Tutti gli articoli di MARZIO DI MEZZA

A 21 anni uccisa a Napoli dal pirata della strada

Alla fine si è consegnato il pirata della strada che all’alba ha investito e ucciso a Napoli una ragazza di 21 anni, Sara Romano, che stava tornando a casa al termine di una serata con le amiche. Un paio d’ore prima, in circostanze quasi analoghe, un’altra giovane, di 27 anni, era rimasta ferita gravemente ed è ora in prognosi riservata dopo essere stata travolta da una vettura che si è fermata poi una mezz’ora dopo in un quartiere, Fuorigrotta, non distante da dove è avvenuto l’investimento mortale.

Quella di oggi è stata una vera e propria strage sulle strade italiane, con sei morti in poche ore, quasi tutti giovani La ragazza di 21 anni, insieme con tre amiche, uscita da un locale al termine di una serata, è salita verso le 6,30 sull’auto per tornare a casa: dopo pochi metri ha chiesto alla conducente di fermarsi, in via Cattolica, una strada di collegamento tra la zona di Cavalleggeri d’Aosta e Coroglio, nella parte occidentale della città, per mettersi lei alla guida della vettura di cui era proprietaria. Sara è scesa per mettersi al volante, ma non ha fatto in tempo perchè è stata investita da un’auto che sopraggiungeva (i testimoni hanno indicato che era un Suv di grossa cilindrata), e che l’ha uccisa sul colpo per poi far perdere le proprie tracce. La ragazza investita, residente nel centro storico di Napoli, è morta sul posto.

La Polizia Municipale intervenuta per prestare assistenza e procedere ai rilievi di rito, ha subito avviato le indagini per identificare il veicolo in fuga, acquisendo le immagini di videosorveglianza della zona e si stanno ascoltando i testimoni. E, dopo essere stato individuato dai carabinieri, grazie ai sistemi di videosorveglianza, si è consegnato alle forze dell’ordine accompagnato da un avvocato, il 29enne, sposato e padre di due figli, che ha noleggiato la vettura coinvolta nell’incidente. Dopo essere stato contattato dai genitori, su consiglio dei militari, il presunto responsabile dell’incidente ha deciso di consegnarsi in un commissariato della città. In via Leopardi, nel quartiere di Fuorigrotta, invece, una ragazza di 27 anni, residente proprio nella strada, dopo una serata passata con le amiche si è fatta accompagnare insieme con le ragazze a casa in taxi. Scesa dalla vettura sotto casa, mentre attraversava via Leopardi, all’altezza dell’intersezione con via Rossetti, è stata investita da un’auto condotta da un ragazzo di 24anni e con a bordo un passeggero 22enne. L’investimento è stato violentissimo: pare che la ragazza investita sia stata sbalzata in avanti di circa 30 metri. Il conducente dell’auto ha proseguito la marcia salvo poi ritornare dopo 30 minuti sul posto, dove è stato intercettato dagli agenti della Polizia Municipale intervenuti per prestare soccorso e per i rilievi. Le condizioni della ragazza investita sono subito apparse gravi, trasportata in ambulanza del 118 presso l’ospedale S.Paolo e successivamente trasferita all’ospedale di Nocera dove è stata ricoverata in prognosi riservata. Avvisato il pm di turno e sequestrato il veicolo, nonché sottoposto ad accertamenti tossicologici il conducente. Entrambi gli occupanti dell’auto investitrice sono stati accompagnati negli uffici del comando della Polizia Municipale per la loro compiuta identificazione in quanto erano sprovvisti di documenti.

Sangue di San Gennaro, ieri si è ripetuto il prodigio della liquefazione

Si è ripetuto il prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro. L’annuncio è stato ieri  dato dall’abate Vincenzo De Gregorio alle ore 18.38 all’ingresso nella Basilica di Santa Chiara al termine della processione. Contemporaneamente l’arcivescovo, monsignor Battaglia, ha mostrato l’ampolla ai fedeli ed è stato sventolato il fazzoletto bianco, simbolo dell’avvenuto prodigio. L’annuncio è stato accolto dall’applauso dei fedeli che riempiono la Basilica sia all’interno che all’esterno. Il ‘miracolo’ di maggio si celebra in ricordo della prima traslazione delle reliquie di San Gennaro da Pozzuoli, dove avvenne il martirio tramite decapitazione, a Napoli dove oggi vengono conservate.

“Parla insieme a noi, pastore fedele, alle coscienze e ai cuori dei piccoli e dei grandi potenti, di chi ha in mano l’economia, di chi amministra il bene comune, di chi governa le nostre città e il nostro Paese”. Sono le parole pronunciate dall’Arcivescovo di Napoli, don Mimmo battaglia, nel corso della funzione religiosa in Santa Chiara. “Rendi chiara, forte e libera la nostra voce – ha proseguito – affinché pronunci parole coraggiose che gli consentano di resistere e di vincere le tentazioni del potere, aiutandoli ad uscire dalle prigioni dei tatticismi, degli interessi particolari, dei politicismi che più che guardare ai bisogni della comunità, e di chi in essa è tra gli ultimi e i marginali, guardano alla preservazione della propria posizione di prestigio”.

Al termine della celebrazione nella Basilica di Santa Chiara, l’ampolla con il sangue di San Gennaro torna nel Duomo dove sarà riposta nella teca custodita nella Cappella del Tesoro. Tantissima la partecipazione al ‘miracolo di Maggio’ sia lungo le stradine del centro storico che in Santa Chiara dove fedeli e tantissimi turisti si sono ritrovati. Tanta la curiosità degli stranieri nel ritrovarsi a partecipare a questo evento unico e fortemente sentito dalla cittadinanza. Nel corso della processione da alcuni balconi sono stati lanciati petali di fiori e più volte il passaggio dei busti argentei di San Gennaro e dei compatroni è stato accompagnato dall’applauso della folla che si è assiepata lungo tutto il percorso e fin dentro il cortile antistante la Basilica di Santa Chiara.

Scalfarotto, interrogazione a Tajani su studente torturato in Usa

“Questa vicenda necessita di essere immediatamente approfondita e chiarita dalla Farnesina con le autorità diplomatiche degli Stati Uniti a Roma. Le immagini della tortura di un nostro connazionale da parte delle autorità di un Paese amico e alleato sono assolutamente inaccettabili e richiedono rapidamente un passo formale da parte del governo. Presenterò questa mattina stessa un’interrogazione al ministro Antonio Tajani”. Lo annuncia il responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, commentando le violenze subite dopo l’arresto da parte della polizia di Miami da uno studente italiano.

Sangiuliano, io ministro fino al 2032

“Fino al 2032 faccio il ministro della Cultura, nel primo e nel secondo governo Meloni, perché noi rivinceremo le elezioni. Dopo torno a fare il direttore o l’editore”. A prevederlo, in un’intervista al Domani, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano escludendo una possibile candidatura alla guida della Regione Campania alle prossime elezioni del 2025. Interpellato sullo sciopero di domani in Rai afferma: “Non conosco le ragioni per cui scioperano…”. Poi aggiunge: “Non credo ci sia” un clima asfissiante, “il clima asfissiante l’ho subito io. Sono pronto a darvi un’intervista dove dimostro carte alla mano tutte le censure che ho subito”. E riguardo al post di un dirigente napoletano di Fratelli d’Italia in cui ha paragonato la segretaria del Pd Elly Schlein alla ricostruzione del viso di una donna di Neanderthal dice: “Ha assolutamente sbagliato. È un comportamento deprecabile, anche perché la polemica politica non deve mai scadere su cose così sgradevoli. Mi pare abbia chiesto scusa, però sono cose che non vanno fatte”.

Studenti, ‘manifestazione a Roma il 1 giugno contro il governo’

I collettivi universitari Opposizione Studentesca d’Alternativa (Osa) e Cambiare rotta annunciano, con un post su Instagram, una manifestazione a Roma, il 1 giugno, “contro il governo Meloni, per la Palestina libera”. Scrivono, infatti, sui social: “Il governo, mentre finanzia le guerre ed è complice del genocidio del popolo palestinese, reprime violentemente ogni forma di dissenso interno”. Al centro della contestazione anche il “progetto di distruzione della scuola e di precarizzazione e sfruttamento del mondo del lavoro”. “Portiamo in piazza – concludono – la reale opposizione alla guerra, allo sdoganamento del fascismo, alla repressione dei manganelli. Portiamo in piazza la rabbia e la consapevolezza con cui abbiamo animato tutte le piazze di quest’anno: al fianco dei nostri fratelli palestinesi che resistono alla barbarie dell’imperialismo!”.

Truffe ad anziani, tre misure cautelari a Napoli

I carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Lamezia Terme hanno eseguito a Napoli, nel quartiere “Ponticelli”, tre misure cautelari a carico di altrettante persone accusate di avere messo in atto una serie di truffe ai danni di persone anziane. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip di Palmi su richiesta della Procura della Repubblica. Le truffe venivano organizzate con la tecnica del “finto carabiniere”.

Gli organizzatori, cioè, fingendosi carabinieri, telefonavano alla vittima designata prospettandole l’arresto di un parente e richiedendo denaro e oro a titolo di cauzione. Dopodiché venivano fornite le modalità di consegna di quanto pattuito. A quel punto intervenivano i cosiddetti “esattori”, persone cioè che, spacciandosi anche in questo caso per carabinieri o avvocati, si recavano nelle abitazioni delle vittime per farsi consegnare denaro o preziosi. L’indagine ha consentito di attribuire alle persone destinatarie delle misure cautelari tre episodi delittuosi, avvenuti nel dicembre del 2023, uno dei quali messo in atto a Besnate, in provincia di Varese, ai danni di un novantatreenne, al quale sono stati sottratti 15 mila euro, e due tentate truffe a Gioia Tauro e Lamezia Terme ai danni di altrettanti ultrasettantenni.

Unesco, attacchi o minacce al 70% dei giornalisti ambientali

Il 70% dei giornalisti ambientali ha subito “attacchi, minacce o pressioni” legati al proprio lavoro. Di questi, due su cinque hanno subito successivamente violenza fisica. L’allarmante dato, ottenuto sulla base di una serie di interviste realizzate lo scorso mese di marzo a giornalisti di 129 Paesi, è stato reso noto dall’UNESCO in un rapporto pubblicato in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura ha messo in guardia contro un aumento della violenza e delle intimidazioni contro i giornalisti che si occupano di ambiente e clima. “Senza informazioni scientifiche affidabili sulla crisi ambientale in corso, non potremo mai sperare di superarla”, ha affermato in una nota il direttore generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay. “Eppure i giornalisti, su cui facciamo affidamento per indagare su questo argomento e garantire che le informazioni siano accessibili, corrono rischi inaccettabilmente elevati in tutto il mondo, e la disinformazione legata al clima dilaga sui social media”.

Filiere della Piana del Sele, da tre Bcc plafond di 20 milioni per le Pmi che vogliono investire in soluzioni green

Trenta soluzioni e tecnologie per migliorare la sostenibilità della filiera della IV gamma (frutta e ortaggi freschi confezionati e pronti per il consumo) nella Piana del Sele: dalla eliminazione della plastica allo sviluppo delle rinnovabili, dalla riduzione degli scarti al loro riutilizzo fino all’efficienza della logistica e della distribuzione. A individuarle è un primo report sul settore realizzato nell’ambito del progetto “Filiere Sostenibili della Piana del Sele” che porta la firma di Fondazione Symbola e delle BCC Campania Centro, Capaccio Paestum e Serino e Magna Grecia.

Per diffondere soluzioni e tecnologie green mappate dal report le tre Banche di Credito Cooperativo hanno già sottoscritto un protocollo di collaborazione con Symbola, Coldiretti e Confagricoltura attivando un primo plafond comune di 20 milioni di euro destinato alle imprese che vorranno investire per migliorare processi e prodotti nel segno della sostenibilità.

Il report è stato presentato questa mattina, presso la Camera di Commercio di Salerno, da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, e Marco Frey, presidente comitato scientifico Fondazione Symbola. Ne hanno discusso Andrea Prete, presidente Camera di Commercio di Salerno; Lucio Alfieri, presidente BCC Magna Grecia; Camillo Catarozzo,presidente BCC Campania Centro; Rosario Pingaro, presidente BCC Capaccio Paestum e Serino. Le conclusioni sono state affidate a Fulvio Bonavitacola, vice presidente della Regione Campania. Ha moderato l’evento Alessandra Del Prete, giornalista di Repubblica Napoli.

Il progetto “Filiere Sostenibili”, coordinato da Marco Frey con Domenico Sturabotti, direttore di Fondazione Symbola, copre due annualità e interessa nel 2024 la filiera della quarta gamma e nel 2025 la filiera bufalina. Cinque le dimensioni analizzate: Sostituzione o riduzione delle sostanze chimiche, Gestione della risorsa idrica, Gestione del suolo, Energia e riduzione delle emissioni di CO2, Riutilizzo e riciclo dei sottoprodotti.  L’intenzione è quella di estendere nel futuro il progetto ad altre filiere produttive dell’area.

Il mercato della IV gamma rap­presenta circa il 18% dell’intero valore economico del mercato or­tofrutticolo in Italia e il 2% del to­tale del mercato alimentare. Nel nostro Paese il comparto è caratterizzato da una forte concentrazione territoriale. Campania e Lombardia, seguite dal Veneto, controllano la trasfor­mazione dei prodotti orticoli (in particolare rucola, insa­late e radicchi), mentre il Trentino, seguito da altre regioni del Nord Italia, controlla la trasformazione di prodotti frutticoli (in particolare mele).

La Piana è uno dei principali poli europei della IV gamma. Con una superficie di circa 6.000 ettari dedicati alla produzione, le aziende agricole hanno sfruttato il clima mite per garantire una produzione costante durante tutto l’anno. Le colture includono le baby leaf, con una particolare specializzazione nella produzione di rucola, lattughino e spinacino. Negli ultimi dieci anni, si è assistito a un’espansione della produzione che ha integrato nuove varietà, come valeriana, basilico, radicchio, bietola, carota, ravanello e diverse insalate. La produzione sotto serra si è estesa anche ad altre coltivazioni aromatiche, come prezzemolo e coriandolo. Di particolare valore la rucola sia in forma selvatica che coltivata (73% della produzione nazionale), che ha ottenuto il prestigioso marchio IGP nel 2020 e la creazione di un Consorzio di Tutela nel marzo 2021.

L’intensa collaborazione tra il gruppo di ricerca di Fondazione Symbola, le imprese e le associazioni del territorio ha permesso l’individuazione di 30 soluzioni, nelle 5 dimensioni ambientali, implementabili o se già presenti da diffondere ulteriormente per accelerare la sostenibilità del territorio.

Nell’ambito della riduzione chimica, va fortemente incentivata la transizione verso pratiche agricole biologiche, come l’utilizzo di varietà resistenti e l’impiego di tecnologie 4.0. Nella gestione idrica, garantita principalmente dai Consorzi di Bonifica e dai pozzi aziendali, sono già diffuse nell’area molte delle soluzioni mappate, che il progetto propone di estendere ulteriormente.

Nella gestione del suolo, sarà fondamentale contrastare la diminuzione della fertilità, per questo vengono proposte soluzioni da diffondere nelle pratiche agricole.

Per la riduzione delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici, sono già implementate soluzioni come il fotovoltaico, mentre l’agrivoltaico è ostacolato dall’idea che generi problemi di oscuramento delle colture, affrontabili in pieno campo con tecnologie già disponibili, mentre risulta più complessa l’integrazione sulle serre. Il trasporto può ridurre le emissioni sia attraverso la diffusione di mezzi elettrici che di sistemi refrigeranti a zero emissioni per garantire la salvaguardia dei prodotti agricoli. Relativamente al riutilizzo di sottoprodotti e sul packaging c’è ancora molto da fare. Se da un lato sul packaging sono già adottate soluzioni sostenibili che vanno diffuse maggiormente, va approfondito il tema del riutilizzo di sottoprodotti (in alcuni casi ostacolato da barriere normative) e l’opportunità di “simbiosi industriale” con altre filiere per l’utilizzo degli scarti vegetali (realizzazione di impianti di compostaggio o digestione anaerobica, ad esempio).

Guardando al futuro, lo studio propone di concentrarsi su tre i fattori: l’acquisizione e lo sviluppo di competenze, essenziali per garantire una gestione efficace delle risorse e l’adozione di pratiche agricole sostenibili; una gestione oculata delle risorse finanziarie e naturali disponibili, investendo capitali in tecnologie già disponibili per l’efficientamento dei macchinari e una maggiore sicurezza alimentare; puntare all’innovazione tecnologica per migliorare la competitività del settore agricolo della Piana del Sele attraverso investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

A dieci anni dalla morte del commissario Roberto Mancini, parla Alessandro Magno, uno dei suoi collaboratori: “Gli effetti della terra dei fuochi non si cancellano, l’Italia è piena di siti inquinati”

Gli anniversari servono anche a riaccendere la luce sui fatti, per evitare che si ripetano. Dunque è necessario ricordare il Commissario di Polizia Roberto Mancini e la sua opera. Lo facciamo con uno dei componenti della squadra che per prima indagò sul fenomeno denominato poi Terra dei Fuochi, l’Assistente Capo Coordinatore della Polizia di Stato Alessandro Magno, oggi in forza presso la Squadra Mobile di Roma.

Alessandro Magno, oggi parliamo di Terra dei Fuochi come di un ricordo distante da noi, nel tempo e nello spazio. Le chiedo, ha ancora senso parlare di terra dei fuochi?

“La terra dei Fuochi non è un capo di abbigliamento, un mobile o un oggetto che passa di moda. Gli effetti “avversi da terra di Fuochi” degli scarti industriali e non solo, di rifiuti speciali e cancerogeni occultati, miscelati, bruciati, non si cancellano con un semplice click del mouse. I responsabili e fiancheggiatori di questo disastro continuo e inarrestabile, unico nella storia d’Italia, ne sono pienamente consapevoli.

Chi ha inquinato e permesso tutto questo quando viene insultato con la parola “vergogna”, ne conosce soltanto l’etimologia, non il sentimento che si prova nell’essere apostrofati da questo epiteto.

I mezzi di comunicazione che fino a qualche anno fa ci parlavano di Terra dei Fuochi perché non potevano più nasconderlo, concedevano libero sfogo durante le trasmissioni, con l’intento di depotenziare la rabbia innescata nelle masse per quanto accaduto. Che la verità fosse finalmente venuta a galla, in parte era vero; sono i dribbling nel raccontarla che hanno fatto la differenza. Il gioco delle tre carte funziona sempre.

Siamo abituati a dare un giudizio soltanto su quello che vediamo e sentiamo, il resto non esiste. Dobbiamo ripartire da quel “non esiste” se vogliamo una vera e propria presa di coscienza.

Roberto Mancini un giorno mi raccontò di aver rilasciato un’intervista e di essere rimasto deluso nel rivederla, per il “taglio giornalistico” che gli era stato dato.

Gli stessi che ci informavano zigzagando sulle nefandezze nella terra dei fuochi, oggi parlano di Green, Sostenibilità e di Eco…

L’unico Eco che conosco è quello del riverbero che si ascolta nelle valli.

Non si tratta di andare controcorrente, come qualcuno vorrebbe far passare quando ha un pensiero divergente; abbiamo delle realtà di siti inquinati e/o stoccati in Italia, che se volessimo bonificarli non basterebbero i soldi per fare 10 guerre. Ma di quale sostenibilità vogliamo parlare? Ci sono dei siti con danni immanenti e permanenti; parlare di bonifiche in diversi casi è come tentare di rianimare una persona morta da giorni o pensare di otturare un dente cariato senza aver trattato prima la carie”.

Mentre l’Italia intera si concentrava su quella piccola porzione della Campania, la terra dei fuochi appunto, in tante altre regioni venivano commessi delitti ambientali anche più gravi. E non sappiamo cosa accade nel resto d’Europa… Quali sono i mezzi che noi cittadini abbiamo per difenderci?

“Per capire e rispondere meglio a questa domanda, bisognerebbe rileggersi le altre interviste che ho rilasciato nel corso degli anni; sono tutte collegate. Purtroppo questo non è possibile perché digitando i link non sono più disponibili. Non mancherà l’occasione di rimetterle in rete appena avrò del tempo.

Ritornando alla sua domanda: per difendersi bisogna capire prima di tutto chi sono i nostri nemici e come ci attaccheranno. Se il cittadino non raggiunge questo grado di consapevolezza e non ravvisa pericoli, perché deve pensare di difendersi e da chi? Ritorniamo al punto di partenza: quanto e quando è attendibile un’informazione? Ognuno di noi si fa un’idea in base all’informazione che riceve. Se quell’informazione è contaminata e non lo sappiamo, siamo in trappola senza rendercene conto. Anche l’utilizzo di notizie false per smentire quelle vere ci impedisce una corretta visione e manipola la nostra coscienza. C’è chi si pone dubbi e chi invece si beve tutto, ma come diceva qualcuno: questa è un’altra storia!”.

Lei da anni viene invitato a parlare dell’esperienza della Terra dei Fuochi nelle scuole in tutta Italia. E’ un modo per sensibilizzare le giovani generazioni sui gravi rischi derivanti da questi fenomeni criminosi.

“Alle giovani generazioni manca il tassello più importante: la Terra dei fuochi. Parlare di questo disastro è controproducente per chi oggi vuole spingere verso questo esasperato Green pieno di contradizioni che tutto sembra eccetto la vera salvaguardia dell’ambiente. Capisce perché non si deve parlare più di terra dei fuochi?

I veri problemi sono altri, i burattinai lo sanno perfettamente. La monnezza che altera in modo significativo l’ecosistema, il mondo ne è pieno. Non c’è luogo sicuro su questo pianeta che non sia stato utilizzato per nascondere la monnezza dei paesi più agiati. La Somalia è soltanto uno dei tanti Paesi impiegati come discarica. Anche l’inquinamento bellico dovuto alle guerre, dove l’utilizzo di armi contenenti sostanze chimiche (non solo l’uranio impoverito) ha contribuito a peggiorare la situazione ambientale. Non hanno risparmiato neanche i fondali marini con le navi a perdere; un intrigo internazionale agghiacciante. Poi c’è l’uso massiccio chimico di pesticidi, erbicidi, insetticidi, funghicidi in agricoltura; il rimaneggiamento delle attività zootecniche che ha sostituito il concio di stalla, fertilizzante naturale con quelli chimici. E l’inquinamento generato da campi elettromagnetici? Nella Geoingegneria, tabù fino a qualche tempo fa, è legittimo chiedersi  quali sono le sostanze che  vengono immesse nei cieli sopra di noi?

Alla faccia della CO2!

Per capire che i conti non tornano, non servono conoscenze accademiche, basta ragionare. L’idea che mi sono fatto me la tengo per me perché non voglio in alcun modo né condizionare né orientare il pensiero del lettore. Dobbiamo soltanto cercare di collocare i pezzi esatti di questo mosaico. In questo modo potremo aspirare a una conoscenza di qualità e capire in quale direzione stiamo andando.

Riconosco che l’esperienza e il percorso fatto nella Criminalpol insieme al Commissario Mancini, grande investigatore e ricercatore di verità, è stato determinante. Preferisco una verità dolorosa rispetto a una bugia indolore che devitalizza l’essenza della vita”.

Quali sono le domande che più di frequente le rivolgono gli studenti? E come reagiscono quando mostra loro le foto e i reperti di quelle terre avvelenate?

“Qualche mese fa sono stato ospite come relatore nel Rotary Club di Cassino; l’evento era stato organizzato dal neo presidente la Dott.ssa Annalisa Masia, una donna straordinaria per intelletto e carica umana. Presenti le autorità e le istituzioni locali. L’evento è stato organizzato all’interno di un palazzo prestigioso. I veri protagonisti di questo incontro sono stati i giovani che hanno arricchito il tutto con tantissime domande inerenti la salvaguardia dell’ambiente.

Gli studenti hanno delle potenzialità incredibili. A volte ti mettono in serie difficoltà; dare una risposta sincera e senza filtri, rischierebbe un impatto psicologico troppo forte. Trovare le parole giuste in più di un’occasione è stato veramente difficile. Mi chiedono sempre se ho paura e perché lo faccio: la paura è un sentimento che riesco a gestire molto bene altrimenti non potrei fare questo lavoro; in merito al coraggio rispondo che ci vuole molto più coraggio ad affermare che la terra dei fuochi non esiste, lì si che ci vuole coraggio! La negazione dell’esistenza della terra dei fuochi ci fa capire che non tutti gli esseri umani di questo pianeta hanno un’anima.

Quelli che lei chiama reperti, sono degli oggetti rappresentativi che ho creato con dei cilindri in PVC. Le Slide che mostro insieme agli oggetti, ti danno la dimensione verosimile di quello che è accaduto. Ho impiegato più di un anno per realizzare questo progetto. Funziona benissimo e fa comprendere bene, come siano potuti scomparire nel nulla tonnellate di rifiuti che avrebbero dovuti essere stati smaltiti in discariche autorizzate, che in realtà non si riempivano mai perché i dati erano inventati”.

C’è una cosa che vorrebbe dire oggi al suo ex capo Roberto Mancini?

“Il Sost. Comm. Roberto Mancini, si è spinto fino all’estremo sacrificio. Ha donato la propria vita nel tentativo di cambiare il percorso di questa tragedia infinita. Quanti anni sono trascorsi dalla nostra indagine: profluvi di parole e tempo prezioso perso che non sono servite di certo a cambiare le cose se non in peggio.

La domanda che si poneva Mancini e che faccio mia è la seguente: “Quante vite potevamo salvare” se avessero preso in considerazione la nostra indagine. La posta in gioco era alta; una squadra di pochi uomini con alti e bassi ma comunque una squadra. Eravamo riusciti a scardinare una porta dove altri non avevano osato. Che cosa ci fosse aldilà di questa porta rimarrà un mistero. Riferirà all’Autorità Giudiziaria dell’esistenza di una “struttura superiore”.

La Criminalpol, fiore all’occhiello della Polizia di Stato, nel 1999 viene sciolta.

Roberto Mancini era solito passare a trovare qualcuno del suo ex ufficio, compreso me. La sosta davanti alla sua vecchia stanza era una tappa fissa. Li dentro era nata l’indagine che scoprì “la Terra dei Fuochi”.

Mi disse che io avrei dovuto portare avanti la memoria di questa tragedia nel caso gli fosse accaduto qualcosa. Era già malato e aveva fatto il trapianto di midollo. A questa richiesta mi misi a ridere e gli risposi: ma che me voi molla’ sta truffa proprio a me? Lui scoppiò a ridere come era solito fare alle mie battute. Il 30 aprile del 2014 Roberto Mancini muore.

Sono trascorsi 10 anni dalla sua scomparsa e nonostante i retroscena di questa storia, porto avanti quel fardello lasciato in eredità dal Commissario Mancini che pesa come un macigno. Non sono poche le avversità che ho affrontato e superato nel raccontare verità scomode come questa.

Mi chiede cosa voglio dire al mio ex capo? Caro Roberto, non avrò mai parole per ringraziarti perché soltanto a distanza di anni ho capito tante cose che non riuscivo né a capire né a vedere. Spero di essere degno di portare avanti il tuo nome e quello della nostra squadra che tanto aveva fatto per amore della verità”.

Un’ultima curiosità: ci può raccontare un’operazione alla quale ha partecipato e della quale è particolarmente orgoglioso?

“Nel 1994, nel bel mezzo dell’indagine sulla terra dei Fuochi, vengo incaricato a partecipare come “under cover” per una operazione molto delicata. Il mio nome fu segnalato da un mio superiore della Criminalpol che proveniva dall’antiterrorismo: si chiamava Luigi Fazio, era un Sovrintendente di Polizia. Più avanti svelerò la sua grandezza.

L’operazione denominata “Timer” consisteva nell’acquisto di un ingente quantitativo di esplosivo, plastico e detonatori da utilizzare in caso di necessità per conto della nostra fantomatica organizzazione. L’abilità nel superare la fiducia e credibilità nel contesto criminale, fase più difficile e delicata, fu opera del collega Fazio. Eravamo talmente calati nei personaggi che a volte, quando finivamo e rientravamo in ufficio per redigere gli atti, ripetevamo le battute fatte durante la trattativa con i malavitosi e scoppiavamo a ridere.

Finalmente arrivò il giorno dell’acquisto dell’esplosivo. Il mio compito era quello di ispezionare e caricare l’esplosivo nel nostro furgone. Oltre a questo dovevo scoprire dove fosse il restante per evitare che il suo utilizzo finisse nelle mani di altre organizzazioni criminali. Mi presentai all’appuntamento con un furgone delle poste, vestito da postino. La Polizia scientifica mi aveva tappezzato il corpo con dei cerotti per apporre un microfono al fine di monitorare e ascoltare tutte le fasi dell’operazione. Così facendo, qualora fosse andato qualcosa storto, i miei colleghi sarebbero intervenuti tempestivamente.

Lo stratagemma del furgone postale, come dissi ai possessori dell’esplosivo, era per eludere eventuali controlli da parte delle forze di Polizia. Ci dissero che era stata un’idea geniale, manifestando una certa ammirazione su di noi. Insomma, ci erano cascati con tutte le scarpe.

L’operazione si concluse con l’arresto dei malviventi e il recupero di tutto l’esplosivo fino al covo. Fu il più grande sequestro di materiale esplosivo fatto dalla Polizia di Stato: 600 kg. di T4, 20 kg. di plastico e 1500 detonatori di fabbricazione militare. Terminata l’operazione e l’adrenalina, Fazio  si complimentò con me per aver gestito bene ogni fase dell’operazione. Lo abbracciai forte ringraziandolo per la fiducia riposta.

Qualche anno più tardi, Fazio andò in pensione e si comprò un pezzo di terra distante dal caos delle grandi città. Quel piccolo fazzoletto di paradiso comprato con i sacrifici di una vita, nel giro di poco tempo si trasformerà in un vero e proprio inferno.

Nel terreno comprato da Fazio adiacente un piccolo bosco, spuntò improvvisamente un campo Rom autorizzato. La tanto sospirata quiete per aver raggiunto la pensione, cessò improvvisamente. Passò il resto degli anni che gli rimanevano ad annotare targhe, facendo foto e video di coloro i quali bruciavano carcasse di auto dopo averle cannibalizzate. Oltre a questo, si bruciavano anche rifiuti speciali; si disperdevano liquami di ogni genere direttamente nei terreni. Mi raccontava che l’odore era simile agli acidi e che scioglievano i rifiuti che entravano in contatto con queste sostanze.

Denunciò tutto ma di fatto non accadde nulla. Furono soltanto rimosse le carcasse delle auto che si erano accumulate in quello spazio che seppur limitato, nel corso degli anni, ne contò più di mille. Al telefono mi diceva che tutti i fumi e sostanze tossiche che si era respirato negli anni, puzzavano di morte.

Era talmente disperata la situazione che cercò di giocarsi l’ultima carta visto e considerato che le sue segnalazioni non erano valse a nulla o quasi.

Contattò la redazione delle Iene su Italia Uno. Fu inviata la iena Filippo Roma che realizzò un ottimo servizio documentando una parte di quanto accadeva. Fazio, era quell’omino con barba lunga e capelli bianchi, battezzato dalle Iene con lo pseudonimo di Luigi RAMBO.

Quel guerriero indomito che avete visto in quel filmato non c’è più, morì due anni dopo la messa in onda di quella puntata. Prima di lui morì la sua compagna. A entrambi fu diagnosticato un tumore.

Quando capì che la sua vita era giunta al termine, incaricò i figli di contattare i suoi colleghi più stretti della Criminalpol. Lo andai a trovare in ospedale, sapevo che dopo quel saluto non l’avrei più visto. Morì il giorno dopo. Magro, scarnito ma con una mente lucida fino all’ultimo respiro; mi fece una raccomandazione come un padre fa a un figlio prima di lasciare la vita terrena.

I funerali di questo grande uomo vennero celebrati nella chiesa del quartiere Parioli a Roma.  La sua straordinaria opera silenziosa non è stata dimenticata. Ai suoi funerali presenzierà il Capo della Polizia attuale Prefetto di Roma, il Dott. Lamberto Giannini. A Fazio sarà riservato anche il picchetto d’onore.

Voglio ringraziarla per avermi dato la possibilità di aver ricordato due uomini dello Stato che hanno servito questo Paese e non hanno mai smesso di lottare.

Ognuno di noi deve fare la sua parte, ora, non domani. In questo periodo storico, il risveglio collettivo delle coscienze deve essere la nostra priorità. Se non comprendiamo questo, la colpa sarà soltanto nostra. Noi siamo i responsabili delle nostre azioni e omissioni.

Il mondo sta cambiando e ci attendono grandi sfide. Non possiamo più girarci dall’altra parte e fare finta di niente. Se il futuro è nelle nostre mani, perché delegarlo agli altri?”.

Naturalmente siamo noi a ringraziarla.

 

 

A Napoli scene da film, ladro inseguito dai rider

Chi li ha visti sfrecciare, divincolandosi con le moto tra i vicoli stretti della città, ha pensato che stessero girando la scena di un film. Magari, visti gli abiti da lavoro di alcuni dei protagonisti un remake in versione napoletana del divertentissimo inseguimento de ‘La matassa’ di Ficarra e Picone. Invece, fuggitivo e inseguitori non stavano fingendo. Magari pensavano di interpretare in cuor loro la parte dei buoni o dei cattivi. Del resto che cosa avreste pensato vedendo un uomo in fuga con un’auto, poi dietro un signore, a cui quell’auto avevano rubato, sopra una moto scortato da un gruppo di sei o sette rider in tenuta da lavoro? Con l’epilogo dell’arrivo di una pattuglia dei Carabinieri? In sostanza, a distinguerla dalla scena di un film è stata solo l’assenza di telecamere e qualche contusione di troppo. Tutto è cominciato in piazza Garibaldi, proprio di fronte alla stazione Centrale di Napoli, con un 37enne napoletano ‘primo attore’. E’ stato lui a rubare un’auto in strada, a mettersi alla guida e a fuggire. Non prima di aver tentato di investirne il proprietario. A quel punto accade l’impensabile. Una piccola flotta di rider in scooter assiste alla scena e fa segno alla vittima di salire in sella. Parte l’inseguimento. Durante la corsa tra le strade affollate del centro, complice la capacità dei riders di destreggiarsi nei vicoli più stretti, il proprietario dell’auto appena rubata compone il 112 senza mai perdere di vista il fuggitivo che non si arrende e lungo il cammino sperona diverse auto. In via della Veterinaria la svolta: a causa della forte velocità investe un motociclista di 25 anni, sbalzandolo violentemente a terra. Lascia sull’asfalto il giovane e l’auto in strada con le portiere spalancate. Fugge a piedi disperatamente. I carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli lo individuano e lo bloccano ormai in affanno per la corsa. In manette, dovrà rispondere di rapina impropria, lesioni personali e omissione di soccorso. E’ in carcere, in attesa di raccontare al giudice le sue ultime ore in libertà. Il giovane centauro è stato ricoverato nella clinica Villa Betania in codice giallo, non in pericolo di vita. Per i rider la fine dell’inseguimento. Contenti il proprietario dell’auto e loro per la buona azione compiuta. Forse un po’ meno i clienti in attesa e che hanno dovuto mangiare pizze, crocchè e arancini ormai raffreddati.