oggetto di derisione per le sue origini, ma ha ribadito con orgoglio di essere una rappresentante del popolo.

L’opzione di scrivere semplicemente “Giorgia” sulla scheda elettorale è stata spiegata dagli ambienti di Fratelli d’Italia come una mossa strategica per evitare il rischio di annullamento del voto. Infatti, nella lista del partito, il nome completo della candidata sarà “Giorgia Meloni detta Giorgia”, consentendo agli elettori di indicare il suo nome di battesimo senza incorrere in problemi legali.

Questo escamotage, seppur insolito, potrebbe rivelarsi efficace nel garantire che i voti espressi per Giorgia Meloni siano validi e non soggetti a contestazioni. La decisione di puntare su una strategia così diretta evidenzia anche la determinazione di Fratelli d’Italia nel massimizzare il sostegno per la propria candidata.

L’invito di Meloni ad utilizzare il suo nome di battesimo rappresenta quindi non solo un gesto di identità personale, ma anche una mossa politica mirata a proteggere e valorizzare il consenso degli elettori. Resta da vedere come questa strategia verrà recepita dagli elettori e quali saranno le conseguenze sul risultato delle elezioni europee.

Milano in Festa: 350.000 Interisti Celebrano i Campioni d’Italia in Trionfo

Milano si è trasformata in un mare di gioia e passione, con oltre 350.000 persone che hanno affollato le strade per celebrare la vittoria dell’Inter, campione d’Italia. Secondo la questura, l’evento è stato caratterizzato da un clima festoso, senza segnalazioni di tensioni.

I tifosi hanno invaso le strade sin dalle prime ore, preparandosi ad accogliere i propri beniamini. I giocatori dell’Inter hanno sfilato a bordo di due pullman scoperti lungo un percorso che ha attraversato la città. Partiti da San Siro verso le 16:00, hanno fatto il loro ingresso trionfale in piazza Duomo intorno alle 23:00, seguiti costantemente dalle forze dell’ordine lungo il tragitto.

L’arrivo dei campioni d’Italia è stato accolto con entusiasmo e emozione. Al triplice fischio finale della partita contro il Torino, vinta per 2-0, i giocatori sono scesi in campo con uno striscione che recava le due stelle e la scritta “Campioni d’Italia”. Sorrisi, cori e abbracci hanno caratterizzato il momento, con molti giocatori che hanno voluto condividere la gioia con le proprie famiglie.

L’atmosfera era carica di euforia collettiva, con i tifosi che hanno reso omaggio alla squadra con coreografie, striscioni e cartelli. Lungo il percorso, il pullman è stato circondato da una folla festante, rallentando il passaggio e permettendo ai giocatori di godersi l’entusiasmo dei propri sostenitori.

Tra i momenti più emozionanti, il gesto di Marko Arnautovic, che ha diretto i cori dei tifosi come aveva fatto nel 2010 durante la vittoria dell’Inter in Champions League.

La festa è stata un’occasione unica per la città di celebrare la vittoria del proprio club del cuore e per i tifosi di esprimere tutto il loro amore e sostegno per i campioni d’Italia.

Franco Di Mare: La Sua Battaglia Contro il Mesotelioma e l’Ingiustizia Dell’Amianto

Franco Di Mare, volto noto del giornalismo italiano, ha svelato sul palco di Che Tempo che Fa una notizia che ha sconvolto il pubblico: è affetto da un tumore incurabile, il mesotelioma, causato dall’esposizione all’amianto. In un momento di grande coraggio, il giornalista ha deciso di condividere la sua lotta con il mondo, aprendo un dialogo su una malattia spesso misconosciuta.

Il mesotelioma, una forma di cancro aggressiva e spesso fatale, ha già influenzato profondamente la vita di Di Mare. Sul volto porta un tubicino collegato a un respiratore automatico, un segno tangibile delle sfide quotidiane che affronta. Tuttavia, nonostante le avversità, il giornalista si è presentato con determinazione, evidenziando la necessità di rimanere speranzosi e di credere nel progresso scientifico.

Parlando con Fabio Fazio, Di Mare ha sottolineato come il mesotelioma sia strettamente legato all’amianto nell’aria, una sostanza invisibile e subdola che minaccia la salute senza essere percepita. Ha espresso la speranza che nuove scoperte scientifiche possano offrire una soluzione, evidenziando l’importanza di una comunità solidale intorno ai malati.

L’annuncio di Di Mare ha commosso non solo il pubblico, ma anche il conduttore Fabio Fazio, che ha dedicato spazio al tema dell’amianto nel giorno dei lavoratori vittime di questa tragica esposizione. Presentando il libro di Di Mare, “Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi”, Fazio ha evidenziato il legame tra la storia personale del giornalista e la sua attuale battaglia contro la malattia.

Nel libro, Di Mare mescola le sue memorie di vita con la consapevolezza della malattia che lo affligge, dimostrando una straordinaria resilienza e un desiderio di condividere la sua esperienza per sensibilizzare l’opinione pubblica. Ha dichiarato di non avere rimpianti per la sua vita, ma ha denunciato l’ingiustizia dell’assenza di sostegno umano da parte di istituzioni e colleghi di lavoro, definendo tale comportamento ripugnante.

Franco Di Mare ha dato voce non solo alla sua battaglia personale, ma anche alla causa più ampia contro l’amianto e le sue devastanti conseguenze. Il suo coraggio nel confrontare la malattia e nell’affrontare le carenze nel sistema merita di essere riconosciuto e rispettato.

Con Allegra, personaggio del suo libro, Tiziana Petito ci regala una nuova emozione napoletana

Secondo Tiziana Petito, i miti, le leggende e le storie della città di Napoli dovrebbero essere tramandati all’infinito. L’autrice di “Allegra, misteri e leggende tra i vicoli di Napoli” per la Graus edizioni, esordisce con un romanzo in cui celebra il fascino di una città. tutta da scoprire.

L’abbiamo intervistata per farci raccontare la genesi di un libro decisamente originale, che regala un’emozione napoletana, a chi ha nel cuore la nostra città o semplicemente, per farne scoprire affascinanti particolarità.

Come nasce il personaggio di Allegra?

“Il personaggio di Allegra è nato per caso, mia cugina ha chiamato Allegra la sua prima figlia, questo nome mi è piaciuto tanto e l’ho ritenuto adatto per la protagonista della mia storia.

Nel libro, Allegra è una bambina con una capacità particolare, che le permette di venire a conoscenza dei miti, delle leggende e dei misteri della città. Come scrivo, il suo nome fu scelto dai genitori per imprimere in lei la gioia di vivere, tipica dei napoletani”.

Qual è la sua fonte di ispirazione?

“L’ispirazione mi è venuta passeggiando per Spaccanapoli. Nel tempo ho assistito alla sua trasformazione, ne sono rimasta affascinata, ho studiato la sua storia, mi sono informata sia a livello storico sia per quanto riguarda le leggende legate a quei luoghi, poi intrecciando tutto con la fantasia ho scritto il racconto.

Siamo in un momento in cui Napoli rinizia a splendere, il turismo si incrementa, ma nonostante ciò, ancora tanti continuano ad infangarla.

Proprio pochi giorni fa una ragazza milanese ha risposto ad un’intervista in questo modo: “Napoli è la città più brutta, non è Italia. Non ci sono mai stata, c’è la mafia”.

Ancora oggi, sono in molti quelli che la sottovalutano non conoscendola. Napoli è ricca di storia, leggende, tradizioni. Una città che ti travolge e ti emoziona. Per quanto concerne la pericolosità, pensiamo che nell’ultima classifica sulle città più pericolose d’Italia è al decimo posto mentre Milano è al primo”.

Qual è il suo percorso artistico?

“Il mio percorso artistico è stato per lo più da autodidatta, sono una persona molto creativa, con tanta fantasia e passione per la lettura, purtroppo la mia scelta per gli studi non è stata libera ma condizionata, per cui ho coltivato la lettura e la scrittura autonomamente. Ho diverse storie nel cassetto ed un’infinita di poesie, ma questa in particolare ha fatto scattare in me il desiderio di pubblicarla, per renderla accessibile a tutti e far conoscere le storie che in primis mi hanno emozionato”.

C’è più fantasia o realtà in questo libro?

“La fantasia da sola non esiste. Per fantasticare, per usare l’immaginazione bisogna sempre partire dalla realtà, dalle esperienze che vivi, dai luoghi che visiti, dalle persone che incontri, dalle storie che ascolti.  Quando si scrive una storia, ci si rifà alle proprie conoscenze e ai propri ricordi. Posso affermare che in questo libro, ci sono riferimenti storici reali, ma anche leggende popolari e ricordi personali”.

A chi è rivolto il suo lavoro?

“Allegra, misteri e leggende tra i vicoli di Napoli” è un libro adatto a tutte le età: istruisce i giovani alla napoletanità e dona emozioni alle persone più in là con gli anni.

È un racconto che fa venire la voglia di passeggiare per il centro storico di Napoli, alla scoperta dei luoghi descritti.

Questo racconto, vuole essere un mondo per far sì che i napoletani e non, vengano a conoscenza di leggende, tradizioni, modi di dire e fare, propri della nostra città.

Nel leggerlo si possono scoprire leggende, racconti ed usanze spesso dimenticate, si rimane affascinati dai suoi misteri, si conoscono le sue tipicità, i suoi colori ed i suoi sapori. Una continua e interessante scoperta dal punto di vista storico e leggendario, che rende il racconto ancora più affascinante, così come è affascinante tutt’oggi la città. L’uso del dialetto napoletano fa da sfondo, alla ‘musicalità’ della storia”. 

A Napoli scene da film, ladro inseguito dai rider

Chi li ha visti sfrecciare, divincolandosi con le moto tra i vicoli stretti della città, ha pensato che stessero girando la scena di un film. Magari, visti gli abiti da lavoro di alcuni dei protagonisti un remake in versione napoletana del divertentissimo inseguimento de ‘La matassa’ di Ficarra e Picone. Invece, fuggitivo e inseguitori non stavano fingendo. Magari pensavano di interpretare in cuor loro la parte dei buoni o dei cattivi. Del resto che cosa avreste pensato vedendo un uomo in fuga con un’auto, poi dietro un signore, a cui quell’auto avevano rubato, sopra una moto scortato da un gruppo di sei o sette rider in tenuta da lavoro? Con l’epilogo dell’arrivo di una pattuglia dei Carabinieri? In sostanza, a distinguerla dalla scena di un film è stata solo l’assenza di telecamere e qualche contusione di troppo. Tutto è cominciato in piazza Garibaldi, proprio di fronte alla stazione Centrale di Napoli, con un 37enne napoletano ‘primo attore’. E’ stato lui a rubare un’auto in strada, a mettersi alla guida e a fuggire. Non prima di aver tentato di investirne il proprietario. A quel punto accade l’impensabile. Una piccola flotta di rider in scooter assiste alla scena e fa segno alla vittima di salire in sella. Parte l’inseguimento. Durante la corsa tra le strade affollate del centro, complice la capacità dei riders di destreggiarsi nei vicoli più stretti, il proprietario dell’auto appena rubata compone il 112 senza mai perdere di vista il fuggitivo che non si arrende e lungo il cammino sperona diverse auto. In via della Veterinaria la svolta: a causa della forte velocità investe un motociclista di 25 anni, sbalzandolo violentemente a terra. Lascia sull’asfalto il giovane e l’auto in strada con le portiere spalancate. Fugge a piedi disperatamente. I carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli lo individuano e lo bloccano ormai in affanno per la corsa. In manette, dovrà rispondere di rapina impropria, lesioni personali e omissione di soccorso. E’ in carcere, in attesa di raccontare al giudice le sue ultime ore in libertà. Il giovane centauro è stato ricoverato nella clinica Villa Betania in codice giallo, non in pericolo di vita. Per i rider la fine dell’inseguimento. Contenti il proprietario dell’auto e loro per la buona azione compiuta. Forse un po’ meno i clienti in attesa e che hanno dovuto mangiare pizze, crocchè e arancini ormai raffreddati.

Brevi dall’estero: Musk a Pechino, crisi Mar Rosso, sparatoria in Messico

Messico

Quattro agenti della polizia messicana sono morti e altri due sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco ieri a Chignahuapan, Comune dello Dtato sud-orientale messicano di Puebla. Il Segretariato di Pubblica sicurezza di Puebla, riferisce il quotidiano Excelsior, aveva arrestato alcune persone per operazioni sospette, ma un gruppo armato ha intercettato il veicolo della polizia che trasportava il gruppo ingaggiando uno scontro a fuoco con gli agenti. La sparatoria si è conclusa con la morte di quattro agenti e di tre membri del gruppo armato. La polizia sequestrato tre furgoni.

Venezuela

Le autorità del Venezuela hanno arrestato ieri altri due membri dell’opposizione dopo un incontro avvenuto venerdì con la leader Maria Corina Machado in vista delle elezioni presidenziali del 28 luglio. Gli arresti di Ambar Márquez e Victor Castillo, entrambi esponenti della campagna di Maria Corina Machado nello Stato centro-settentrionale di Portuguesa, seguono quello di Oscar Castaneda, un attivista che era intervenuto venerdì alla riunione dell’opposizione. “Si tratta di tre dirigenti arrestati nelle ultime 24 ore”, ha scritto su X il partito della Machado, Vente Venezuela. Castaneda e Castillo sono membri di Vente Venezuela, mentre Márquez appartiene al partito Primero Justicia (PJ) di Henrique Capriles. In precedenza erano stati arrestati sette leader dell’opposizione accusati di cospirazione, mentre altri sei si erano rifugiati nella residenza dell’Ambasciatore argentino.

Musk a Pechino

Il multimiliardario Elon Musk, Ceo di Tesla, ha lasciato Pechino sul suo jet privato al termine di una visita-lampo, dopo aver ottenuto – secondo una fonte giornalistica Afp – rassicurazioni che i veicoli elettrici che Tesla produce in Cina sono conformi agli standard di sicurezza richiesti dai regolamenti locali: un ostacolo che finora aveva posto l’azienda di Musk in posizione svantaggiata rispetto ai concorrenti cinesi nel più grande mercato delle auto elettriche al mondo. Musk, che nella sua seconda visita al Paese del Dragone in meno di un anno ha incontrato anche il premier cinese, Li Qiang, ha lasciato l’aeroporto della capitale alle 13 locali (le 7 ora italiana) diretto ad Anchorage, in Alaska. Secondo quanto scrive Bloomberg, Tesla appare ora anche in posizione più favorevole per ottenere l’approvazione statale cinese sul suo sistema di guida assistita, avendo fatto accordi con i sistemi di navigazione e mappatura satellitare della cinese Baidu, concorrente di Gps.

Mar Rosso

Le forze statunitensi hanno abbattuto ieri cinque droni aerei sul Mar Rosso: lo rende noto su X il Comando centrale degli Stati Uniti (UsCentcom). I droni, si legge nel messaggio, “rappresentavano una minaccia imminente per gli Stati Uniti, la coalizione e le navi mercantili nella regione. Queste azioni sono intraprese per proteggere la libertà di navigazione e rendere le acque internazionali più sicure per le navi mercantili degli Stati Uniti e della coalizione”.

Ucraina

Le forze russe hanno attaccato ieri 10 villaggi nella regione di Sumy, nell’Ucraina nord orientale: lo ha reso noto l’amministrazione militare regionale, come riporta il Kyiv Independent. Sono state prese di mira le comunità di Khotin, Yunakivka, Bilopillia, Krasnopillia, Velyka Pysarivka, Esman, Shalyhyne, Seredyna-Buda, Shostka e Novo Sloboda: non si registrano feriti, vittime o danni alle infrastrutture civili.

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